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Nuovo bullettino di archeologia cristiana: ufficiale per i resoconti della Commissione di Archeologia Sacra sugli Scavi e su le Scoperte nelle Catacombe Romane — 6.1900

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Lugano, P.: Le memorie leggendarie di Simon Mago e della sua volata
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https://doi.org/10.11588/diglit.18743#0036
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P. LUGANO

suo ordine di studi, dava contezza dell'operato, facendo osser-
vare che mentre il codice vaticano scoperto dal de Kossi, ri-
cordava all'anno 1375 1 una pietra coll'impronta delle ginocchia
di S. Paolo, già trasferita nella chiesa di S.H Maria nuova, in
realtà « i selci ivi venerati » erano « due e scheggiati agli orli
in guisa da, far credere che venissero così ridotti colla mazza
per facilitarne il trasporto2». Quindi soggiungeva: «Ciascun
selce presenta una cavità simile a quelle prodotte dalla maci-
nazione dello smeriglio, cavità che si riscontrano anche in altri
selci medioevali sulla strada di fronte alla basilica Giulia. Per
poco che i selci di S. Francesca Komana siano stati ridotti di
superficie, le loro cavità dovevano trovarsi alla distanza di almeno
m. 0,80 una dall'altra3». Tale fu il risultato delle premurose
cure del comin. Boni.

Le due pietre pentagone di basalto, in tutto simili a quelle
usate nel lastricare le strade romane, si ammirano tuttavia affisse
al muro della crocerà, in cornu Epistolac, della Chiesa di S. Maria

1 Cod. Vatic. Latino 4265, p. 213 ; cf. Lugano, S.a Maria olim Antiqua
nume Nova, Roma, 1900, p. 25.

2 II chino G. Boni dice (Notizie degli Scavi, luglio 1899, p. 267) che
il sopracitato codice Vat. ricorda una pietra segnata dalle ginocchia di
8. Pietro, ma a dir il vero, ivi leggesi : «... lapis signatus per genu-
flexionem sancii Palili » cf. Lugano, op. e loc. cit. ; Urlichs, Codex uri).
Bom. topogr., p. 173.

L'opinione poi presentata dallo stesso ch. arch. G. Boni, secondo
la quale il lapis del Cod. Vat. 4265, sarebbe stato spezzato e ridotto in
due per facilitarne il trasporto, sembra venga esclusa dalla retta inter-
pretazione del luogo medesimo del codice suddetto. Poiché ivi si parla
del lapis in questione, supponendolo già fisso in uno altare di S. Maria
Nuova, e quindi, dopo che n'era stata fatta la traslazione dalla Chiesa
ove precedentemente conservavasi : il che farebbe intendere non doversi
con troppa facilità pensare a spezzamento di sorta, perchè ne riuscisse
più agevole il trasferimento. — Si dovrà piuttosto vedere se non ne sia
stata fatta ulteriore traslazione, o se il tenore del codice suddetto, nella
singolarità dell'espressione (est lapis signatus) debba intendersi a buon
diritto in senso esclusivo.

3 G. Boni, Notizie degli Scavi di Antichità com. alla E. Accad. dei
Lincei, Luglio 1899, p. 266, 267.
 
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