PRE
FAZIONE
Fra gli antichi monumenti che tuttavia ci attestano della romana grandezza, e
che valgono a mostrarci la potenza di Roma ed il dominio che essa aveva esteso
sopra gran parte di mondo, ultimi non sono certamente gli Archi che s innal-
zavano ai trionfatori, o a ricordanza di qualche grande avvenimento.
La nostra Italia per le varie città sue molti tuttavia ne conserva, parte quasi
intatti, parte dal tempo o dalla umana rabbia e barbaria rosi o distrutti. Questi
edificii si fanno ammirare principalmente per estreme bellezze architettoniche ;
e se forse per grandiosità le opere egizie sono oltre modo maravigliose, le opere
romane non meno che le greche ed etnische per la bontà dell arte a quelle cer-
tamente vengono prime. Fra le quali i detti Archi possono offrirsi a modello, in
cui i tre principali ordini di Architettura fanno assai bella mostra. Un opera ,
nella quale venissero ritratti in incisione i più celebrati Archi romani , mi parve
potesse tornare di assai gradimento agli amatori delle antichità e delle arti belle,
non meno che di utile sommo ai coltivatori di esse. Nè fin qui parmi che sia per
anco venuto in pensiero ad alcuno un tale divisamente; se non che Pietro Santi
Battoli pubblicò le sole sculture degli Archi di Roma che vennero illustrate dal
Bellori. Ora io mi ebbi in animo di dare in luce con questa mia opera non sola-
mente gli archi della nostra Città, ma eziandio quelli di tutta Italia, facendo così
conoscere le diverse epoche delFarchitettura e della scultura romana , e i diversi
stili e caratteri di esse; il che non fù esattamente fallo nell’arco di Costantino,
giudicandosi i bassorilievi tutti del buon tempo di Trajano, mentre in esso se ne
vedono pure dei corrotti tempi costantiniani.
1 più antichi di questi monumenti romani vuoisi che siano le due grandi
volte fabbricate da Lucio Stertinio intorno all’anno di Roma 554* Una nel circo
Massimo , l’altra nel foro Boario , come da Livio nel terzo della IV decade c. 8.
E la volta Calpurnia indicataci da Plutarco nelle vite di Tito e di Cajo Gracco: le
quali furono piuttosto ad ornamento della città, che a memoria di alcuno illustre
personaggio. Il primo arco trionfale, di cui a noi sia prevenuta notizia, fu quello di
Fabio Massimo, posto nella via Sacra donde i trionfatori conducevansi al Campi-
doglio, e che fu detto arco Fabiano. Quindi mal si avvisarono parecchi archeologi,
come il Fulvio, il Biondo ed altri, dicendo il primo essere stato quello di Tito,
costumando per Io avanti d’innalzare invece trofei, statue o colonne. Il suddetto di
Fabio fu eretto circa fanno 63^ di Roma, più di cento anni prima dell’era volgare, e
vi s’innalzarono trofei dopo la vittoria riportata sopra gli Allobrogi ; onde fu poi
anche chiamato Allobrogo. Di quest’arco favella fra i moderni il Panvinio e il Nardini,
e fra gli antichi Cicerone, Publio Vittore, Sesto Rufo ed Asconio Pediano, che pure
gli diede nome di volta Fabiana. Biondo da Forlì nella sua Roma rìstaurata (Lib. I.
c. 6.) parlando del monte Aventino dice: “ dove questo colle si volge ai ponti in cui
,, pur ora abbiamo con non poco dolore visti alcuni archi antichissimi di marmo
,, gittarsi dai fondamenti a terra per farne calce; i quali archi si diceva, come pure
,, per alcune iscrizioni che vi erano si conosceva essere stati fatti dagli antichi in
,, onore e memoria di Orazio Coelite Da altra tradizione sappiamo che da circa
due secoli prima esistesse presso Stìsa un’ arco dedicato a Giulio Cesare per la
ricordanza delle Gallie da lui soggiogate- Cogli avanzi di quest’arco fu costruito un
ponte sulla Dora; e lo prova la iscrizione che vi era, la quale ora vedesi murata nel
ponte del Borbo. Due archi egualmente si veggono nel foro di Pompei, il più pic-
colo dei quali dicesi dedicato a Cesare, l’altro a Vespasiano ; ma non so queste per
qual fondamento possa credersi, non essendovi iscrizioni che ce lo assicurino.
