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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 21.1912

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Galli, Edoardo: Il sepolcreto visentino delle "Bucacce"
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https://doi.org/10.11588/diglit.9317#0278

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481

IL SEPOLCRETO VISENTINO DELLE « BOCACCE »

482

sepolcri paleoetruschi specialmente vetuloriiesi. Anche
a bardatura equina io riferirei i pendagli fusi fian-
cheggiati da due protomi di cigno schematiche, pro-
venienti dalla tomba 10, n. 16-b (cfr. tìg. 50), e che
ripetono un tipo largamente rappresentato a Vetulonia,
specie nella grande tomba del Tridente (').

Di schema assai semplice e primitivo sono i due
filetti snodati da cavallo raccolti nella tomba 3, n. 21,
i quali dipendono da un tipo già diffuso nell' età del
bronzo, e rappresentano una persistenza di detto tipo
originario nella prima età del ferro, quando già il
freno per i cavalli assume la forma del morso rigido
propriamente detto, più solido, più ricco e complicato.
Tuttavia anche in parecchi di tali morsi più antichi
la sbarretta che doveva attraversare la bocca del ca-
vallo, conserva la sua struttura originaria di doppio
nastro intrecciato a cordone (:).

Un interesse diverso ma non meuo intenso, pre-
sentano i due piccoli supporti fusi della tomba 10,
n. 11, con le gambe e i piedi desunti dalla figura
umana (tìg. 45). È difficile poter dire allo stato at-
tuale che cosa essi sostenessero in origine, e dobbiamo
contentarci quindi di rilevare per il momento e la loro
forma artistica affatto originale, e l'associazione assai
bene appropriata di siffatta forma tetrapoda con lo
scopo per cui dovevano servire.

Tanto nel piccolo toro che monta sull'ansa tortuosa
dell'askos della tomba 10, n. 12 (cfr. tìg. 46) per
giungere ad abbeverarsi, e che caratterizza inoltre la
stessa ansa del vaso foggiata approssimativamente
anche a schema di mammifero con testa cornuta, quanto
nella mistica protome bovina sul tappo dello stesso
recipiente (tìg. 47), si notano delle particolarità che
mancano nei similari prodotti vetuloniesi (3).

Il concetto di decorare taluni recipienti per liquidi
con intere figure o con sole teste di animali, in atti-
tudine di abbeverarsi, era assai diffuso nell'antichità.

H Not. Scavi, 1908, pp. 424-425, fig. 3; cfr. per nitri
esemplari un po' diversi pure vetuloniesi: Falchi, Vetulonia,
p. 120, tav. XVI, 10 e 13. Siffatti pendagli profilattici solari
della fine dell'età del bronzo deriverebbero, secondo il Dèche-
lette (op. cit., II, p. 443, fig. 185), dal tipo degli ornamenti-
amuleti quasi antropomorfi trovati nelle palafitte della Svizzera.

(3) Cfr. Montelius, op. cit., B, 178, 7 (Vetulonia); 285, 14
(Corneto); 332, 3 (Cervetri), ecc. — Déchelette, op. cit., II,
pp. 279-280.

(3) Ved. Falchi in Not. Scavi, 1900, p. 478, fig. 9; cfr.
Montelius, op. cit., B, 179,9; 180,7.

In Etruria, oltre alle due anse frammentarie ve-
tuloniesi ricordate nella nota precedente, una con
foretto simile al nostro, ma più schematico, e l'altra
con due capre o stambecchi, che forse spettavano
anche ad askoi enei, si conoscono altri svariati pro-
dotti dello stesso genere sia di brunzo che fittili. Assai
tipico è un piccolo pignatto uscito dalla stessa necro-
poli visentina fornito di tre piedi e con due ca-
vallucci condotti fino all'orlo del vaso da un guida-
tore espresso sommariamente. L'atto di abbeverarsi
nel vaso è però reso meglio in una ciotola di terra
veientana fornita di una protome di toro con lungo
collo che si protende nell' interno (*), e che trova ri-
scontro in un'altra ciotola fittile proveniente da Tolen-
tino con due teste di mammiferi incerti, pure protese
nell' interno (3).

Nelle necropoli più antiche dell' Etruria furono
anche trovati askoi fittili desinenti a testa di toro,
dai quali credo dipenda la protome cornuta con cui
finisce superiormente la nostra ansa. Due di tali askoi,
tarquiniesi, in ispecial modo mostrano una parentela
evidente con essa (*), e rendono ancora più notevole
il passaggio della protome taurina, che forse traeva
origine da un concetto religioso, dal recipiente all'ansa
negli esemplari enei simili al nostro.

Una particolarità importantissima e nuova in questo
askos di Visentium, del quale pur troppo non riman-
gono che il collo e il manico (cfr. tomba 10, nn. 12-13),
è inoltre la mistica associazione sul tappo delle corna
bovine con una sottile penna di ascia leggermente ri-
piegata in su: schema questo che. se si può giustitìcare
figuratamente come una persistenza nel foggiare il
beccuccio dell'askos (e nel nostro caso il tappo che
lo chiudeva) a testa bovina, devesi interpretare d'altra
parte come l'intenzionale espressione di un determi-
nato concetto religioso. I due elementi sacrali qui
fusi come nelle note teste bovine auree emblematiche
di Micene (5) con bipenne imposta fra le corna, nelle
similari teste dipinte su un frammento di vaso pure

(') Not. Scavi, 1894, p. 137. fig. 26; cfr. Montelius, op. cit.,
B, 255,3.

(a) Montelius, op. cit, B, 348,10.
(3) Idem, 157,25.

(') Ved. in Montelius, op. cit., B. 284,1,3.
(6) Schliemann, AJykenae, p. 252, fig. 329 ; Milani, STAI,
I, p. 198, fig. 33-4.
 
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