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NORA. COLONIA FENICIA IN SARDEGNA

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vogare di capo in capo, e la sera si tirava la barca
in secco. Tiro, Byblos, Botrys, Triera, Acri, Jaffa, Si-
done si presentano tutte al navigatore come promon-
tori ('). I Fenici che per i primi si spinsero ad occi-
dente portarono con sè, com'era naturale, le abitudini
che avevano nella madre patria. E furono appunto gli
scogli visibili tìn da Cagliari nel lontano orizzonte e
ben riconoscibili dall'alto mare, fu appunto il promon-
torio del Goltellazzo con la sua forma tanto caratte-
ristica, ciò che dovette invitare i Fenici che primi na-
vigarono intorno alle coste sarde, a ritrovarsi in quel
posto, a stabilirvi una fattoria che poi divenne e che
doveva restare per lungo tempo la più importante città
della Sardegna.

§ 2. F/accesso c la difesa. — Via ed ingresso in città
dalla parte di terra. — Acquedotto. — Porti
e banchine. — Torre e suoi rapporti con costru-
zioni analoghe di epoca posteriore.

Una città situata come Nora, che dalla parte di
terra era accessibile soltanto traversando un istmo non
largo, più basso della roccia che esso incontra nel-
l'allargarsi in penisola, e tutto esposto perciò alla
vista ed all'offesa di chi dominava su quel piano on-
dulato, non doveva certamente preoccuparsi molto di
assicurare ai suoi cittadini il possesso e la difesa di
quell'unica via d'accesso. A chi era padrone del maro
e teneva sempre in porto un certo numero di vere navi,
non paragonabili alle imbarcazioni degl' indigeni pri-
mitivi, — i quali avranno posseduto una specie di pi-
roghe e devono essere stati distolti dal mare per l'ar-
rivo di popoli assai progrediti nella navigazione —
bastava un semplice sbarramento dell'istmo per aver
nelle mani la chiave della via terrestre. Le condizioni
topografiche di Nora erano anzi tali, come abbiamo
cercato dimostrare adoperando nel descriverle maggior
cura che a siffatti dati non si sia forse soliti dedi-
care, da rendere inutile una fortificazione vera e pro-
pria, una cinta di mura; e noi vedremo che altri
provvedimenti furono presi, e che le costruzioni ap-
partenenti propriamente all'architettura militare do-

vevano limitarsi a qualche torre di vedetta e di difesa
eretta sulla parte più alta del promontorio del Coltel-
lazzo, ove poteva ad un tempo compiere l'ufficio di faro.

D'altra parte le condizioni del suolo, e nell'istmo,
che è di natura sabbiosa, e nella pianura di Pula, in
cui quello va a sboccare, non dovevano rendere ne-
cessaria, nei primi tempi almeno della colonia feni-
cia, la costruzione di una vera e propria strada di
accesso alla città e di comunicazione da questa agli
abitati indigeni od ai più vicini casali che senza dub-
bio, rassodatesi le relazioni amichevoli e venuti i Fe-
nici in possesso della fertile campagna che giace
oltre l'istmo di S. Efisio, ivi dovettero sorgere e re-
stare in stretti rapporti con la città principale. I po-
poli orientali non ebbero i grandi concetti coloniali
di Roma, che facevano della costruzione di magnifi-
che strade rotabili uno dei punti capitali del program-
ma di ogni sua ulteriore annessione di territorio allo
stato. I Fenici poi specialmente, dediti al mare ed
al guadagno commerciale, dovevano occupare superfi-
cialmente, frettolosamente, i punti della costa ove ad
essi conveniva avere una stazione. Carri tirati da bovi,
quali sono ancora oggi comuni in Sardegna, vanno
benissimo, su un piano o quasi perfetto o a lievi on-
dulazioni, come l'istmo di S. Efisio e il territorio di
Pula, anche dove non è alcuna traccia di strada; e
tali sono le abitudini in quei paesi ove la vita si man-
tiene primitiva e vi perdurano talune condizioni esterne
dell'antichità classica: non altrimenti anche oggi, in
Calabria, vanno gli stessi ricchi e nobili abitanti di
Cotrone alle loro villeggiature del Capo Colonne, ove
sorse un tempo il santuario di Hera Lacinia.

Nella mia prima campagna di scavi (maggio-
giugno 1901) fu nondimeno scoperto un tratto di una
strada il cui tracciato se non ai primi tempi della
colonia norense potrebbe pertanto ancora assegnarsi
all'epoca preromana, cioè a quella della dominazioni
cartaginese nell'isola. Essa passava accanto alla ne-
cropoli romana di età imperiale (II-III secolo d. C)>
sulla quale già riferii, a sinistra di chi viene da
S. Elìsio, e si dirigeva all'antico abitato con sensibile
divergenza, nel tratto scoperto, dalla attuale spiaggia
sinistra dell'istmo ('). Era ad una profondità di m. 0,50

(') Renan, Mission da Phénìcie, p. 362.

(') Not. d. scavi, agosto 1901, p. 376; cfr. la nostra
pianta, tav. I, presso la leggenda «Scavi del 1901».
 
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