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57 VASI GRECI

tranquillo
sonno.

li' intervento e l'opera di Athena, la remissiva at-
titudine di Teseo, il dolce conforto di Afrodite, la pa-
cifica epifania di Dioniso sono — come ognun vede -

DELLA SICILIA

58

Venienti

hanno
Ma
1 filolc

comuni a Ferecide e al pittore: tutti e due

seguito la medesima tradizione,
è proprio Ferecide la fonte dello scoliaste?

l0gi sanno quante volte sia incerta e fallace la
aternità degli scoli omerici, anche quando non
f *DC^' 6<^ ^ ^ caso nostro' una dichiarazione in per-
a regola. Il lamento di Arianna, il ricordo dei-

aurea

corona trasformata in costellazione sono mo-

^lyi tardi, d'arte alessandrina; ed io sono convinto che
scoliaste si avvalse di uno dei soliti epitomatoli,
e ebbe per fonte, forse anch'egli indirettamente,
erecide, e che aggiunse, come al solito, la parte sua
aiia piu an{,jca e ganujna narrazione. Chi ricordi il
°10^0 ^i lavorare seguito dai Bizantini, non vorrà sor-
prendersi di ciò.

■Dunque il nucleo della leggenda, nelle sue parti
essenziali,
che

può essere di Ferecide; e che possa essere
Sla, anzi, indiscutibilmente del V secolo, viene ora

dimostrarlo il nostro vaso, il quale appartiene allo
so tempo in cui scriveva il logografo, se, come
i aie, deve darsi ragione ad Eusebio, che pone il fio-
Ule di Ferecide nell'Olimpiade LXXXI, 3 (= 454-3
av- Or.).

•Ma se non ho prestato fede al Wagner, nel rite-
^6re cne Apollodoro e Diodoro abbiano proprio l'iden-
°a ftmto, tanto meno posso esser d'accordo con lui,
j C1'edere che questa fonte sia Ferecide ; e che quindi
a ^adizione raccolta dallo scoliaste non sia sostan-
^almente diversa da quella seguita da Apollodoro e
0ro- Dando sempre il giusto peso al metodo te-
muto dai tardi autografi, stimo che le tradizioni siano
eise: che nè Diodoro, nè Apollodoro, nè lo scoliaste
servirono direttamente di Ferecide, non solo, ma
errirneno del medesimo o di simili compendi ; e ritengo

del

Con la valida testimonianza del vaso di Berlino e
nostro — che due, almeno, di queste tradizioni

lano anteriori ai logografi e genealogisti (').

(') Di vina terza tradizione accolta da Servio (Ad Verg.
°ur9- I, 222), secondo la quale Teseo avrebbe abbandonato
*nna inonitu Mercuri, è appena il caso di far qui un cenno.

Ho detto che il ricordo dell'aurea corona trasfor-
mata in costellazione, non può esser riferito alla più
antica fonte citata dallo scoliaste, ma alla sua fonte
intermedia o a lui stesso: infatti la costellazione già
chiamata corona fin da tempi antichissimi non è
identificata con la corona di Arianna che da Arato,
Phaen. v. 71 sg. (').

Ma la corona di cui, nel nostro vaso, Bros, librato
nello spazio, si appresta a cingere il capo di Arianna
può darci qualche elemento utile per questo mito?
Nego che sia proprio l'aurea corona regalata ad Arianna
da Dioniso, benché questa sia la tradizione accolta
dallo scoliaste; e se pure essa non è uno dei soliti
attributi comuni, specialmente nell'arte dei ceramo-
grafi, agli Eroti e alle Nikai, se non è una delle
tante corone di cui il pittore del nostro vaso faceva
uso ed abuso, è più facile credere che essa risponda
alla tradizione conservataci in Eratostene, secondo la
quale Arianna ebbe in dono la corona dalle Ore e da
Afrodite, quando avvennero le sue nozze con Dio-
niso nell'isola Dia (2).

Essa rimane isolata, e non è confermata da alcun monumento
figurato. L'opinione del Kekule {Ann. deWInst-, 1880. p. 150 sgg.),
che volle vedere nella bella tazza di Corneto {Monum deWInst.,
XI, tav. 20) Teseo che abbandona Arianna, esortato da Hermes,
non può affatto esser seguita, dopo la giusta interpretazione che
di questa rappresentanza figurata diede lo Heydemann (Annali
deWInst-, 1885, p. 154 sg.). Peleo, cioè, tenendo in mano i suoi
sandali, si avvicina a Thetis addormentata, per incatenarla:
antica versione del mito, seguita da Ovidio, Metam., XI, 221-205.
Duole vedere che il Pallat, nella sua citata dissertazione De
fabula ariadnaea (Berlino, 1891), si fondi ancora, per confer-
mare la tradizione di Servio, su questo vaso ; il quale sarebbe
stato documento importantissimo, perchè ancora di stile severo.
(Hartwig, Meisterschalen, p. 390, lo ricollega a Brygos). Non
è nemmeno il caso di tener conto, per la nostra ricerca, del
vaso, assai probabilmente di fabbrica etrusca, e, ad ogni modo,
assai tardo, che rappresenta Arianna dormente in mezzo al tiaso.
Monum. deWInst., X, tav. 51, ed Annali, 1878, p. 80 sgg.
(Furtwangler).

(') Cfr. Robert, Eratosthen. Gatast. rei., p. 245. Per le
fonti di questa favola della corona-costellazione, vedi Pallat,
o. e, p. 62 sgg.

(!) Il luogo si legge nell'epitome dei Catastcrismi, ad voc.
at étpavog (cfr. Robert, p. 31 sgg.): ofroj Xéyerai ó tfjs 'Aqkì-
óvrjg. ... ù> 7iQ(!)[w tj vifupt] è<siE<p((vw<suTO nciyà Sìqùìv Xa^oVnn
xcà Hqigo&irtjg, 'óre xovg yàftov; ol 9eol èv ti) xahivfiévr) Jig
ènoirjaav. È interessante vedere come in tutto il mito di Teseo,
dalla sua discesa nel profondo Oceano, la corona abbia sempre
una parte precipua. Ma qui non è il caso di pensare nè alla
corona donata da Anfitiitc a Teseo (cratere di Bologna), nè
all'altra datagli da Arianna, ecc. Cfr. Robert, in Hermes XXXIII,
p. 132.
 
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