Molti poi ne furono eretti ad Augusto; uno de’ quali, secondo Plinio Lib. 36. c. 5,
sul Palatino. Uno a Fano ed un’altro a Rimino, de’ quali sono ancora gli avanzi;
uno semplicissimo a Trieste; un’altro ad Aosta; ed uno finalmente a Susa, che per
la sua iscrizione sembra il più antico, essendo edificato l amio di Roma , otto
anni prima dell’era cristiana. Quello di Aosta si crede eretto due o tre anni dopo
quello di Susa, secondo la iscrizione del trofeo descritto da Plinio (Ist. nat. 1.3. c. 20):
il che verrebbe ad essere sotto la decimosettima o decimottava potestà tribunizia
dello stesso imperatore. Quello di Fano fu restaurato, e quindi dedicato a Costan-
tino, come apparisce dalle torri di barbara costruzione che allora vi si aggiunsero,
le quali non appartengono certo alla costruzione del rimanente, siccome si diede a
credere un moderno architettore. Di quello di Rimino fanno abbastanza fede gli
avanzi della iscrizione illustrata a questi tempi dal dottissimo Bartolomeo Borghesi,
nome oltremodo caro all’Italia. L’arco Campano in Aix è un arco mortuario. Altri
archi sono parimenti a Spello ed a Carsoli, che sembrano pure de’ tempi di Au-
gusto. A Pula in Istria, parte settentrionale d’Italia, evvi pure un arco, ed altro
esisteva in Verona appellato de’Gavii, che fu barbaramente distrutto dalle genti
francesi nel i8o5. Dalla iscrizione si comprende come il primo di questi fosse
eretto di propria pecunia da una Salvia Postuma ad onore di Lepido Sergio suo
marito. Del secondo sappiamo essere stato architetto un certo Lucio Vitruvio Cer-
done, non il celebre Vitruvio Pollione ma forse un liberto di esso. I Veronesi lo
innalzarono ad onore di Cajo Strabene e di Marco Macrone entrambi della gente
Gavia, stati verosimilmente loro patroni o almeno concittadini. L’epoca di questi
archi si assegna pure ad un incirca al tempo di Augusto. A Tiberio successore di
Augusto, dopo le ricuperate insegne di Quintilio Varo, un arco fu pure erette alle
falde del clivo Capitolino appo il tempio della Fortuna, ma negli ultimi scavamenti
non ne fu rinvenuto alcun avanzo. Altro arco dello stessoTiberio si dice che venisse
ordinato dal Senato, e perfezionato da Claudio presso il teatro di Pompeo, come
da Svetonio (in Claud.n. XI') e da Publio Vittore (Reg.iy Si fa pure menzione di un
arco con trofei decretato dal Senato ad onore di Claudio Druso Germanico, che
sottomise le genti settentrionali della Germania. Di questo si veggono avanzi presso
la porta Capena. Un arco poi co’ nomi di Germanico e Druso si trova nella città
di Spoleti.
Quanto era grata la memoria dell’imperatore Tiberio al suo nipote Claudio,
altrettanto il popolo romano si mostrava riconoscente a questo, facendogli erigere
un arco per la vittoria britannica da lui riportata.Questo arco si ha dagli archeologi
moderni che fosse sulla via Flaminia dove oggidì è piazza Sciarra, e di cui a’ tempi
di Flaminio Vacca si vedevano non che le rovine ma eziandio la iscrizione, che fu
quivi rinvenuta col nome di esso Claudio. E ciò secondo il Panvinio ed il Nardini
X 6. c. 9)rMa questo piuttosto è a credersi arco di acquedotto. Crescendo quindi
l’autorità degl’imperatori e con questa, al dire di Tacito, la solita adulazione
de’ sudditi, fu in mezzo al Palatino posto un arco trionfale a Nerone per avere le sue
armi vinte le nazioni de’ Parti. La qual cosa viene pure confermata da una sua me-
daglia dall’Erizzo (pag. 171 ), dalfAngeloni (pag. med. 10) e dal Donati (Z. 2. c. 10).
