P O E S 1 A L 1 B. III. 129
{ che per ìa Lingua, e per altre Virtù deilo Stiie sono un prezioso
erario deiri-dioma nostro, ma per la rnateria sono altrettanto biaii-
mevoli, e vergognose ) truovasi un gran numero di voci (a)5 e locu-
zioni, che senza timore di sarsi beffare, niuno a’nosiri giorni osereb-
be adoperare ne’suoi ragionamenti, o scritti. Ed è ben da osservariì
che quelte Movelle sembrano composie dai Boccaccio non attempa-
to, ma giovane; perciocchè ii Petrarca in una pistola, ch’egii scri-
ve ai medesimo Boccaccio, e che da me si è veduta in istampa non
soio, ma ancor MS. in un Codice antico deii’Ambrosiana, dice d’
aver letto quei libro, e va scusando la poca onesta del novellar Boc-
caccevoie coli’eta gioveniie, in cui era ì’Autore, quando le icrisse.
Delettntus fum, ecco le parole dei Petrarca, ìn ipfo tranfttu, & fe
quìd lafciviae liberioris occurreret, eKCusabat aetas tua tunc quum id
fcribcres. Ma dai Boccaccio stesso, migìior testimonio, polsiamo rac-
cogiiere, che tai non fosse l’eta sua. NeiÌa Fiammetta poi, nei Fi-
locolo, nei Corbaccio, neii’Ameto, neii’Urbano, nei Filostrato, nel-
la Teseide, nel Ninfai (b) Fiesoiano, e in akre Qpere Italiane, al-
cuna
Chi badasTe alle siampe, direbbe, che il Boccaccio fa de’ solecismi, come Fossen per
Fofsero, o FofJ'eno. Ch’ egli si dimentica la rima. Ma le fiampe sono bugiarde; e pià
sono tenaci della vera lczione i Manoscritti : i quaii, quando si tratta di Lingua, e di
dar regole, e di criticare, vanno necessariamente praticati, e consuitati. Poca pratica
mofira d’averne suì bel principio in questa Opera ii Tauoni; mentre esaminando il
pasio deì Boccaccio Nov. 54. F.- fi gii manào dtcendo ec. se qnei ft fiia per Jic, o per Jì-
bi, o vogliam dire per sì coil’accento, come vuole scriversi ; o per fi senza accento ,
particella riempitiva, trae argomento, che per non averio trovato in aitra guiia, che
senza accento, neiie copie stampate , o fatte a penna, egli debba intendersi per si ncl
socondo modo. E non s’ avvede quesio valentuomo, che le copie fatte a penna non an-
110 mai accenti; e così non si può daiia scrittura di queiie determinare, come egii vada
inteso. PuoTi bene dali’uio Fiorentino, che non permette ii dire in quefio sentimento,
s gl't mandò; ma dice cofiantemente, fe gii mandò ; raccogliere, che il Boccaccio, che
scrilse quelia celebrata Opera in Fiorentino, come egii fì protefia, non intese nel secon-
do significato; perchè avrebbe detto , se glì mandò, o gli mandò ; ma semplicemente
nel primo, cioè ; e sì gli mandò dicendo ; e cosi. E’ bene maic a proposito accentato ii
Sì a carte 54. deile Annotazioni del medesimo Tassoni, nel pasio d’una Novelia di
Franco Sacchetti: e fe mai sì fece un clìluvio, da quejìa volta tn là fe ne sece qnattro. Si
fece, cioè saSìum suit.
(a) Trovaji un gran numero di vccs, e di locuzicni, che fenza timore di sarji befsare,
Tiiuno a noflr't giorni ec. ] Pìli di tutti gii fiudi vale ii giudizio, e ’i discernimento. Che
molte di quclie usò il Boccaccio, adattandosi ai modi, e alie voci de’paesi di coloro ,
de’ quaii ragiona neiie Noveiie. Così contraifa il Siciiiano, il Veneziano, e fìmiii.
Qi-iando dice de’Borgognoni, ula la paroia Riottofo, antica Franzese ; e va discorrendo;
che questa materia sarebbe da iungo trattato. In oitre l’uso del Popol Fiorentino d’ ai-
iora ha patito mutazione in aicune parti, liccome chi è nato qul, o dimorato, pub a-
gevolmente comprendere. Gli antichi diceano Contasiare ( Latino Conteftari, Franzese
Contejìer). Noi oggi a dirio ci faremmo buriare, e si crederebbe, che avessimo scambia-
to da Contrastare.
(b) II Ninsal Fiefoh.no su compofto da giovane, nè ha che fare con gli altri due
Poemi, Teseide, e Filoftrato. II Corbaccio per purità, e per grazia, c l’ Urbano ancora,
aon ha che fare coli’ Ameto : e il Ftlocclo, e ia Fiammetta sono dell' Ameto migliori. 11
Saiviaii ne ha dato ottimo giudizio di tutti: c a lui mi rimetto.
