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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 14.1904 (1905)

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Paribeni, Roberto: Ricerche nel sepolcreto di Haghia Triada presso Phaestos
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https://doi.org/10.11588/diglit.9311#0380
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RICERCHE NEL SEPOLCRETO DI HAGHIA TRIADA

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ma ritengo,' che finora non ci sia sempre possibile
distinguere le figure che rappresentano divinità da
quelle che raffigurano adorataci o praeficae..

Recentemente il Collignon (') proponeva di accet-
tare le idee del Wide per le statuine di Prinià, che
questi pubblica, e per quelle del sacello di Knossos,
ma di ritenere come pleureuses la figurina pubblicata
dal Mariani (2), la così detta baiadera di Berlino (3),
quelle figurine insomma, che hanno una mano al seno
o al ventre e una sugli occhi, e che appaiono rive-
stite del pomposo abito miceneo. La distinzione del
Collignon può però ingenerare confusioni. Se la baia-
dera di Berlino e la statuina Mariani sono delle
praeficae, perchè hanno una mano agli occhi e una
al ventre, anche la nostra statuina di fìg. 37, che è
in questa posizione, e in cui le linee oblique dipinte
in rosso possono rappresentare il vestito pomposo (4)
è una praejlca. E allora io non so vedere, data spe-
cialmente, come il Collignon stesso ammette, l'impor-
tanza alquanto secondaria, che occorre dare al gesto
nell' arte primitiva, perchè la statuina di fìg. 38 che
è tanto simile all' altra, debba invece di una mortale
rappresentare una divinità

Insomma io non credo, che possiamo finora con
sicurezza identificare e battezzare queste figurine,
tanto più che ritengo, che alcune di esse possano non

da molti accettata, e sostenuta anche dal Karo (ibid., p. 155)
che il culto miceneo era aniconico, ma che la divinità era
concepita e rappresentai a sullo forma umana, quando non si
trattava di immagini affidali del culto. Non so persuadermi,
che un popolo primitivo possedesse una casistica teologica così
sviluppata. Inoltre se ai luoghi, dove tali statuine si sono ri-
trovate, si è dato il nome di sacelli, perchè poi negar loro il
valore di immagini di culto, pur riconoscendole per rappresen-
tazioni della divinità? Non sarà forse da credere, che al culto
aniconico antichissimo si è venuta sovrapponendo una conce-
zione antropomorfa della divinità, e che magari le due conce-
zioni religiose abbiano coesistito ?

(') In I?ev. des études grecques, 1903, p. 30G e Atti del
Congresso int. di se. storiche in Roma, voi. V, p. 375 seg.

(2) In Mon. Lincei, VI, p. 170.

(3) Perrot-Chipiez, Ilist. de VArl, VI, p. 754.

(4) Nelle due figurine citate dal Collignon, che sono di
bronzo, è naturalmente espressa in modo diverso, e assai più
chiaro la ricchezza del vestito. Nel palazzo di Haghia Triada
ne rinvenimmo una terza affatto simile pure in bronzo, la quale
però, trovata in una sala, difficilmente potrà essere una praefica.

(5) La condizione di praeficae è chiara invece nelle sta-
tuine beotiche pure campanate con le mani sul capo, special-
mente per la stretta somiglianza con le figurine di donne che
circondano il letto del defunto nei vasi del Dipylon (Collignon,
loc. cit, p. 301).

essere nè Dee nè praeficae, ma adorataci. L'arte mi-
cenea come rappresentò adoratori e adorataci su gemme
e sigilli ('), così può averli foggiati in terracotta. Ora
nelle scene certamente riconosciute per scene di ado-
razione e di culto, questi mortali adoratori hanno per
solito o le braccia sollevate, o la mano agli occhi,
quasi la luce vivissima che emana dalla Divinità, li
abbagliasse. E questi gesti si ripetono nelle statuine;
e certo quello di tenere le braccia in alto, di tenderle
dunque a qualche cosa più alto di sè, mi sembra di
tutti il meno proprio per significare la potenza di-
vina (2). Nè sarà inopportuno ricordare, quale ricca
serie di figure di adorataci ci abbia lasciata l'arte
ellenica antichissima (;t).

5. Un vaso alto e stretto con piede, di argilla
impura, ventre sensibilmente conico, collo cilindrico
con largo labbro circolare, simile ad uno di Phaestos
pubblicato dal Pernier (4). I manichi che uscivano
verticalmente dalle spalle mancano, e danneggiato è
anche il piede, su cui si ha una decorazione a linee
verticali rosse.

G. Alcuni frammenti dell'orlo e delle parti più
alte di un vaso un altro esemplare del quale si rin-
venne quasi intero nello strato sicuramente appar-
tenente al palazzo più antico di H. Triada, cioè nelle

(>) P. es. su un sigillo di Knossos in Brit. Sch. Annual,
VII, p. 29; in un anello d'oro della stessa provenienza, Journ.
lidi. St., 1901, p. 170; nel grande sigillo di Micene (Evans,
Tree and Pillar Cult, p. 10, fìg. 4; cfr. Milani in Studi e ma-
teriali, II, p. 3 in anelli di Phaestos pubblicati qui dal Sa-
vignoni cfr. p. 577.

(2) Per la figurina di Prinià a braccia sollevate giudicata
dal Wide una divinità, i serpenti arrotolati intorno alle braccia
possono star li a significare l'idea della forza e della potenza
straordinaria, e affidarci pertanto, che si tratti veramente di
una divinità. E noto, come la potenza sulle bestie più indomite
è uno dei segni coi quali si rivela più comunemente la divi-
nità nell' arte dell' antichissimo Oriente, cfr. Perrot-Chipiez,
Ilist. de l'Art, II, p. 771, fìg. 443 e le osservazioni dello
Studniczka, Kyrene, p. 153 seg. Del resto anche questo cri-
terio non sembra da tutti accettato. L'Evans nel suo ultimo
rapporto sul palazzo di Knossos (Brit. Sch. Annual, IX, p. 78)
ritiene an attendant e non una Dea la figurina di porcellana
con due serpenti nelle mani, ed è seguito dal Reinach (La
Crete avant Vhistoire in Anthropologie 1904, p. 274). Posso
pertanto ben ritenere, che quando manchino altri segni, il
tener le mani in alto susciti sempre l'idea di implorare.

(3) Ricordo solo le numerose figure femminili scoperte sul-
l'acropoli d'Atene nei memorabili scavi del 1886, cfr. Colli-
gnon, Ilist. de la sculpture grecane, I, p. 340.

(<) Mon. Lincei, XII, p. 107, fìg. 39.
 
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