Tacito nel XV degli Annali c. 18 pone a questo stesso imperatore un altro arco
eretto nell’ intermonzioCapitolino. Più degnamente però il Senato si occupò facendo
erigere un arco a Tito Vespasiano per la conquistata Giudea, il quale è quel desso
che tuttavia sorge alle radici del Palatino, e che fu dal pontefice Pio VII negli ultimi
suoi anni restaurato. Svetonio (zh Domit.n. 13) ci ricorda come l’infame Domiziano
molti ne erigesse con quadrighe ed insegne trionfali per le Regioni di Roma, tra
quali è quello per la vittoria Germanica, figurato pure in una medaglia dello stesso
imperatore. All’ottimo principe Trajano, che tante nazioni a Roma sottopose,
secondo Dione Cassio fu decretato un arco di trionfo nel suo foro, le sculture del
quale poste dipoi ad ornamento di quello di Costantino, ci fanno oggi ben cono-
scere a quanta eccellenza giungessero le arti sotto di lui. Allo stesso Trajano altro
arco fu pure eretto nel molo del porto di Ancona, ed altro in Benevento, i quali
tuttora vi si ammirano intieri. Gl’imperatori Marco Aurelio il filosofo, e Lucio Vero
si vuole che avessero innalzato un arco nella regione settima di Roma, secondo che
lasciò scritto Sesto Rufo; e si crede fosse quello dirimpetto alla chiesa di S. Maria
in via Lata, demolito da Innocenzo Vili: che però da alcuni, come dal Fulvio e
dal Nardini (Z. 4. c. 2) fu giudicato lavoro de’ tempi di mezzo. L’arco di Settimio
Severo e di Antonino Caracalla di lui figlio vedesi ancora in buono stato alle radici
del Campidoglio,avente otto colonne scannellate di marmo caristio, d’ordine com-
posito, e molte sculture, le quali sono fatte con sì poco garbo che ci avvisano già
della decadenza delle arti. Al medesimo Settimio vollero gli argentieri di Roma ed
i mercatanti di buoi far innalzare nel foro Boario un arco, che ancora esistendo, si
chiama volgarmente degli Argentieri. Si sa che nella settima regione venne un arco
innalzato anche all imperatore Gordiano il più giovane, come ci attesta Sesto Rufo
e Publio Vittore; ma incerta essendone la situazione, si crede da alcuni che fosse
quello istesso dinanzi a S. Maria in via Lata e da noi testé rammentato. Nel monte
Esquilino annesso alla chiesa di S. Vito conservasi parte dell’arco dello imperatore
Gallieno e di Salonina sua moglie ; fabbricato non già come altri per opera del
pubblico, ma di un privato denominato Marco Aurelio Vittore. Era questo costruito
di pietra tiburtina ricoperta da stucco; e da due pilastri corintii che ne rimangono,
si vede quanto fosse semplice ma assai di buon lavoro. Finalmente ilMarliano ed altri
asseriscono aver veduto in Banchi, tra il luogo dell antica zecca e la chiesa di
S.Gelso, un arco costruito forse cogli avanzi del trionfale, essendogli vicino il ponte
trionfale; e di questo si riporta dal Nardini 3, p. 112) la seguente iscrizione:
IMP. P.P. CAESSS. D.D.D. N.N.N. GRATIANVS . VALENTINIANVS ET THEODOSIVS . PII . FELICES
ET SEMPER . AVGGG. ARCVM . AD . CONCLVDENDVM . OPVS . OMNE . PORTICVM . MAXIMARVM
AETERNI . NOMINIS . SVI . PEGVNIA . PROPRIA . FIERI . ORNARIQVE . IVSSERVNT.
Dal Millin, dal Millingen e da altri ancora fra i moderni si porta opinione però
che la maggior parte di questi archi fossero porte di città , perchè li trovarono
fabbricati sulle principali vie, o per ingresso appunto di città. La qual ragione però
io non so quanto mai possa tenersi in conto, anzi parmi al tutto insufficiente.
