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Ojetti, Ugo [Editor]; Palazzo Pitti [Contr.]
La pittura italiana del Seicento e del Settecento alla mostra di Palazzo Pitti — Milano [u.a.]: Bestetti e Tumminelli, 1924

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«Figura centrale per eccellenza della scuola napoletana nella prima metà del Seicento... quanto al contenuto dell'arte
sua s'approssima più che ad ogni altro al Domenichino... ma la sua modellazione si fece robusta per gli esempi del
Ribera; i suoi panneggi si atteggiarono in pieghe molli, assai varie, talvolta complicate, ma studiate sempre sul vero
e sempre armoniose; i suoi colori - allorché non s'impoverirono in crudezze di toni decisi - svariarono in delicate gra-
dazioni di tinte, le sue figure pensose, agili e solide rivelarono il pittore che aveva compiuto i suoi studi nella pittura
del ritratto e in un'accorta osservazione del vero, e nello stesso tempo l'uomo che sentiva la verità della vita mona-
stica, il raccoglimento ascetico dei santi, l'alta poesia dei Vangeli.» (De Rinaldis).

STOMER o STOM MATTEO.

«Fiammingo, studiò intorno al 1620 a Roma e risentì probabilmente della maniera di Gheraido delle Notti. Si trat-
tenne poi a Napoli, ove spiegò una larga attività, di cui abbiamo traccia negli inventarii delle antiche collezioni na-
poletane. Verso il 1640 operò in varie città della Sicilia, ed in ispecie a Palermo, a Messina, a Caccamo, lasciando
però importanti tele in parecchi altri luoghi. Nella maggior parte delle sue composizioni egli fa uso degli effetti di luce
a candela, introdotti da Gherardo, e preferisce scene bibliche e mitologiche a mezze figure». (Voss).
STROZZI BERNARDO (detto il Cappuccino o il Prete Genovese).
Nacque a Genova nel 1581, fu scolaro del senese Pietro Sorri, e studiò anche le opere dei maestri locali; ma compì
la sua formazione su quelle del Rubens, e più tardi, a Venezia, su quelle dei grandi veneziani del Cinquecento, a co-
minciar da Paolo Veronese; mentre, forse sull'esempio del Lys e del Feti, si accostava alla maniera del Caravaggio.
Fattosi cappuccino a diciassette anni, a trenta ottenne di vestir l'abito da prete e di uscir di convento; ma nel 1630
fu arrestato e di nuovo rinchiuso a forza in convento, d'onde sembra quasi subito riparasse a Venezia, ove nel 1635
fu nominato monsignore ed ove morì nel 1644. Trattò soggetti religiosi, storici, mitologici, di genere, ed eseguì nume-
rosi ritratti e grandiose decorazioni ad affresco; fu anche, a Genova, ingegnere. Come scuola, può dirsi appartenga,
piuttosto che alla genovese, alla veneziana, al cui rinnovamento contribuì efficacemente. «Sempre un po' impacciato
nel comporre - dice il Fiocco - e nel combinare, la sua vena s'abbandona più fresca e potente nelle semplici cose;
i concerti, i suonatori, poche figure riunite per un bel pretesto di fisionomie appassionate e di vesti sfarzose in un'at-
mosfera fra giorgionesca e caravaggesca»; e con uno squisito gusto del colore e certi impasti sanguigni nelle carni,
che sono una delle sue qualità peculiari.

TANZIO DA VARALLO (Antonio di Enrico).

Nacque in Alagna nel Novarese, circa il 1574; studiò le pitture di Gaudenzio Ferrari e, recatosi a Milano, gareggiò
coi Carloni, lasciando opere sue anche a Novara e a Varallo, ove morì nel 1644. Trattò soggetti sacri, storici, mito-
logici; eseguì prospettive e ritratti, spesso con una tavolozza cupa, quasi livida nelle carni ombrate.

TASSI AGOSTINO.

Nacque a Perugia (altri lo crede bolognese) nel 1566, da una famiglia di nome Buonamici. Fuggito a Roma, prese il
casato del suo protettore, il marchese Tassi, e fu scolaro di Paolo Brill e maestro, poi, a Claudio di Lorena. Relegato, per
gravi mancanze, nelle galere toscane, ne approfittò per dipingere marine; lavorò anche a Genova e a Firenze, e morì a
Roma nel 1644. Eseguì non soltanto paesaggi e marine, ma anche decorazioni architettoniche e prospettiche in affresco.

TASSONE GIUSEPPE.

Nacque a Roma nel 1653; a trent'anni si recò a Napoli e vi rimase fino alla morte avvenuta nel 1737, quando aveva
ottantaquattro anni. Il De Domenici lo loda come animalista, e dice che specialmente le sue pecore erano alta-
mente stimate da artisti e amatori.

TAVELLA CARLO ANTONIO.

Nacque a Milano nel 1667, fu scolaro di Giuseppe Merati e quindi di Giovanni Gruemboech, rinomato per gli in-
cendi che dipingeva nei suoi paesaggi. Fu poi a Bologna, a Firenze, a Pisa, a Livorno, a Genova e di nuovo a
Milano, ove studiò ancora con Pietro Mulier (detto il Tempesta). Tornato a Genova, imitò e copiò le opere del
 
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