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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 13.1903

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Pellegrini, Giuseppe: Tombe greche arcaiche: e tomba greco-sannitica a tholos della necropoli di Cuma
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https://doi.org/10.11588/diglit.9310#0112
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207

TOMBE GRECHE ARCAICHE ECC.

208

nell' interesse della scienza. Si deve appunto, come
vedremo, a questa clausola se furono possibili le prin-
cipali scoperte di cui tratta la presente Memoria.

Non è qui il caso per me di descrivere per esteso
gli scavi fatti dal Maglione ; scavi, che dettero luogo
a numerose contestazioni elevate contro di lui dal
Museo di Napoli e per talune delle quali pende tut-
tora giudizio penale. Il mio ufficio si limita ad esporre
le scoperte fatte nei mesi di marzo e aprile 1902,
durante il tempo cioè in cui, trasferito a Napoli con
le funzioni di vice direttore per la parte scientifica
del Museo Nazionale, ebbi l'incarico di attendere agli
scavi di Cuma. La sorveglianza continua dei lavori e
la cura di redigere il giornale di scavo fu affidata
al sovrastante big. Guido Scifoni che se ne disimpe-
gnò con la sua solita abilità, diligenza ed oculatezza,
per cui ne ricordo qui il nome a titolo di lode.

È noto a tutti come la necropoli di Clima, di
fronte a una piccola quantità di tombe arcaiche, offra
un numero assai grande di tombe relativamente re-
centi, dei periodi greco-sannitico e romano. È pure
noto (') come la massima parte delle tombe arcaiche
si rinvengano di solito nei terreni più lontani dalla
città verso la sponda meridionale del lago di Licola
e più specialmente ancora ad oriente del medesimo
(fondi Maiorana, Persico, Micillo, ecc.), mentre si tro-
vano solo sporadicamente nella porzione di necropoli
più vicina alla città (2). Questi fatti, occorre appena

(i) Cfr. p. es. Notizie 1896, p. 203.

(*) Questa circostanza non ha in fondo nulla che possa me-
ravigliare. Essa trova la sua facile spiegazione nell'opera delle
popolazioni che abitarono più tardi Cuma, le quali, occupando
per primo, com'era naturale, lo spazio prossimo alla città e
collocando i loro morti ad una profondità uguale e spesso
anche maggiore di quella raggiunta dalle genti più antiche,
furono causa che le tombe di quest'ultime andassero rovinate
e disperse. Anzi, per molte ragioni che non è qui il caso di
esporre, io mi sono formato la convinzione che, non una volta
soltanto, ma per ben due volte, la necropoli cumana, special-
mente nella parte più vicina alla città, sia stata manomessa e
distrutta: la prima, per opera degli stessi Greci delle epoche
più vicine alla conquista sannitica (caso analogo p. e. a My-
rina: Pottier-Reinach, Nécr. de M. p. 109), la seconda per opera
delle genti italiche che dalla fine del sec. V in poi si succe-
dettero nel possesso di Cuma. Se io non erro, si spiegherebbe
così perchè non siasi trovato a Cuma, se non in casi isolati,
l'anello di congiunzione, tanto cercato dallo Stevens (cfr. p. es.
Notizie 1896, p. 203), fra le tombe greche del periodo arcaico
e quelle greco-sannitiche.

Del resto i casi sporadici a cui ho accennato di sopra e ai
quali dobbiamo ora aggiungere le scoperte fatte in quest' anno

di dirlo, si ebbero a riscontrare anche quest'anno negli
scavi Maglione, dove, di fronte ad un numero rile-

nel fondo Artiaco, bastano per dimostrare come, in origine, la
necropoli cumana occupasse tutta quanta l'estensione com-
presa fra le mura della città ed una linea che si tiri un po'
oltre la sponda settentrionale dell' attuale lago di Licola.
Non solo, ma io posso aggiungere come, per un caso analogo
a quello riscontrato dall'Orsi a Siracusa circa la costruzione
delle mura dionisiane (Notizie 1895, p. 109), anche a Cuma
una parte della necropoli arcaicissima rimase inclusa dentro
la cerchia delle mura innalzate nel secolo VI da Aristodemo
Malaco.