Conciossiachè se questo fosse, noi vi rinverremmo al certo alcun segno che c’indi-
casse essere stati un di da serrarsi o da gangani, o da incastro per calarvi le porte,
siccome difatti si osserva nella tiburtina ed in quella di Pompei, la qual maniera
di chiudere si credeva invenzione saracinesca, se questi esempj non ci avessero di-
mostrato essere invece antichissima. Quanto poi al vederli situati in quei luoghi,
parmi che ciò potesse stare benissimo; poiché qual luogo migliore vi può essere
per innalzare monumenti ad onore di uomini grandi, e di chi si rese benemerito
della sua patria? Certo le principali e più frequentate vie all’entrare della città,
ove potessero essere di continuo esempio ai forastieri non meno che ai cittadini,
perchè vedessero come venisse onorata la virtù, e fosse ad un tempo di stimolo a
grandi azioni a chiunque vi passasse dappresso. Altre ragioni pure saranno da me
accennate in seguito.
Or non mi rimane che a pregare i miei cortesi leggitori di un loro benigno
compatimento per queste mie illustrazioni, le quali scrissi non come uomo di
lettere , ma come artista con la guida bensì degli eruditi scrittori ; senza però
presumere di farmi lodare per eleganza e squisito modo di dire.
FRONTESPIZIO
TAV OLA I.
Questa scena rappresenta un trionfo lungo la via che in tali solennità si tenea
da’ Romani. Partendo il trionfatore dalla valle Vaticana, s’incaminava dalla porta
trionfale al campo Marzio , pel circo Flaminio, pel circo Massimo , per la via
Sacra dinanzi al Colosseo ed al foro Romano, e finalmente per l’arco di Settimio
Severo. Dei trionfi parla a lungo il Panvinio Ludls Circensibus et de Triumphis).
Erano primi i trombettieri ed i tori destinati al sacrificio , coronati di fiori.
Quindi le spoglie dei nemici portate da giovani soldati o sopra carri, e le imma-
gini delle prese città e delle conquistate provincie. Appresso venivano i rè o capitani
prigionieri carichi di catene di ferro, d’oro o d’argento, colla testa rasa in segno
di schiavitù , accompagnati da suonatori e da uffiziali dell esercito. L’ultimo era
un buffone che encomiando i Romani insultava i vinti . Finalmente colui che
trionfava coronato un tempo di alloro, quindi di corona d’oro, e vestito di por-
pora ornato di palme e di oro, veniva preceduto dal Senato e dalle sue truppe
sopra di un magnifico carro tirato da quattro cavalli messi di fronte. Teneva colla
destra un ramo di alloro, e colla sinistra uno scettro di avorio avente all’estre-
mità una piccola aquila. E poiché l’uomo da tali pompe anziché animarsi a glorie
maggiori, può di leggieri farsi vincere di superbia, un pubblico uffiziale gli veniva
dappresso ripetendo: Sovvengati che sei uomo , e pensa allo avvenire. Giunto al Campi-
doglio il trionfatore offeriva un sagrificio a Giove, e teneva un sontuoso banchetto,
indi era condotto al suo palazzo.
In questa via, come si vede, sono figurati emblemi di trionfi, are e cande-
labri accesi, le mura della città , e più da lungi il monte Mario.
FAZIONE
Fra gli antichi monumenti che tuttavia ci attestano della romana grandezza, e
che valgono a mostrarci la potenza di Roma ed il dominio che essa aveva esteso
sopra gran parte di mondo, ultimi non sono certamente gli Archi che s innal-
zavano ai trionfatori, o a ricordanza di qualche grande avvenimento.
