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sio la gran copia delle parole ( che ora a noi pajono FidenEÌane, e
che scomunicate il Tassoni appeiia ), sparse nelia maggior parte de-
gli Scrittori, che vissero prima dei 1500. perchè aiiora sol quess©
si guasto Latino si ssudiava, ed era nei secolo del Boccaccio talmea-
te in uso, che ia maggior parte degl’ Italiani per iscrivere ss vaieva
d’esso e non gia deli’Idioma nossro. II Petrarca dal suo canto lo
purgò non poco; ma non fu seguito dagii altri •
Ghe se dopo la morte del Boccaccio ss sono aggiunti alla Lin-
gua moiti vocaboli, e non poche locuzioni nuove: tanto è lontano?
che la Lingua possa perciò dirsi intoròidata, che piii tosso dee con-
fessarsi, esserne ella rimasa maggiormente arricchita (a), inieggiadrita,
e nobiiitata. Perocchè tanto le vocì, quanto le forme di dire, in-
trodotte dai pih giudiziosi, e ingegnoss Moderni, sono o necessarie,
o molto significanti, e leggiadre, o cavate con gludizio dalla Lin-
gua Latina, e dali’alure, che sono sorelie dels Italiana. Altrettanto
ancora ss fece nel secoio supposto d’oro, in cui gii Scnttori e daila
ssessa Latina, e dalla Provenzale, e dai varj Dialetti d’Italia prese-
ro non pochi vocaboli, e modi di parlare, e li fecero divenir pro-
prj dell’Italiana. Che ciò si facesse dal Boccaccio, e dal Petrarca,
lo attesta lo stesso Salviati, cosi scrivendo : Nel vero ìl Boccaccto ac-
crebbe molto la majja delle parole, e per se ftejso sermo molti parla-
Latino puro e buono, afFettatamente mescolato e alterato col Volgare, per espi'imere e
ritrarre ii carattere pedantelco. E quel Libro con lommo giudicio e aitrettanta galan-
teria cpmposto , vogliono che fosse lavoro di valente Signore Letterato , che a sovranis-
sima dignità fu poi innalzato. Lo spargere nelle Scritture Latinismi, in quelli del 1400.
su errore del lecolo, e del volgo, che quello che non intende, iuole stoltamente am-
nurare ; e quando una compolÌzione era carica d’assettate frasì Latine, sembrava che
■piu dalla hassezza del Volgare Idioma s’allontanasse : Nè nel fuo Ameto, cd in altri
Romanzi iuoi, ne andò eiente di questo vizio nel 1300. il Boccaccio, accomodandoss
così al guflo del guasto Mondo; laddove parlando schietto Fiorentino, e in istile umi-
iilsimo, come egii dice, neìle Novelle, sì guadagnh eterno nome e stima immortale
nel giudicio de’dotti, e de’Letterati.
(a) La gran rimessa di Vocaboli fatta alla Lingua dopo Ia morte del Boccaccio,
non è necesfario indizio delP arricchimento, e annobilimento di essa Lingua. Come 1
voci sono introdotte, e uiate giudiciosamente, prese dal buon’uso corrente, persuai
dalla necesfttà, formate con espresstone, e con vaghezza, allora sono ricchezza. Allo
ncontro quando ienza neceflità lono prese da Dialetti non approvati, o scambiate la
pure e nobiii del Boccaccio, che ancor oggi non disparirebbero, con altre del tempo
presente, non così belle, nè così leggiadre : I’aggiunta, e V accrescimento è icemamen-
to, e povertà.
--— Lìcuit, femperque licebit
Signnturn p/aesente nota producere nomen,
Non vt ha, chi lo neghi. II Boccaccio non potè dire tutte le cose, nè tuttc le voci u-
Lte. Ma iempre ritorna colà : che qnella urbànità,, e quel saporc di Toscano, che ss
ravvisa nel Boccaccio,. egli è a’ Toscani medessmi ancora, che in mezzo a queila Lin-
gua, ch’ egli usò, nati sono, per avventura inimitabile.