A questo strato della necropoli appartengono altresì tre tombe
del periodo preellenico, scoperte dallo Stevens nel fondo di un
tal (ìennariello « dentro le mura della città ». Altre tombe
congeneri furono rinvenute dallo stesso sig. Stevens fuori delle
mura, nel fondo Correale (parco Cimitero). La suppellettile, con-
sistente in ceramiche grossolane d'argilla impura ed in vari
oggetti di bronzo, fu solo in parte pubblicata dal Patroni nel
Bull, di Paletti, ital., 1899, pp. 183 segg. Agli oggetti metal-
lici, editi dal medesimo, io posso aggiungere: un rasoio a lama
rettangolare di bronzo ; una corta spada o pugnale, parte di
bronzo e parte di ferro, con impugnatura a doppio disco, ana-
loga a un esemplare vetuloniese raccolto in una tomba a pozzo
(Museo di Firenze: Ia sala di Vetulonia, sopra la tomba con
lo scudo gallico) ; due grandi ascie di bronzo ad innesto tubo-
lare ; una conocchia o fuso di bronzo, identico a quelli comu-
nissimi nelle tombe bolognesi del gruppo Benacci e strati affini ;
una falera a cerchielli concentrici di bronzo, ambra e vetro:
anche questi, oggetti frequentissimi a rinvenirsi nell'Italia cen-
trale in tombe villanoviane a pozzo e in quelle a fossa più
antiche. Alcune aUre tombe dello stesso tipo, acquistate po-
steriormente alla collezione Stevens, si trovano ora nello stesso
Museo di Napoli, ed un terzo gruppo tuttora inedito è a Roma
nel Museo Preistorico.

Il Patroni, 1. e, ha preso in esame la qualità delle stovi-
glie da lui giustamente attribuite ad una popolazione indigena
che abitò Cuma prima della venuta dei Greci ; e bene ed a
lungo discorse di esse e dei bronzi che vi si raccolsero insieme.
Io però non posso convenire con lui circa l'epoca da asse-
gnarsi alle tombe in cui tali oggetti si raccolsero e che egli
vorrebbe portare " ben innanzi al sec. X a. C. » (cfr. Napoli di
oggi, 1900, p. 6). Per me le tombe in panda rappresentano lo
stadio immediatamente precedente, se non per certi punti conco-
mitante, con la colonizzazione greca di Cuma che per nessuna
ragione ormai può farsi risalire, in cifra larga, più su della metà
del secolo Vili a. C. (v. sotto p. 284). La forma dei sepolcri (par-
ticolarità questa non ricercata dal Patroni) « a cassa di legno
assicurata con chiodi di ferro » « circondata da un muretto di
pietre informi non collegate da cemento » e sormontata da
u un tumulo di pietre pomici » (appunti Stevens) è in fondo
quella stessa che offrono a Cuma le più antiche tombe greche
con vasellame dipinto hysterogeometrico e protocorinzio, e quella
stessa adottata dagli abitanti di Suessula nel periodo più an-
tico della loro storia (dal 720 in poi: Von Duhn, Ròm. Mitth.
1887, p. 247 sg.). Oltre a ciò certe forme di vasi, per quanto
d'impasto sempre rozzo e grossolano (cfr. p. e. Patroni, o. e),
rivelano senza alcun dubbio prototipi greci e trovano il loro
preciso riscontro nei cosi detti buccheri italici delle tombe
etrusche a fossa più antiche ed in alcuni pozzetti villanoviani:
due geneii di sepoltura che in molte parti d'Italia (cfr. p. e.
Vetulonia) sono, in parte almeno, contemporanei. Anche taluni
 
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