La nostra Italia per le varie città sue molti tuttavia ne conserva, parte quasi
intatti, parte dal tempo o dalla umana rabbia e barbaria rosi o distrutti. Questi
edificii si fanno ammirare principalmente per estreme bellezze architettoniche ;
e se forse per grandiosità le opere egizie sono oltre modo maravigliose, le opere
romane non meno che le greche ed etnische per la bontà dell arte a quelle cer-
tamente vengono prime. Fra le quali i detti Archi possono offrirsi a modello, in
cui i tre principali ordini di Architettura fanno assai bella mostra. Un opera ,
nella quale venissero ritratti in incisione i più celebrati Archi romani , mi parve
potesse tornare di assai gradimento agli amatori delle antichità e delle arti belle,
non meno che di utile sommo ai coltivatori di esse. Nè fin qui parmi che sia per
anco venuto in pensiero ad alcuno un tale divisamente; se non che Pietro Santi
Battoli pubblicò le sole sculture degli Archi di Roma che vennero illustrate dal
Bellori. Ora io mi ebbi in animo di dare in luce con questa mia opera non sola-
mente gli archi della nostra Città, ma eziandio quelli di tutta Italia, facendo così
conoscere le diverse epoche delFarchitettura e della scultura romana , e i diversi
stili e caratteri di esse; il che non fù esattamente fallo nell’arco di Costantino,
giudicandosi i bassorilievi tutti del buon tempo di Trajano, mentre in esso se ne
vedono pure dei corrotti tempi costantiniani.
1 più antichi di questi monumenti romani vuoisi che siano le due grandi
volte fabbricate da Lucio Stertinio intorno all’anno di Roma 554* Una nel circo
Massimo , l’altra nel foro Boario , come da Livio nel terzo della IV decade c. 8.
E la volta Calpurnia indicataci da Plutarco nelle vite di Tito e di Cajo Gracco: le
quali furono piuttosto ad ornamento della città, che a memoria di alcuno illustre
personaggio. Il primo arco trionfale, di cui a noi sia prevenuta notizia, fu quello di
Fabio Massimo, posto nella via Sacra donde i trionfatori conducevansi al Campi-
doglio, e che fu detto arco Fabiano. Quindi mal si avvisarono parecchi archeologi,
come il Fulvio, il Biondo ed altri, dicendo il primo essere stato quello di Tito,
costumando per Io avanti d’innalzare invece trofei, statue o colonne. Il suddetto di
Fabio fu eretto circa fanno 63^ di Roma, più di cento anni prima dell’era volgare, e
vi s’innalzarono trofei dopo la vittoria riportata sopra gli Allobrogi ; onde fu poi
anche chiamato Allobrogo. Di quest’arco favella fra i moderni il Panvinio e il Nardini,
e fra gli antichi Cicerone, Publio Vittore, Sesto Rufo ed Asconio Pediano, che pure
gli diede nome di volta Fabiana. Biondo da Forlì nella sua Roma rìstaurata (Lib. I.
c. 6.) parlando del monte Aventino dice: “ dove questo colle si volge ai ponti in cui
,, pur ora abbiamo con non poco dolore visti alcuni archi antichissimi di marmo
,, gittarsi dai fondamenti a terra per farne calce; i quali archi si diceva, come pure
,, per alcune iscrizioni che vi erano si conosceva essere stati fatti dagli antichi in
,, onore e memoria di Orazio Coelite Da altra tradizione sappiamo che da circa
due secoli prima esistesse presso Stìsa un’ arco dedicato a Giulio Cesare per la
ricordanza delle Gallie da lui soggiogate- Cogli avanzi di quest’arco fu costruito un
ponte sulla Dora; e lo prova la iscrizione che vi era, la quale ora vedesi murata nel
ponte del Borbo. Due archi egualmente si veggono nel foro di Pompei, il più pic-
colo dei quali dicesi dedicato a Cesare, l’altro a Vespasiano ; ma non so queste per
qual fondamento possa credersi, non essendovi iscrizioni che ce lo assicurino.
