P O E $ I A L I B. III. 179
t\, c rtcche'Z.ze sì satte non son vere belhzze 8cc. Fabbrica egli tut-
tavia sulla medesima rena, e lavorando sopra lo stesso Equivoco, in-
grandisce via più quell’ombra, o fantasima, ch’ ègli poco avveduta-
mente s’ è pofla in capo. Ma questa svanisce, e va ìa fabbrica per
terra, ove punto si consideri, che l’abbeiiir troppo, e caricar di fai-
si ornamenti le cose, non vien dalia Lingua, ma dall’ Ingegno, e
dal poco buon Gusto degli Scrittori. Per aitro, che l’ Jtalico Idioma
non posfa giugnere ad imitar la Natura, e ch’ esso ?ion posfa dare aU
le cofe /’ aria, e la vagbexxa lor propria, c convenevole, col medest-
mo fondamento si dice, con cui direi anch’io, per lodare ii nostro
Diaiogista, ch’egli era poco animoso Scrittore; elsendo 1’ una, e P
altra di queste propostzioni smentita dai fatti. Non ci ha persona
punto pratica degli Scrittori nostri, la quale non sappia, quanto essi ed
abbiano potuto, e poss'ano colia Lingua Italiana imitar la Natura, e
dipinger ie cose co’proprj colori. Se in ciò taluno o eccede, o man-
ea, egli è il reo, non gia ia Lingua. Da questa st somministrano i
colori convenevoli: colpa è poi dei dipintore, s’egli o non sa, o
non sa moderatamente valersene.
Benchè nondimeno ci concedesse benignamente il nostro Censo'
re, che ia Lingua degl’ Italiani potesse naturalmente anch’ essa espri-
mere, e rappresentar ie cose; contuttociò egii le antepone ia propria
Lingua, sostenendo ch’essa ha ii primo iuogo .in si fatta virtù. Ed
hanno ben moito da consoÌarst gi’ Itaiiani, perchè in questo non ec-
eettua egli nè pur la Greca, e Ìa Latina, voiendo ch’esse ancora ce-
dano alla Franzese la paima . Non ci è altra Lingua ( sono sue pa-
role) che la Fran%ese, la qual fappia hen copiar la Natura, e che e-
fprima h cose precifamente, com elle sono. Udiamone di grazia ie ra-
gioni. Ella non ama, dic’egii, / esagera%iòni, percbè alterano la Ve-
rità ; e da ciò vien fen-za sallo, ch’ ejsa non ha verun di què' termini,
che s appeliano Superlativi 8cc. La nostra Lìngua parimente non ufa
le Jperholi, fe non molto fohriamènte, perchè son Figure nemiche del-
la Verità / nel che partecipa esfa del nofìro genio franco^ e fincaroy che
non può sossrir-e la salsità, e ia hugia 8cc. Non si può far di meno
cìi non ravvisare a queste paroie ia somma pieta di quefto buon Giu-
dice, facendosi egli scrupolo di approvare infin queile bugie, che fi-
nora st sono permesse, e iodate neila Eiocuzion Poetica, ed Orato-
ria, e deile quali non solamente gii' Scrittori di tutte le Nazioni,
ma le medestme Sante Scritture assai liberamente st valsero. Da che
però egii stima una ftngoiar dote d’ un Linguaggio l’essere privo di
Z 2 Super-
t\, c rtcche'Z.ze sì satte non son vere belhzze 8cc. Fabbrica egli tut-
tavia sulla medesima rena, e lavorando sopra lo stesso Equivoco, in-
grandisce via più quell’ombra, o fantasima, ch’ ègli poco avveduta-
mente s’ è pofla in capo. Ma questa svanisce, e va ìa fabbrica per
terra, ove punto si consideri, che l’abbeiiir troppo, e caricar di fai-
si ornamenti le cose, non vien dalia Lingua, ma dall’ Ingegno, e
dal poco buon Gusto degli Scrittori. Per aitro, che l’ Jtalico Idioma
non posfa giugnere ad imitar la Natura, e ch’ esso ?ion posfa dare aU
le cofe /’ aria, e la vagbexxa lor propria, c convenevole, col medest-
mo fondamento si dice, con cui direi anch’io, per lodare ii nostro
Diaiogista, ch’egli era poco animoso Scrittore; elsendo 1’ una, e P
altra di queste propostzioni smentita dai fatti. Non ci ha persona
punto pratica degli Scrittori nostri, la quale non sappia, quanto essi ed
abbiano potuto, e poss'ano colia Lingua Italiana imitar la Natura, e
dipinger ie cose co’proprj colori. Se in ciò taluno o eccede, o man-
ea, egli è il reo, non gia ia Lingua. Da questa st somministrano i
colori convenevoli: colpa è poi dei dipintore, s’egli o non sa, o
non sa moderatamente valersene.
Benchè nondimeno ci concedesse benignamente il nostro Censo'
re, che ia Lingua degl’ Italiani potesse naturalmente anch’ essa espri-
mere, e rappresentar ie cose; contuttociò egii le antepone ia propria
Lingua, sostenendo ch’essa ha ii primo iuogo .in si fatta virtù. Ed
hanno ben moito da consoÌarst gi’ Itaiiani, perchè in questo non ec-
eettua egli nè pur la Greca, e Ìa Latina, voiendo ch’esse ancora ce-
dano alla Franzese la paima . Non ci è altra Lingua ( sono sue pa-
role) che la Fran%ese, la qual fappia hen copiar la Natura, e che e-
fprima h cose precifamente, com elle sono. Udiamone di grazia ie ra-
gioni. Ella non ama, dic’egii, / esagera%iòni, percbè alterano la Ve-
rità ; e da ciò vien fen-za sallo, ch’ ejsa non ha verun di què' termini,
che s appeliano Superlativi 8cc. La nostra Lìngua parimente non ufa
le Jperholi, fe non molto fohriamènte, perchè son Figure nemiche del-
la Verità / nel che partecipa esfa del nofìro genio franco^ e fincaroy che
non può sossrir-e la salsità, e ia hugia 8cc. Non si può far di meno
cìi non ravvisare a queste paroie ia somma pieta di quefto buon Giu-
dice, facendosi egli scrupolo di approvare infin queile bugie, che fi-
nora st sono permesse, e iodate neila Eiocuzion Poetica, ed Orato-
ria, e deile quali non solamente gii' Scrittori di tutte le Nazioni,
ma le medestme Sante Scritture assai liberamente st valsero. Da che
però egii stima una ftngoiar dote d’ un Linguaggio l’essere privo di
Z 2 Super-