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FIDIA IN ETItURIA

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thesauro dei Siphni a Delfi (x) ed a quello orientale del
tempio di Zeus ad Olimpia con i preparativi della corsa
di Pelope ed Enomao (2), per capire che sussisteva
intorno ad essi una lunga ed ininterrotta tradizione.
I carri intercalati in simili composizioni decorative,
costituivano quasi un tema obbligato, un vero -luogo
comune della scultura templare. Ed il persistere dell'ele-
mento - carro non solo nei frontoni, ma altresì nelle friso
a bassorilievo, come per esempio quella riferibile al ci-
tato thesauro dei Siphni a Delfi, col ratto delle Leucip-
pidi, Gigantomachia ed episodi della guerra Troiana (3),
trova la sua naturale spiegazione nella voga delle vittorie
riportate allo stadio dai dinasti ellenici. I più famosi
scultori che produssero in quel fecondissimo periodo di
rinnovamento per l'arte del disegno, che intercede, al-
l'ingrosso, tra l'ultimo quarto del sec. VI av. Cr. e la
prima metà del V, sono infatti ricordati nelle fonti come
autori di bighe e di quadrighe votive in bronzo.

Galamis d'Atene, che non aveva rivali nella rappre-
sentazione dei cavalli, aveva scolpito varie bighe e qua-
drighe e collaborato con l'egineta Onatas all'ex voto di
Jerone di Siracusa, vincitore col carro nelle gare d'Olim-
pia (4). Pythagoras di Reggio (oriundo da Samo), della
cui ignota arte noi non abbiamo elementi per poter
giudicare, è ricordato esplicitamente da Paùsania come
l'autore del carro di Oratisthénes (6). Il cretese Amphion
di Cnosso - il quale ora per noi non è che un semplice
nome nella storia dell'Archeologia greca - risulta essere
stato l'artefice del carro di Battos da Cirene (6) dedi-
cato a Delfi. Di nuovo Onatas ed un altro celebre
egineta, Glaukias, sono ricordati come gli autori delle
quadrighe di Gelone e di Ierone dedicate in Olimpia (7).
Finalmente Ageladas di Argo, alla cui scuola si erano
educali Mirone, Policleto e Fidia, aveva fatto la qua-
driga di Cleosthénes, pure per Olimpia (8). Noi peraltro
non disponiamo di l'agguagli diretti per formarci un'idea
del tipp di tali consueti carri: i frequenti ma som-
mari accenni delle Fonli contribuiscono solo a far ere-

(') Bourguet, Les ruines de Delphes, pag. 77 seg., fig. 24.

(2) Collignon, Hist. de hi Sculpt. Oreeque, l, pag. 4;>7 sgg.,
fìgg. 227 e 23-1.

(3) Bourguet, cip. eit., pag. 79 sg., figg. 25 e 27.

(«) Cfr. Plinio, N. II.. XXXIV. 71 ; Paùsania, VI. 12. I.

(5) Paus.. YT, 18, 1.

(«) Paus, X, 1B, ('..

(') Paus. VI. 9, 4 : Vili, 42. 8.

(") Paus. VI. 10, ti.

dere che dovevasi, in fondo, trattare di un modello
stilizzato, con piccole varianti dovute all'iniziativa
individuale degli artefici che lo copiavano. Però è no-
tevole che questo tema fosse già comune al repertorio
di artisti e scuole di varie tradizioni e tendenze. Il tipo
sarà stato, io penso, analogo al cocchio di bronzo gui-
dato dal freddo Auriga di Delfi, e che non sfoggiava
certo focosi corsieri (1).

Fidia, ultimo in ordine di tempo di tutta codesta
nobile schiera di maestri scultori, si distacca nettamente
dalla tradizione, e tenta e riesce a tradurre nella plastica
un ordine di concezioni nuove, quali dovettero a lui es-
sere suggerite dai progressi della pittura, perenne avan-
guardia - dopo il canto - di ogni altra arte figurativa.
I motivi triti e consueti non compaiono invero nelle opere
di Fidia, nel loro solito aspetto uniforme, più o meno
stilizzato ; essi in sostanza non rappresentano altro
che un semplice spunto per lui, che li rinnova e li riveste
di fremente vita. Chi ha il clono di poter scrutare con
l'occhio e con la mente i vasti fenomeni dello spirito
umano nella loro varia espressione artistica, vede, in-
fatti che i cavalli creati da Fidia - pure attraverso la
deturpazione operata dal tempo e dagli uomini sui
pochi frammenti superstiti - dovevano essere più affini
e librarsi - idealmente - con lo stesso slancio di quelli
che ci son conservati sui vasi di stile fiorito — « sopra i
nembi natanti, l'alte criniere al cielo »-chc non a quelli
arcaici dell'Acropoli, e agli altri di Delfi e di Olimpia
(dove pure il peana agonistico poteva suggerire all'arte
delle figuri' ardimenti più insigni): docili bestie in ri-
poso, o al più con l'accademica ed eterna mossa di una
zampa sollevata per indicare il movimento (2).

La concezione fidiaca per le due quadrighe del fron-
tone orientale del Parthenone, rappresentate l'una
nello spuntare dell'alba, cioè appena emergente dal piano
della cornice, e l'altra - per un'ovvia legge di sincro-

f1) Cfr. a proposito del braccio infantilo scoperto vicino al-
l'Auriga, le osservazioni del Bourguet, Les Ruines de Delphes,
pag. 22!) sg.. fig. 75. — Per tutte le informazioni intorno al
rinvenimento dell'Auriga e degli avanzi - ben scarsi ! - dei ca-
valli, cfr. Teofilo Homolle, L'Àurige de Delphes, in Motiuments
Piot, IV (1897), pag, 169 sgg.

(2) 11 Furtwangler, a proposito dei cavalli dipinti sul ce-
lebre vaso di Tlialos nella collezione Jatta a Ruvo (Griechische
Vasenmalerei, pag. 201), riconosceva die essi erano analoghi per
tipo a quelli scolpili da Fidia per il frontone orientale del Par-
thenone.
 
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