Molti poi ne furono eretti ad Augusto; uno de’ quali, secondo Plinio Lib. 36. c. 5,
sul Palatino. Uno a Fano ed un’altro a Rimino, de’ quali sono ancora gli avanzi;
uno semplicissimo a Trieste; un’altro ad Aosta; ed uno finalmente a Susa, che per
la sua iscrizione sembra il più antico, essendo edificato l amio di Roma , otto
anni prima dell’era cristiana. Quello di Aosta si crede eretto due o tre anni dopo
quello di Susa, secondo la iscrizione del trofeo descritto da Plinio (Ist. nat. 1.3. c. 20):
il che verrebbe ad essere sotto la decimosettima o decimottava potestà tribunizia
dello stesso imperatore. Quello di Fano fu restaurato, e quindi dedicato a Costan-
tino, come apparisce dalle torri di barbara costruzione che allora vi si aggiunsero,
le quali non appartengono certo alla costruzione del rimanente, siccome si diede a
credere un moderno architettore. Di quello di Rimino fanno abbastanza fede gli
avanzi della iscrizione illustrata a questi tempi dal dottissimo Bartolomeo Borghesi,
nome oltremodo caro all’Italia. L’arco Campano in Aix è un arco mortuario. Altri
archi sono parimenti a Spello ed a Carsoli, che sembrano pure de’ tempi di Au-
gusto. A Pula in Istria, parte settentrionale d’Italia, evvi pure un arco, ed altro
esisteva in Verona appellato de’Gavii, che fu barbaramente distrutto dalle genti
francesi nel i8o5. Dalla iscrizione si comprende come il primo di questi fosse
eretto di propria pecunia da una Salvia Postuma ad onore di Lepido Sergio suo
marito. Del secondo sappiamo essere stato architetto un certo Lucio Vitruvio Cer-
done, non il celebre Vitruvio Pollione ma forse un liberto di esso. I Veronesi lo
innalzarono ad onore di Cajo Strabene e di Marco Macrone entrambi della gente
Gavia, stati verosimilmente loro patroni o almeno concittadini. L’epoca di questi
archi si assegna pure ad un incirca al tempo di Augusto. A Tiberio successore di
Augusto, dopo le ricuperate insegne di Quintilio Varo, un arco fu pure erette alle
falde del clivo Capitolino appo il tempio della Fortuna, ma negli ultimi scavamenti
non ne fu rinvenuto alcun avanzo. Altro arco dello stessoTiberio si dice che venisse
ordinato dal Senato, e perfezionato da Claudio presso il teatro di Pompeo, come
da Svetonio (in Claud.n. XI') e da Publio Vittore (Reg.iy Si fa pure menzione di un
arco con trofei decretato dal Senato ad onore di Claudio Druso Germanico, che
sottomise le genti settentrionali della Germania. Di questo si veggono avanzi presso
la porta Capena. Un arco poi co’ nomi di Germanico e Druso si trova nella città
di Spoleti.
Quanto era grata la memoria dell’imperatore Tiberio al suo nipote Claudio,
altrettanto il popolo romano si mostrava riconoscente a questo, facendogli erigere
un arco per la vittoria britannica da lui riportata.Questo arco si ha dagli archeologi
moderni che fosse sulla via Flaminia dove oggidì è piazza Sciarra, e di cui a’ tempi
di Flaminio Vacca si vedevano non che le rovine ma eziandio la iscrizione, che fu
quivi rinvenuta col nome di esso Claudio. E ciò secondo il Panvinio ed il Nardini
X 6. c. 9)rMa questo piuttosto è a credersi arco di acquedotto. Crescendo quindi
l’autorità degl’imperatori e con questa, al dire di Tacito, la solita adulazione
de’ sudditi, fu in mezzo al Palatino posto un arco trionfale a Nerone per avere le sue
armi vinte le nazioni de’ Parti. La qual cosa viene pure confermata da una sua me-
daglia dall’Erizzo (pag. 171 ), dalfAngeloni (pag. med. 10) e dal Donati (Z. 2. c. 10).
