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IT, RIPOSTIGLIO DEI BRONZI NURAGICI 151 MONTI- SA IDDA

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Sa Iddìi, espongo l'idea chf esso siasi formato quando
ancora elementi fenici non si erano insediati in Sarde-
gna, dal momento che in esso non abbiamo neppure
un oggetto od un frammento riferibile alla suppellet-
tile fenicia o cartaginese. E questo un argomento per
escludere che a quel tempo i Fenici fossero presenti e
possenti in Sardegna, od almeno per ritenere al mas-
simo che vi fossero semplici fattorie littoranee, i primi
approdi marinari; con magazzeni di rifornimento ancora
innocui e non aggressivi, anzi fortificati essi slessi con-
tro le travòlgenti irruzioni indigene. Una colonia fenicia
già solidamente piantata sull'acropoli di Caralis non
avrebbe potuto tollerare la presenza di un forte nucleo
di genti validamente armate e bellicose a poche miglia
dalla propria sede ed in una posizione così strategica
come il Monte Sa Idda, a cavaliere delle due grandi
vallate del Eio Mannu e del Cixerri, un vero nido di
falco dominante il ferace piano campidanese sino alle
pescose lagune ed al litorale. Quindi dobbiamo am-
mettere o che non erano ancora insediati nell'isola i
Fenici, oppure erano aggrappati alle estreme punte ove
ebbero le loro sedi, quali alcioni marini, ed i protosardi
non avevano ancora rinunciato alle loro posizioni di
vigilanza, tra cui questa di Monte Sa Idda appare di-
retta a sorvegliarc i movimenti del mare, segnalati dalla
forte penisola del capo S. Elia e dall'acropoli dove più
tardi doveva sorgere Caralis, luminosa sulla vasi a
corona azzurra del suo golfo sicuro ed allettatore.

Il Prof. Patroni, in una recensione al mio studio sul
villaggio nuragico di Serrucci, presso Gonnesa (1), ha pre-
sentato in breve sintesi geniale un quadro della società
nuragica nel suo organismo sociale e nel suo assetto
militare. Egli, accogliendo i dati da me raccolti in varie
Memorie sopra la disseminazione dei nuraghi in tutta
l'isola, sulle coste marittime, agli sbocchi delle val-
late, attorno a tutti i sistemi orografici, dice che la
Sardegna nuragica è il testimonio parlante di uno
dei più notevoli sforzi collettivi che siano mai stati
compiuti da una razza, per procurarsi il pacifico pos-
sesso della propria terra, resa prospera dal tenace
lavoro di molte generazioni. Non solo avremmo le
prove di una organizzazione di edifici nuragici, predi-
sposte ad assicurare la difesa di detenui nati o vasti
territorii, i cui limiti sono segnati dalle linee maestre

(!) G. Patroni, in Ardi. Storico Sardo, voi. XIII, A. 1919-20.

della orografia isolana, ma egli ritiene che nella «rande
uniformità e stabilità materiale e spirituale della Sar-
degna nuragica dobbiamo vedere una causa che fa-
vorì, unitamente alla spinta data dai continui pericoli
esterni, la formazione di un unico sistema difensivo
a più serie ili linee, governato da Eorze saldamente
lederai e e dirette alla protezione di tutta quanta l'isola.
Egli vedrebbe insomma un avviamento verso una spe-
cie di unificazione politica dell'intiera Sardegna, senza
che si possa affermare che essa sia mai stata in qualche
grado raggiunta. Ma, egli ritiene che. se non altro,
questa organizzazione federale dei clans nelle tribù e di
queste tra di loro, resa necessaria dalla continua mi-
naccia di invasioni e di aggressioni piratiche per parte
di nuvoli di leggere navi da corsa appartenenti a po-
polazioni diverse che in età minoica e micenea e quindi
prefenicia infestavano il bacino occidentale del Medi-
terraneo, dovette attenuare di molto le probabilità delle
guerre interne.

Sono il primo ad acconsentire con l'egregio amico
nell'ammettere sia una direttiva organica in questo
complesso sistema di difese nuragiche, sia anche l'esi-
stenza di vincoli strettamente l'insaldanti tutte le varie
parti della gente sarda, a scopi e finalità comuni, e posso
anzi dirmi lieto di vedere, da uno studioso del valore e
dell'autorità scientifica del prof. Patroni confermate le
mie vedute positive sulla destinazione dei nuraghi
dell' isola, idee che, in buona analisi, sono quelle espo-
ste e sostenute dal compianto can. Spano e dal suo
allievo e continuatore Nissardi. In varie occasioni,
illustrando gli uniformi tipi di templi o di fontane
sacre nelle varie parti dell'isola o delle caratteristiche
statuette votive, tutte simili, dalla Gallura all'auro
caralitano, ho accennato al concetto che la fondamen-
tale unità di schiatta dovette essere rinsaldata da un
valido organismo disciplinari1 religioso e militare, che
oltre a, tenere insieme idealmente le varie parti della
gente sarda, dovette provvedere ad interessi comuni,
Ira i quali la sorveglianza delle coste e delle linee di
invasione da queste all'interno e la predisposizione di
quanto occorreva per reciproci aiuti tra tribù a tribù
e per azioni di comune difesa. Ma io non credo sia da
ritenersi del tutto assurda, se non la guerra tra nura-
ghe e nuraghe, almeno la lotta cruenta tra tribù e tribù,
tra distretti e distretti, lotta che del resto anche il
Patroni è disposto ad ammettere, ma solo in età
 
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