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sio la gran copia delle parole ( che ora a noi pajono FidenEÌane, e
che scomunicate il Tassoni appeiia ), sparse nelia maggior parte de-
gli Scrittori, che vissero prima dei 1500. perchè aiiora sol quess©
si guasto Latino si ssudiava, ed era nei secolo del Boccaccio talmea-
te in uso, che ia maggior parte degl’ Italiani per iscrivere ss vaieva
d’esso e non gia deli’Idioma nossro. II Petrarca dal suo canto lo
purgò non poco; ma non fu seguito dagii altri •
Ghe se dopo la morte del Boccaccio ss sono aggiunti alla Lin-
gua moiti vocaboli, e non poche locuzioni nuove: tanto è lontano?
che la Lingua possa perciò dirsi intoròidata, che piii tosso dee con-
fessarsi, esserne ella rimasa maggiormente arricchita (a), inieggiadrita,
e nobiiitata. Perocchè tanto le vocì, quanto le forme di dire, in-
trodotte dai pih giudiziosi, e ingegnoss Moderni, sono o necessarie,
o molto significanti, e leggiadre, o cavate con gludizio dalla Lin-
gua Latina, e dali’alure, che sono sorelie dels Italiana. Altrettanto
ancora ss fece nel secoio supposto d’oro, in cui gii Scnttori e daila
ssessa Latina, e dalla Provenzale, e dai varj Dialetti d’Italia prese-
ro non pochi vocaboli, e modi di parlare, e li fecero divenir pro-
prj dell’Italiana. Che ciò si facesse dal Boccaccio, e dal Petrarca,
lo attesta lo stesso Salviati, cosi scrivendo : Nel vero ìl Boccaccto ac-
crebbe molto la majja delle parole, e per se ftejso sermo molti parla-
Latino puro e buono, afFettatamente mescolato e alterato col Volgare, per espi'imere e
ritrarre ii carattere pedantelco. E quel Libro con lommo giudicio e aitrettanta galan-
teria cpmposto , vogliono che fosse lavoro di valente Signore Letterato , che a sovranis-
sima dignità fu poi innalzato. Lo spargere nelle Scritture Latinismi, in quelli del 1400.
su errore del lecolo, e del volgo, che quello che non intende, iuole stoltamente am-
nurare ; e quando una compolÌzione era carica d’assettate frasì Latine, sembrava che
■piu dalla hassezza del Volgare Idioma s’allontanasse : Nè nel fuo Ameto, cd in altri
Romanzi iuoi, ne andò eiente di questo vizio nel 1300. il Boccaccio, accomodandoss
così al guflo del guasto Mondo; laddove parlando schietto Fiorentino, e in istile umi-
iilsimo, come egii dice, neìle Novelle, sì guadagnh eterno nome e stima immortale
nel giudicio de’dotti, e de’Letterati.
(a) La gran rimessa di Vocaboli fatta alla Lingua dopo Ia morte del Boccaccio,
non è necesfario indizio delP arricchimento, e annobilimento di essa Lingua. Come 1
voci sono introdotte, e uiate giudiciosamente, prese dal buon’uso corrente, persuai
dalla necesfttà, formate con espresstone, e con vaghezza, allora sono ricchezza. Allo
ncontro quando ienza neceflità lono prese da Dialetti non approvati, o scambiate la
pure e nobiii del Boccaccio, che ancor oggi non disparirebbero, con altre del tempo
presente, non così belle, nè così leggiadre : I’aggiunta, e V accrescimento è icemamen-
to, e povertà.
--— Lìcuit, femperque licebit
Signnturn p/aesente nota producere nomen,
Non vt ha, chi lo neghi. II Boccaccio non potè dire tutte le cose, nè tuttc le voci u-
Lte. Ma iempre ritorna colà : che qnella urbànità,, e quel saporc di Toscano, che ss
ravvisa nel Boccaccio,. egli è a’ Toscani medessmi ancora, che in mezzo a queila Lin-
gua, ch’ egli usò, nati sono, per avventura inimitabile.
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