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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 17.1906

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Orsi, Paolo: Gela: scave del 1900-1905
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https://doi.org/10.11588/diglit.12731#0127
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gela

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funerale e della chiusura, e quelli deposti sopra di
esso nelle ricorrenze periodiche.

Erano oggetti cari al morto e talvolta da lui por-
tati in vita, vasi da contenere cibi, bevande, olì pro-
fumati per il lungo viaggio agli Elisi, oggettini che
dovevano allietare il tristo soggiorno sotterraneo, e
preservarlo dagli spiriti malefìci. Un complesso di
cose le più svariate che si connettono alla religione
dei defunti ed al culto funebre, sul quale è inutile
che io richiami l'amplissima letteratura ('). L'archeo-
logo, a diversità dell'antiquario, studia di preferenza
tutto questo materiale nei rispetti dell'arte, dell'in-
dustria, del costume e della cronologia,

A) Vasi. — Per poco si direbbe che non altra forma
di oggetto funebre conoscessero i Gelesi all'infuori
dei vasi che, non esagero, a migliaia essi profusero
dentro e d'attorno ai sepolcri. E, come vedemmo,
molti dei sepolcri stessi non altro erano se non grandi
recipienti grezzi, più di rado decorati: di questi ho
cercato in precedenza di stabilire le peculiarità for-
giali e stilistiche e di stabilire la sfera d' influenza
artistica ed industriale da cui emanano. Perocché è
naturale che i Rodio-Cretesi, venendo dalle loro isole,
non solo abbian seco recato molto materiale ceramico
delle patrie sedi, ma per lungo tempo abbiano da
esse continuato a ritirare nuovo materiale, ed a lungo
sieno rimasti attaccati alla tradizione industriale della
loro vecchia ceramica, adoperandosi a trapiantarla ed
imitarla nella nuova sede. Vale a dire, che i sepolcri
golosi del sec. VII dovrebbero darci soltanto ceramica
rodia e cretese originale o d'imitazione, oppure cera-
mica proveniente da quelle regioni industriali più
progredite che su Rodi e Creta scaricavano i loro arti-
coli. Ma ecco che una non lieve difficoltà ci si para
avanti. Negli ultimi tre lustri Creta ha stupefatto
il mondo scientifico coi suoi palazzi e colle sue ne-
cropoli micenee ; ma ben poco, troppo poco, conosciamo
di quelle dei secoli Vili e VII, e poco altresì di
Rodi. Una gran luce viene invece dalle minuziose
indagini del Dragendorff e dello Pfuhl su Thera, i
quali autori io devo citare ad ogni pie' sospinto. E
sulle coste asiatiche si vengono, per ora vagamente,
delineando dei centri di fabbriche ceramiche, che sem-

(') Noto solo un recente articolo dello Schwab in Revue
Etud. anciens, VI (1904), p. 99 e segg.

brano destinati a cancellare molte delle vecchie de-
nominazioni anteriori ed estranee all' industria attica.
Così le fabbriche di Samos, di Mileto, di Fikellura
ed altre ancora che vanno sotto la dizione più larga
di eoliche ed ionio-asiatiche, sebbene non ben defi-
nite, stanno ad attestare l'influenza potente esercitata
sugli stili zoomorfì dalle industrie greco-asiatiche;
ed anche la ceramica un tempo creduta melica e
rodia pare vada da codeste assorbita,

1. A fabbriche insulari o greco-asiatiche spet-
tano, nel caso nostro, soltanto taluni pezzi dei se-
polcri 132, 305, 374, 476, per i quali rimando ai
rispettivi luoghi; anforette e piccole tazze color mar-
rone, credute rodie, ci vennero dai sepp. 19, 124, 133,
342 Lap. 1. Ma vogliasi anche concedere alle isolo
questo materiale figurato, esso appare straordinaria-
mente scarso ; gli è che in maggior copia veniva dalle
isole quello grezzo od a sobria decorazione lineare, e
ne avremo la prova esaminando quello di Bitalemi.
Allo fabbriche di Samos pare si debba riferire una
lunga serie di lekythoi grezze, talvolta di grandi di-
mensioni o con iscrizioni graffite (fig. 37), di cui si
ebbero esemplari anche a Siracusa e Megara.

Ma la circostanza che tali vasi continuano ab-
bondanti sino agli ultimi anni del secolo VI (vedi
sepp. del predio Lauricella), e toccano forse i primi
del V, quando è a credere che le fabbriche samie
fossero estinto, o per lo meno non più esportassero,
torna a conferma della tesi su espressa delle imita-
zioni paesane.

Del resto, data l'incertezza che ancora domina
sovrana intorno a questo gruppo di vasi, coi rispet-
tivi sottogruppi, date le divergenze profondo fra ar-
cheologi (cfr. per tutto Boehlau, op. cit., p. 86 e segg.;
Walters, History etc, p. 335) nella complicatissima
questione, torna sempre difficile l'assegnazione precisa
di taluni vasi, e sopratutto poi di piccoli frammenti.
A me sembra di dover assegnare a fabbriche greco-
asiatiche (= insulari) due pezzi sporadici del Borgo,
cioè il frammentino di scodello tìg. 184 di creta
gialla a fondo bruno, con sovrapposte strie bianche
e violette, avanzo di rosetta bianca, e tre rosette del
paro bianche sul piatto del labbro, bruno come il
cavo (paragonare Boehlau, op. cit., p. 87; Gardner,
Nauhratis, II, tav. VIII ; Flindors Petrie, Naukratis,
I, tav. XIII, 2). Meno certo mi pare un altro fram-
 
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