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struggere e disertare il paese, eli tutto ciò che del
suo antico splendore serbasse memoria. E colle
parole del sacerdote eliopolitano maravigliosa-
mente si accorda lo stato presente dell'Egitto, ove
rarissimi e, non so per qual buona fortuna cam-
pati , s'incontrano monumenti che appartengono
ad epoche veramente anteriori alla invasione de-
gli Hykscios.

Facile nulladimeno è a credersi che alcune prati-
che dell'Egitto adottassero, dacché ne furono, al-
meno di una gran parte, divenuti padroni. Poiché
un popolo barbaro che venga a sottomettere ed
abitare un paese incivilito, comecché per odio, o
per minuire la propria vergogna, si sforzi di cancel-
lare tra i vinti fin la memoria delle buone istitu-
zioni, pure di alcun buon acquisto, quasi contro
sua voglia, arricchisce. E col linguaggio dei vinti
comincia massimamente a prendere dimestichezza,
finché se ne giova, e lo adotta per suo. Così nelle
bocche dei Longobardi non molto andò che l'idio-
ma d'Italia abituale non divenisse; e gl'imperatori
della China, quantunque Tartari, fecero del parla-
re chinese linguaggio di corte. Lo stesso essere av-
venuto tra gli Hykscios in Egitto, potrebbe facil-
mente congetturarsi, se non avessimo dalla Genesi
chiari argomenti a darcene certezza. Imperocché
Faraone ivi si chiama il re Pastore contemporaneo
di Giuseppe, titolo tutto proprio della lingua e dei
re dell'Egitto. E innalzato il figlio di Giacobbe al-



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