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Napoli nobilissima — 1.1892

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA


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fabbrica della nuova reggia, quei malumori dovettero arri-
vare al colmo. Il nostro critico fin dal bel principio se
ne fa l’eco.
« Come homo esperto in questa professione di architettura
ardirò di dire il parer mio sopra la elettione del sito dove si è pian-
tato questo palazzo, che non è stato bono, sì come per le infrascripte
cause si dichiarerà, et da questo si cognoscerà che l’architetto che con-
duce questa opera non tiene quella intelligenza che esso pretende di
sapere, et che le persone inesperte anco lo tengono; perchè una per-
sona dotta in questa professione non se seria messo a fare una fa-
brica tale se prima non havesse molto ben considerato et scandagliato
il danno che ne succedeva appresso, oltre la spesa intollerabile, et ri-
dursi poi a far il palazzo in loco incognito Come anco quando ci
fosse occorso qualche discrepantia se ne dovesse pigliar parere e con-
sulto da altre persone intelligenti della professione, che in Napoli non
ce ne mancano, et non voler prosumere di saper lui solo far ogni
cosa et li altri che non sappiano niente
« Adunque dove si fondano le persone a darli quel credito che li
danno, quando esso da per sè si dice essere il primo homo del mondo,
poi che da per sè non sa far niente, et quanto ha mai fatto et va fa-
cendo lo fa tutto con fatighe e senti di altre persone; e poi esso se
ne fa bello et se ne va gloriando? »
Ma chi era, dunque, che scriveva simili cose? Due pa-
role non facili ad intendere furono scritte da altra mano,
ma del tempo, sull’ultima pagina del quaderno contenente
il discorso di cui mi occupo. Nella speranza che m’aves-
sero dato qualche lume a scovrirne l’autore, mi diedi su-
bito a decifrarle, e lessi : cavagna molo. La seconda parola
racchiude un equivoco; perchè chi la scrisse credette che
come del molo di Napoli trattano altre scritture contenute
nel volume, così ne avesse dovuto trattare anche questa.
La prima parola è evidentemente il cognome dell’autore
del discorso; e difatti un Cavagna o Cavagni (T) Giovan


con legatura del tempo, appartenne a un Costantino Cafaro, forse
della lunga progenie dei Cafaro di Cava de’ Tirreni, muratori o eser-
centi arti affini, il più noto dei quali è Pignaloso Cafaro che fu an-
che ingegnere (V. : Filangieri, Indice degli artefici, delle arti mag-
giori e minori — In Docum. per la Storia, le Arti ecc., volume V). La
firma G. C. Cafaro, si legge sul secondo frontespizio che contiene il ri-
tratto del Fontana in mezzo a molti ornati, stemmi ed iscrizioni. Que-
sto Cafaro, dunque, possessore del libro, vi scrisse per entro cose
che riferirò in parte; come a car. 76, dove descrivendosi nel testo i
dipinti della biblioteca Vaticana è detto che in uno di essi si vedono
i settantadue interpreti mandati dal Re Eleazaro, e il Cafaro cancella
Re e scrive a margine : « bestiale ignorantone, Eleazaro fu sacerdote
e pontefice degli ebrei et non Re! Sei un asino ».
Nel margine accanto alla lettera dedicatoria, che sta innanzi al Li-
bro secondo, là dove l’Eccellentissima Contessa di Lemos vien para-
gonata a Semiramide, il Cafaro scrive : « È un ignorante e bestia
questo Domenico Fontana, che pareggia una puttana sceleratissima ad
una signora fra tutte le sue coetanee singulare, così per il vivacissimo
et più che umano ingegno come anche per la formosità del corpo, che
tra tutte quasi fenice risplendeva » In fine è la sottoscrizione Co-
stantino Cafaro in lettere greche.
(1) Benché nel ms. di cui mi occupo sia segnato nella prima for-
ma, che corrisponde pure ad un cognome d’origine lombarda, ho pre-
ferito la seconda, essendo così indicato dal Tortora, che ebbe innanzi
i documenti riguardanti quest’artista (V.: Tortora E., Nuovi Docu-
menti per la Storia del Banco di Napoli, Nap., 1890, p. 36). Degli altri

