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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 29.1923

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Ugolini, Luigi M.: La Panighina: fonte sacra preistorica
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https://doi.org/10.11588/diglit.12553#0335
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la panighina

626

valle Padana verso il sud d'Italia, si può pensare che
le genti abitanti i dintorni della Panighina fossero
spinto in altre terre da nuovi venuti, e quindi che esse
gettassero in fretta dentro il venerato pozzo tutti i
sacra, nella speranza di riassettarlo al loro ritorno,
che fu vanamente atteso.

Oppure, tenendo sempre presente tale periodo di
tempo, e dando valore ad alcune tracce di incendio
presentate tanto da legni, quanto da alcuni cocci (i
primi hanno estremità carbonizzate ; i secondi presen-
tano chiazze di fuoco violento, tanto nella superficie
interna del vaso, quanto nelle superfici di frattura),
si può sospettare che il pozzo sacro venisse devastato
dai nuovi invasori, che con mano sacrilega gettarono
tutta la stipe entro il pozzo (1).

Per questa supposizione potrebbesi trovare qual-
che conferma in analoghe distruzioni constatate in
Francia. Il Bonnard asserisce (2), e con lui altri stu-
diosi, che molti luoghi di culto primitivi sono stati
distrutti da incendii operati dai Germani invasori.
Simile sorte ò stata subita pure da molti luoghi di
culto pagano dell'Italia, nei tempi delle conversioni
al cristianesimo.

Si possono seguire fatti simili anche attraverso
le vite degli apostoli della religione cristiana ; men-
tre questi cercavano di sradicare dal cuore del po-
polo le superstizioni pagane, gli imperatori, da parte
loro, emanavano editti di distruzione di questi luoghi
di culto.

Si potrebbe pensare anche ad altre soluzioni, le
quali, ripeto, rimarrebbero sempre nel campo delle
supposizioni (:j).

(') In età preistorica erano frequenti gli incendii, e se ne
sono rinvenute tracce durante varii scavi. Ciò fu notato, per
esempio, a Molfetta dal Mayer ; ed il Museo Preistorico di Roma
conserva intonachi di pareti, resi rosso-vivi da incendii.

(2) Bonnard, op, cit., pag. 124 e 214.,

(3) Il prof. Pàrvan, durante i suoi scavi sull'acropoli di
Istria alle foci del Danubio, trovò un pozzo quadrangolare sca-
vato nella roccia, ripieno di ceramica, sia di fabbricazione locale
sia di importazione greca. Ma tale pozzo, come da cortese comu-
nicazione dell' illustre archeologo rumeno, fu cosi riempito non
quando era in efficienza, ma in un secondo tempo per servire
quale luogo di scarico. (Un primo accenno è dato in V. Pàrvan,
La pénétration hellénigue et hellénistique dans la vallèe da Da-
nube, in « Bull, de la sect. hist. de l'Acad. Roméne », 1D23).

Io stesso ricordo di aver visto, durante gli scavi eseguili
nel 1920 dal sen. Boni nei pressi della porta Mugonia al Pala-
tino, uno stretto pozzo ripieno di cucciarne e di altro materiale

Quello che mi pare si possa ritenere invece con
relativa certezza si è dunque, invece, che, quando il
pozzo era in efficienza, i vasi non stavano ove furono
poi trovati dai muratori. Entro il pozzo essi ci furono
buttati, por di più, alla rinfusa e in un'epoca di
non molto posteriore a quella in cui essi ebbero la
primitiva collocazione.

Naturalmente non tutti i vasi si ruppero, sia perchè
essi sono assai solidi, sia perchè l'acqua del pozzo,
attenuando la velocità di discesa, impedi che essi
urtassero con violenza tra di loro o nel fondo roccioso
del pozzo.

C. Valore della stipe in rapporto all'acqua.

Prima di passare al capitolo riguardante il culto,
non sarà male osservare il valore che assume tutto
il materiale se, come si deve, vien posto in rapporto
all'acqua ed al pozzo.

Per giungere alle conclusioni generali, procedo esa-
minando il materiale in ogni suo gruppo.

Varie specie di offerte. Alcuni frammenti
di vasi, nella loro parete interna (e non sulla esterna),
conservano tracce evidentissime di ocra rossa. Questa
materia colorante, usata per abbellire il corpo e per
il tatuaggio, messa entro un recipiente, credo possa
rappresentare un dono.

Nel Museo di Imola ho visto infatti alcuni dei
vasetti votivi provenienti dalla grotta del Re Tiberio,
ripieni ancora di ocra (l).

della fine dell'età repubblicana : assistei anzi allo sgombero di
tale materiale che apparve evidentemente di rifiuto.

Analogamente a questi due esempi (che, volendo, si potreb-
bero moltiplicare), si potrebbe pensare che anche il pozzo della
Panighina, in un secondo tempo, servisse diluogo discarico. Io
non credo. La ceramica presentasi strettamente collegata col
pozzo; l'acqua di questo era certamente venerata, e i vasi rap-
presentano donarii. E poi non si saprebbe spiegare donde prove-
nivano tutto quelle ceramiche, e perchè i vasi erano prevalente-
mente dei due tipi attingitorii e potorii, e così neppure varii
altri fatti.

(') La presenza dell'ocra deposta, come dono, nelle stipi
sacre è dovuta al desiderio di offrire alla divinità un oggetto
prezioso, assai ricercato per la colorazione del corpo umano
e anche dell'immagine delle divinità.

Il prof. Orsi, durante gli scavi attorno al tempio di Athena
a Siracusa, trovò una piastrella «profondamente impregnata di
ocra rossa », alla (piali1 egli attribuisce « vagamente delle qualità
magiche» (P. Orsi, Gli scavi intorno all'Athcnaion di Siracusa,
in « Mon. ant. Lincei », XXV, col. 560).

Due fondi di vasetti, facenti parte della stipe rinvenuta
 
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