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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

21

sgombero continuo dell’apocrifo monumento sembra adesso
finito : nella passeggiata che s’ha fatta attraverso la città
l’infelice Margherita ci ha rimesso il naso, una mano e
— quel che più l’avrà dovuta seccare — la borsa coi
mille ducati.
*
* *
Da quanto ho detto, sulla scorta de’ documenti fin qui
pubblicati, si può cavar questo intorno alla chiesa del Car-
mine, che, cioè, una cappelletta, con una grotticella, inti-
tolata alla Madonna della Bruna fosse lì, nel Campo Ma-
ricino, avanti la esecuzione di Corradino di Svevia, la quale
seguì nel 1269, Ne’ principii del trecento sorse la chiesa
novella, che fu intitolata all'Assunta, se vogliamo starcene
a quanto afferma il citato Padre Piertommaso Moscatella,
che fu il primo a raccogliere in una Cronistoria del R. Con-
vento del Carmine Maggiore di Napoli le vicende di esso e
del tempio. Giusto, a proposito di codesto manoscritto,
che ha molto aiutate e rischiarate le ricerche degli stu-
diosi, voglio dire come esso sia compilato perchè in que-
sto mio primo articoletto su di una delle chiese, se non
più belle, almeno più famose di Napoli, si abbiano sottoc-
chi le prime circostanze della sua storia e i primi suoi
illustratori.
Il manoscritto della Cronistoria, segnato, tra quelli della
nostra Nazionale, con l’indicazione XAA-2, pervenne ad
essa, devo credere, quando, per la soppressione de’ mona-
steri ne furono altrove raccolte le carte. L’ordine carme-
litano, come parecchi altri, non mancava de’ suoi cronisti,
usciti dal seno suo stesso : il Moscarella fu, se non il pri-
mo di costoro, certo colui che pel primo raccolse e or-
dinò quanto precedentemente s’era scritto, nella pace e
nel silenzio di qualche cella del convento, sulla storia di
esso. Così le vicende del Carmine vi sono narrate dal
principio fin al 1589. Il Moscarella morì nel 1699: ma
già egli era stato sostituito, parecchio tempo avanti, dal
padre carmelitano Mariano Ventimiglia, nella compilazione
della Cronistoria: quest’ultimo raccoglie notizie, tra antiche
e sincrone, dal 1590 fin al 1753, epoca nella quale un
nuovo frate continuò, rimanendo sconosciuto, l’accurata
bisogna. Così dal 1783 si va al 1795. Nel 1797 la Cro-
nistoria del Carmine venne in mano del padre Alberto
Angelo Ricciardi, che la tenne fin al 1819; da quest’anno
essa va avanti, per mano d’un altro sconosciuto monaco
dell’ordine, fin al 1825.
È rimasto, nel convento o fuori d’esso, qualche buon
frate ancora il quale, seguitando l’esempio de’ suoi prede-
cessori, abbia continuata la cronaca della chiesa e del con-
vento fin agli anni nostri? Chi lo sa? Ma se così è se-
guito, se qualche superstite dalla soppressione del mona-
stero ne ha voluto serbare quella tradizione, raccogliendo
in un giornale scritto le vicende di esso dal 1825 a que-

sta parte e se, per avventura al contemporaneo cronista
vien sottocchi questo nostro giornale, egli non tardi a co-
municarci il frutto della paziente opera sua. Sarebbe que-
sto un conferire alla storia patria de’ nostri monumenti
un maggior valore e noi avremmo completa la narrazione
delle varie e molte vicende di cui fu oggetto un de’ più
nobili e più antichi di essi.
*
Ed ora, prima di entrare a descriver la chiesa, dal tempo
in cui, rifatta tutta, s’addossò e s’incorporò all’umile e pic-
colo tempio d’una volta, voglio non dimenticare, intorno
al fatto di Corradino, alcune circostanze ad essa attinenti
principalmente.
A quel che se ne sa Corradino di Svevia e Federigo
di Baden furono giustiziati, non lontano dalla piccola chiesa
di S. Maria della Grotticella o della Bruna, nella vasta piazza
moricina. Il posto, vedovo d’ogni memoria, la ottenne sol-
tanto nel 1351, in cui un maestro cuoiaio chiamato Do-
menico de Persio, volle che non si perdessero in tutto
nel ricordo de’ napoletani il nome dell’infelice giovane e
l’indicazione del luogo ove gli fu mozzo il capo. Il cuo-
iaio fece dunque piantare, sull’orientale lato del Mercato,
ove l’esecuzione era avvenuta, una colonna di porfido in
cima alla quale era una croce con suvvi, a rilievo, un cro-
cefisso. Il Cristo stava, effigiato, tra la Vergine e la Mad-
dalena da una parte, e il pellicano dall’altra. Correva al
sommo della colonna una scritta della quale il tempo ha
cancellato qualche lettera, e la scritta era questa :
MCCCLI
f HOC. OPVS. FIERI. FECIT.
MAGR. DNICVS. PVNZVS
. CIO. COIRAR.
HABITATOR. NEAP. ANO. DNI.
Sotto la croce era il distico famoso:
ASTURIS UNGUE LEO CtC.
che più sopra ho citato. La tradizione lo aggiudica allo
stesso Carlo d’Angiò, ma è da credere che que’ versi i
quali possono avere, oltre al crudele, pur ironico signi-
ficato, fors’anco una intenzione malinconica, non fossero
stati dettati da Carlo. A ogni modo nessuno ci ha detto
finora, con certezza ,chi sia stato il loro autore.
Fin al 1781 la colonna e un ceppo che or, assieme
ad essa, si trova nella chiesa di S. Croce del Purgatorio
al Mercato, rimasero in una cappelletta che lo stesso cuo-
iaio edificò sul terreno che il figlio di Corrado IV aveva
bagnato del suo giovane e generoso sangue : un incendio
che è rimasto celebre, quel così detto delle baracche, ne
distrusse in piazza del Mercato, al 1781, meglio di cento-
cinquanta e distrusse pur la cappelletta del Punzio, o Do-
menico de Persio. Fu proprio sventura : essa era tutta di-
pinta nelle pareti attorno, internamente, della storia di
 
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