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949

CAMARINA

950

Di bronzo : due specchi (83,352) ; un piattello (85);
sei stogili (121, 350, 352, 497, 500, 524); 26 agili
a cruna in tombe di donne e di bambini; due anelli
(295, 407) ; una ghiera (245) ; una guarnitura di secchio
in legno; frammenti di vasi (171); bocchini di ary-
balloi.

Il vavXov che manca affatto nelle tombe arcaiche,
non apparisce che dal sec. IV in poi (Rohde, Psyche.
p. 281), sebbene se ne faccia già menzione in Ari-
stofane (Rane, 139, 270); tale è il risultato delle
osservazioni da me fatte sui sepolcri di Siracusa {No-
tizie 1897, p. 477) e confermate in massima qui a
Camarina, dove tre soli sepolcri diedero monete in
bronzo: il 183 con dei trienti agrigentini del 415-
406; il 250 con due pozzi della fine V sec. e 1/1 IV;
ed il 506 con una moneta di Agatocle (307-289).

Di piombo ora lo scatolino sep. 480 forse per po-
mate, e le laminette scritte devoti ve, di cui ci occu-
piamo in altra parte.

Di ferro un anello (295) ed una strigile (503).

Nè gran fatto si accresce la suppellettile metal-
lica coi pochi pezzi sporadici enumerati a pag. 921.

IV. L' importazione attica in SlCILIA ED A Ca-

marina. — Non iscrizioni funebri o monumentali, non
opere d'arte ragguardevoli, non ruderi di grandi edi-
fici ci hanno restituito gli scavi camarinesi del 1899
e del 1903; ma un numero non piccolo di sepolcri,
poveri per la maggior parte, taluni però con vasi
notevoli per dimensioni e per figurazioni. Non quindi
nuovo rivelazioni storiche ; ma quali che sieno i risul-
tati nel campo del costume funebre, dell' industria e
della ceramica, io mi sono adoperato di riassumerli
nelle pagine precedenti. Qui, a chiusura dell' opera,
mi sia lecito svolgere alcune considerazioni riflettenti
la storia delle relazioni commerciali fra Camarina e
la Sicilia in genere con Atene e l'Attica.

Or sono quindici anni l'Helbig sostenne la tesi,
che nel VI e V sec. l'Attica non avesse diretti com-
merci con 1'Btruria, dove i vasi sarebbero pervenuti,
diremo così, di seconda mano, per il tramite della
Sicilia e di Siracusa specialmente, nei cui depositi essi
sarebbero rimasti qualche tempo giacenti ('). Della

esattezza di questa teoria parmi sia lecito muovere
qualche dubbio, ove si paragoni la massa ingente di
vasi attici ridonati dall' Etruria, col numero scarso
di quelli derivati dalla Sicilia, scarsissimo poi per
Siracusa. Vero è che una considerazione analoga do-
vrebbe farsi per la Grecia, povera essa pure, al pa-
ragone della Etruria, di vasi della migliore epoca.
Ma se la grande corrente di esportazione avesse fatto
sosta e scarico in Sicilia, e particolarmente in Sira-
cusa, qui sopratutto avremmo dovuto trovare gran
copia di vasellame attico o per lo meno enormi sca-
richi di merce avariata nel viaggio. Siracusa invece
è di una impressionante povertà di ceramica attica
nera e sopratutto rossa. So bene che va tenuto il
debito divario fra il fasto lussurioso degli Etruschi
(analogo a quello dei principi sciti dell' Eusino e del
Cimmerio nel IV sec.) e la sobrietà dei Greci nel
decorare i loro sepolcri, ma è certo d'altro canto che
gran parte del bel vasellame figurato non al solo uso
funebre ma anzi tutto a quello della mensa veniva
adibito (').

Discorrere dei molteplici e svariati rapporti fra la
Sicilia, la Grecia e l'Attica non è mio compito; fu-
rono rapporti politici, commerciali, a seconda dei
tempi e delle città, rapporti attestati dalle fonti sto-
riche ed epigrafiche (2), e documentati dalle frequenti
scoperte di monete ateniesi e sopratutto dai vasi.

A datare dalla metà del VI sec, ma più propria-
mente dalla fine di esso per tutto il V, una vera cor-
rente, sempre più ingrossata, ha scaricato sulle coste
orientali, e sovratutto meridionali dell' isola una
massa di vasi dipinti, usciti dalle officine dell'Attica;
un po' dappertutto trovansi quelli dello stile nero,

(') Sopra le relazioni commerciali degli Ateniesi in Italia
in Rendiconti R. Accademia dei Lincei, 1889, p. 79.

(') In un recentissimo articolo il Pottier {Le commerce
des vases peints atliques au VI siècle nella Rev. ArchéoL, 1904,
pp. 45-51) tende a dimostrare: a) Che furono gli Etruschi stessi
ed i Sicelioti che si recavano al Pireo a caricare la merce at-
tica, b) Che i vasi venivano esportati dall'Attica non tanto per
rispetto al loro pregio artistico, quanto come recipienti di aromi,
olio, vino ecc. La prima tesi parmi del tutto accettabile, ma non
cosi la seconda, essendo per lo meno problematico, che vasi
come i crateri e le kylikes viaggiassero colmi di vino.

(2) Per queste ultime cito, come fonti men note, i testi
epigrafici anteriori alla guerra del Peloponneso, comprovanti
relazioni fra Atene e la Sicilia raccolti dal Lolling nel JeXrtoy
a. 1901, p. 109, raccolta che non mi fu possibile di consultare.
E poi il decreto di proxenia di Alceta, figlio di Leptine sira-
cusano, e quello di un altro siracusano anonimo, editi in Bull.
Corr. L'eli., 1896, op. 551 e 555.
 
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