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Rosa, Salvatore
Satire — Amsterdam, [1695] [Cicognara, 1038]

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https://doi.org/10.11588/diglit.27075#0087
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E del nostro agirar centro il macello,
Che Tempre oro non è quel, che risplende,
Più d’un Tordo è felice un Pipistrello ,•
Ei non hà chi l’insidia, e chi l’ofsende ,
Mà il viver nosìro, è viver Tempre in rischio.
Se ognun per tutto à trapolarci attende.
Chiama à morir , pjù che à treTcare il fischio }
Ne fi potè adoprar Tchermo , ò riparo
Cò i Tchioppi, e i lacci,colle reti,e il vischio ;
Questo nostro ingranar ci colla caro ,
Strage maggior di Roncisualle,eCanne
Dal Settembre di noi fassi al Gennaro ;
Laberinti per noi son le Capanne,
Il canto è doglia ,il cibo adendo ,e tosco s
Di Paucenzia, e di Siria acri le manne.
O che Ila chiaro il giorno , ò che sia fosco
Per noi non cessan mai Fumane insidie ,
Prodi alla spiaggia, e Tradimenti albosco .•
Fondamento non han le voslre Inuidie ,
Che di llar troppo ben forTe vi duole ,
Son sicure alla fin le véstre accidie i
Lascio per me pellegrinar chi uvole,
Giuro di non uTcìr , che all’aere bruno ,
Lieve perdita fia perder il Sole ;
Torna più conto in pace esler digiuno
Che ingranar con periglio all’altrui tavola ,
Più del Ginepro al fin, Ticuro è il pruno j
A propolito tal dicea nostr’Auola j
Chi cono Tee Tua pace , e non l’apprezza,
DellediTcordiealtrui divien la Favola/
Amare la penuria, e la magrezza ,
Che antiuedere il male è gran guadagno ,
E il Taper contentarsi è gran ricchezza,
Stauan due Rane un tempo in uno stagno,
E fù, Te la memoria non mi Tùaria ;
Nell’età prisea d’Aleilandro Magno >
 
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