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RESTI DELL'ETÀ MICENEA

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Un frammento di vaso, di forma non bene deter-
minabile a vernice lucente, ha invece un ornamento
di palmette, che difficilmente può essere anteriore al-
l'ultimo periodo miceneo.

I due vasi che meritano speciale menzione sono
quelli dati alle fig. 52 e 53.

II primo è un grande recipiente piriforme che ri-
produce con poche variazioni il tipo del vaso d' ala-
bastro sopra descritto alla fig. 48. È alto m. 0,28 con

Fig. 53. — Oenochoe.

un diametro alla base di m. 0,145 ed ha perduto il
labbro per frammentazione. La sua decorazione, a ver-
nice semilucente, è improntata agli stessi motivi ma-
rini di quella del bellissimo vaso scoperto a Zakro
dal signor Hogarth e dal medesimo pubblicato, poche
settimane or sono, nel Journal of Hellenic Sfudies,
XXII, p. 333 e sg., e PI. XII, fig. 1. Essa si com-
pone di grandi conchiglie di triton riprodotte con molto
naturalismo, che emergono qua e là dagli squarci di
una fitta rete di alghe alquanto stilizzate, da cui è
coperto tutto il corpo del vaso. La superficie dipinta
è però molto deperita, specie nella parte inferiore.

L'altro è una brocca o oenochoe con decorazioni
più semplici, e in parte di carattere geometrico, come

i rombi a lati sdoppiati con crocetta in mezzo. Le
figure schematiche della fascia inferiore arieggiano un
po' la forma del pesce e ricordano motivi marini. Anche
questo ha vernice semilucente. Le sue dimensioni sono
di m. 0,185 per l'altezza e di m. 0,13 pel diametro
maggiore.

§ 11. — / bronzi.

Il bronzo è l'unico metallo finora rappresentato
nei trovamenti di Haghia Triada.

Alla fig. 54 diamo i principali pezzi raccolti nei
vari pozzi di saggio. Come si vede, sono tutti uten-
sili di uso comune, ad eccezione forse di una delle
due ascie a doppio taglio, quella che occupa il pe-
nultimo posto in basso. Questa ha, lungo i margini
longitudinali, un solco con filettatura sporgente, che
fa credere fermasse un riempimento di smalto o un
rivestimento di metallo più nobile, e forse apparte-
neva, come oggetto votivo o simbolo di culto, ad uno
dei due sacelli. L'altra è massiccia, ed ha una lun-
ghezza di m. 0,173. Segue una lama di pugnale di
forma comune, larga alla base m. 0,05 e lunga m. 0,21,
con tre borchie ribadite, che la fissavano all' impu-
gnatura. Sopra di questa abbiamo due scalpelli, l'uno
lungo rn. 0,225 a due penne, un tipo che ha qualche
somiglianza con scalpelli egizi e con quelli dei de-
positi preistorici delle Cicladi, i quali tutti però hanno
un sol taglio; l'altro lungo m. 0,24 a corpo cilin-
drico e colle punte frammentarie e smussate. Dello
strumento molto ossidato e con orecchietta perforata,
che sta a capo della vignetta, non mi riesce di deter-
minare l'uso: potrebbe forse essere un raschiatoio.

Si è già parlato del grande staranos o hydria
trovato nel quartiere dei magazzini. Nello scavare la
trincea del megaron si rinvennero invece, a poca pro-
fondità, due grandi lame di sega. L'una è intiera e
dentata, con tre buchi ad un'estremità e due all'altra,
per essere fissata, mediante borchie, alle immanica-
ture di legno. Lunga m. 1,45 e larga m. 0,11, con
3 mm. di spessore, doveva essere destinata al taglio
delle travi e dei grandi tronchi di cipresso, coi quali
si facevano anche le colonne di questi editici. L'altra
è frammentaria alla lunghezza di m. 0,50, e nell'estre-
mità conservata ha due buchi per l'immanicatura.
Questa ha la lama larga m. 0,13 e grossa 2 mm., e
 
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