{ che per ìa Lingua, e per altre Virtù deilo Stiie sono un prezioso
erario deiri-dioma nostro, ma per la rnateria sono altrettanto biaii-
mevoli, e vergognose ) truovasi un gran numero di voci (a)5 e locu-
zioni, che senza timore di sarsi beffare, niuno a’nosiri giorni osereb-
be adoperare ne’suoi ragionamenti, o scritti. Ed è ben da osservariì
che quelte Movelle sembrano composie dai Boccaccio non attempa-
to, ma giovane; perciocchè ii Petrarca in una pistola, ch’egii scri-
ve ai medesimo Boccaccio, e che da me si è veduta in istampa non
soio, ma ancor MS. in un Codice antico deii’Ambrosiana, dice d’
aver letto quei libro, e va scusando la poca onesta del novellar Boc-
caccevoie coli’eta gioveniie, in cui era ì’Autore, quando le icrisse.
Delettntus fum, ecco le parole dei Petrarca, ìn ipfo tranfttu, & fe
quìd lafciviae liberioris occurreret, eKCusabat aetas tua tunc quum id
fcribcres. Ma dai Boccaccio stesso, migìior testimonio, polsiamo rac-
cogiiere, che tai non fosse l’eta sua. NeiÌa Fiammetta poi, nei Fi-
locolo, nei Corbaccio, neii’Ameto, neii’Urbano, nei Filostrato, nel-
la Teseide, nel Ninfai (b) Fiesoiano, e in akre Qpere Italiane, al-
cuna
Chi badasTe alle siampe, direbbe, che il Boccaccio fa de’ solecismi, come Fossen per
Fofsero, o FofJ'eno. Ch’ egli si dimentica la rima. Ma le fiampe sono bugiarde; e pià
sono tenaci della vera lczione i Manoscritti : i quaii, quando si tratta di Lingua, e di
dar regole, e di criticare, vanno necessariamente praticati, e consuitati. Poca pratica
mofira d’averne suì bel principio in questa Opera ii Tauoni; mentre esaminando il
pasio deì Boccaccio Nov. 54. F.- fi gii manào dtcendo ec. se qnei ft fiia per Jic, o per Jì-
bi, o vogliam dire per sì coil’accento, come vuole scriversi ; o per fi senza accento ,
particella riempitiva, trae argomento, che per non averio trovato in aitra guiia, che
senza accento, neiie copie stampate , o fatte a penna, egli debba intendersi per si ncl
socondo modo. E non s’ avvede quesio valentuomo, che le copie fatte a penna non an-
110 mai accenti; e così non si può daiia scrittura di queiie determinare, come egii vada
inteso. PuoTi bene dali’uio Fiorentino, che non permette ii dire in quefio sentimento,
s gl't mandò; ma dice cofiantemente, fe gii mandò ; raccogliere, che il Boccaccio, che
scrilse quelia celebrata Opera in Fiorentino, come egii fì protefia, non intese nel secon-
do significato; perchè avrebbe detto , se glì mandò, o gli mandò ; ma semplicemente
nel primo, cioè ; e sì gli mandò dicendo ; e cosi. E’ bene maic a proposito accentato ii
Sì a carte 54. deile Annotazioni del medesimo Tassoni, nel pasio d’una Novelia di
Franco Sacchetti: e fe mai sì fece un clìluvio, da quejìa volta tn là fe ne sece qnattro. Si
fece, cioè saSìum suit.
(a) Trovaji un gran numero di vccs, e di locuzicni, che fenza timore di sarji befsare,
Tiiuno a noflr't giorni ec. ] Pìli di tutti gii fiudi vale ii giudizio, e ’i discernimento. Che
molte di quclie usò il Boccaccio, adattandosi ai modi, e alie voci de’paesi di coloro ,
de’ quaii ragiona neiie Noveiie. Così contraifa il Siciiiano, il Veneziano, e fìmiii.
Qi-iando dice de’Borgognoni, ula la paroia Riottofo, antica Franzese ; e va discorrendo;
che questa materia sarebbe da iungo trattato. In oitre l’uso del Popol Fiorentino d’ ai-
iora ha patito mutazione in aicune parti, liccome chi è nato qul, o dimorato, pub a-
gevolmente comprendere. Gli antichi diceano Contasiare ( Latino Conteftari, Franzese
Contejìer). Noi oggi a dirio ci faremmo buriare, e si crederebbe, che avessimo scambia-
to da Contrastare.
(b) II Ninsal Fiefoh.no su compofto da giovane, nè ha che fare con gli altri due
Poemi, Teseide, e Filoftrato. II Corbaccio per purità, e per grazia, c l’ Urbano ancora,
aon ha che fare coli’ Ameto : e il Ftlocclo, e ia Fiammetta sono dell' Ameto migliori. 11
Saiviaii ne ha dato ottimo giudizio di tutti: c a lui mi rimetto.