Battista, architetto, operò in Napoli alla fine del XVI secolo.
Chi lo vuol romano e chi napoletano : la forma che usa nello
scrivere mi pare dia ragione ai primi (0. Si dà come morto
nel 1600; mentre apparisce vivo nel 1605 (2). Tutto è in-
certo nelle poche notizie che si hanno della sua vita. Lo
si è confuso con altri dello stesso nome (3); gli sono attri-
buite senza fondamento opere diverse, anche d’intaglio (4);
gli si danno a discepoli Dionisio di Bartolommeo, che ar-
chitettò la chiesa de’ Girolamini, e Giovan Simone Moccia
che riedificò quella dello Spirito Santo.
Come opere sicure del Cavagni si citano in primo luo-
go, e senza pruove di documenti, la chiesa e il convento
di San Gregorio Armeno o San Liguoro, che avrebbe edi-
ficati nel 1574, insieme con Vincenzo Della Monica (5) : e
poi il Monte o Banco della Pietà con l’annessa chiesa, me-
nati a termine nel 1605. Di ciò si hanno documenti (6), ed
è fortuna; essendo tale edificio notevolissimo, tenuto conto
del tempo in cui fu fatto, per le sue linee corrette e una
maschia e armonica robustezza nelle sue forme (7).
Continua.
Alfonso Miola.


scrittori che ne fanno parola, Ticozzi {Dizionario degli architetti, scul-
tori, pittori, etc., Milano, 1830, I, 301), Milizia {Memorie degli archi-
tetti, Bassano, 1785, II, 66), De Dominici {Vite, etc., Nap. 1840, II, 170)
hanno Cavagni; Catalani {Le chiese di Napoli, Nap., 1845, I, 142),
Filangieri {op. cit., V, 449) ed altri, Cavagna.
(1) Anche il Tortora {op. cit.) lo dice Romano, e a lui dovrebbe
credersi, perchè scrive sulla scorta di documenti; benché in questo
caso non ne citi le parole testuali.
(2) I soliti biografi, De Dominici, Ticozzi, Milizia, etc., lo fanno
morire al 1600, benché il primo attenui con un circa la data. Invece
dal libro del Tortora si apprende che nel 1605 terminò la fabbrica
del Monte di Pietà in Napoli.
(3) Il Bertolotti {op. cit., I, 125) fa ricordo di tre pittori Bergama-
schi cognominati Cavagna, e di un Giovan Battista Cavagna, che nel
1585 dipingeva in Vaticano.
(4) Tali sarebbero i lavori nel coro di S. Pietro a Majella e in
quello di Monteoliveto (V.: Catalani, op. e l. cit.-, De Simone,Le
Chiese di Napoli descritte ed illustrate, Nap. 1845, p. 143, ed altri che
li seguirono — Cfr. : Filangieri, op. cit., II, 323).
(5) Nella Cronaca del Monistero di S. Gregorio Armeno, scritta da
D. Fulvia Caracciolo (ed. da Raffaele M. Zito nella Rivista La Scienza
e la Fede, 1852), e si parla soltanto di Vincenzo Della Monica, pre-
scelto nel 1572, per architetto del monastero da riedificare {Riv. cit.
XXIII, 198).
(6) Così il Tortora {op. e l. cit.): «I Protettori Cesare Miroballo,
« Alfonso Gaetano, Camillo Macedonio, Paolo Balzerano, Ferrante
« Imparato e Giovanni Tommaso Borrelli, ai quali meritatamente si
« dette il nome di secondi fondatori, comperato da Delizia Gesualdo,
« madre e tutrice del minore Francesco Carafa, per due. 16,300, il
« palazzo di D. Girolamo Carafa in contrada Nilo o San Biase dei
« Librari, con la direzione dell’architetto Romano Giovan Battista Ca-
« vagni, e con la spesa di ducati 49,146.57, menarono a termine nel
«1605 la fabbrica dell’attuale Monte di Pietà.» Ed in nota: « Esi-
« stono i giornali e libri maggiori patrimoniali che contengono minu-
« tissimi conteggi della spesa per la costruzione del palazzo, la quale
« durò otto anni, 1597 a 1605. Ma regolarmente la iscrizione dice
« 1599, poiché già nel primo biennio la fabbrica era tanto innanzi da
« potersi aprire molte officine pel pubblico servizio ».
(7) Un altro documento che accenna a un Giovan Battista Cava-
gna, che certamente è il nostro, è citato come esistente nell’Archivio
Municipale di Napoli {Cautele del Tribunale di Fortificazione, voi. II).
 
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