Tacito nel XV degli Annali c. 18 pone a questo stesso imperatore un altro arco
eretto nell’ intermonzioCapitolino. Più degnamente però il Senato si occupò facendo
erigere un arco a Tito Vespasiano per la conquistata Giudea, il quale è quel desso
che tuttavia sorge alle radici del Palatino, e che fu dal pontefice Pio VII negli ultimi
suoi anni restaurato. Svetonio (zh Domit.n. 13) ci ricorda come l’infame Domiziano
molti ne erigesse con quadrighe ed insegne trionfali per le Regioni di Roma, tra
quali è quello per la vittoria Germanica, figurato pure in una medaglia dello stesso
imperatore. All’ottimo principe Trajano, che tante nazioni a Roma sottopose,
secondo Dione Cassio fu decretato un arco di trionfo nel suo foro, le sculture del
quale poste dipoi ad ornamento di quello di Costantino, ci fanno oggi ben cono-
scere a quanta eccellenza giungessero le arti sotto di lui. Allo stesso Trajano altro
arco fu pure eretto nel molo del porto di Ancona, ed altro in Benevento, i quali
tuttora vi si ammirano intieri. Gl’imperatori Marco Aurelio il filosofo, e Lucio Vero
si vuole che avessero innalzato un arco nella regione settima di Roma, secondo che
lasciò scritto Sesto Rufo; e si crede fosse quello dirimpetto alla chiesa di S. Maria
in via Lata, demolito da Innocenzo Vili: che però da alcuni, come dal Fulvio e
dal Nardini (Z. 4. c. 2) fu giudicato lavoro de’ tempi di mezzo. L’arco di Settimio
Severo e di Antonino Caracalla di lui figlio vedesi ancora in buono stato alle radici
del Campidoglio,avente otto colonne scannellate di marmo caristio, d’ordine com-
posito, e molte sculture, le quali sono fatte con sì poco garbo che ci avvisano già
della decadenza delle arti. Al medesimo Settimio vollero gli argentieri di Roma ed
i mercatanti di buoi far innalzare nel foro Boario un arco, che ancora esistendo, si
chiama volgarmente degli Argentieri. Si sa che nella settima regione venne un arco
innalzato anche all imperatore Gordiano il più giovane, come ci attesta Sesto Rufo
e Publio Vittore; ma incerta essendone la situazione, si crede da alcuni che fosse
quello istesso dinanzi a S. Maria in via Lata e da noi testé rammentato. Nel monte
Esquilino annesso alla chiesa di S. Vito conservasi parte dell’arco dello imperatore
Gallieno e di Salonina sua moglie ; fabbricato non già come altri per opera del
pubblico, ma di un privato denominato Marco Aurelio Vittore. Era questo costruito
di pietra tiburtina ricoperta da stucco; e da due pilastri corintii che ne rimangono,
si vede quanto fosse semplice ma assai di buon lavoro. Finalmente ilMarliano ed altri
asseriscono aver veduto in Banchi, tra il luogo dell antica zecca e la chiesa di
S.Gelso, un arco costruito forse cogli avanzi del trionfale, essendogli vicino il ponte
trionfale; e di questo si riporta dal Nardini 3, p. 112) la seguente iscrizione:
IMP. P.P. CAESSS. D.D.D. N.N.N. GRATIANVS . VALENTINIANVS ET THEODOSIVS . PII . FELICES
ET SEMPER . AVGGG. ARCVM . AD . CONCLVDENDVM . OPVS . OMNE . PORTICVM . MAXIMARVM
AETERNI . NOMINIS . SVI . PEGVNIA . PROPRIA . FIERI . ORNARIQVE . IVSSERVNT.
Dal Millin, dal Millingen e da altri ancora fra i moderni si porta opinione però
che la maggior parte di questi archi fossero porte di città , perchè li trovarono
fabbricati sulle principali vie, o per ingresso appunto di città. La qual ragione però
io non so quanto mai possa tenersi in conto, anzi parmi al tutto insufficiente.
Conciossiachè se questo fosse, noi vi rinverremmo al certo alcun segno che c’indi-
casse essere stati un di da serrarsi o da gangani, o da incastro per calarvi le porte,
siccome difatti si osserva nella tiburtina ed in quella di Pompei, la qual maniera
di chiudere si credeva invenzione saracinesca, se questi esempj non ci avessero di-
mostrato essere invece antichissima. Quanto poi al vederli situati in quei luoghi,
parmi che ciò potesse stare benissimo; poiché qual luogo migliore vi può essere
per innalzare monumenti ad onore di uomini grandi, e di chi si rese benemerito
della sua patria? Certo le principali e più frequentate vie all’entrare della città,
ove potessero essere di continuo esempio ai forastieri non meno che ai cittadini,
perchè vedessero come venisse onorata la virtù, e fosse ad un tempo di stimolo a
grandi azioni a chiunque vi passasse dappresso. Altre ragioni pure saranno da me
accennate in seguito.
Or non mi rimane che a pregare i miei cortesi leggitori di un loro benigno
compatimento per queste mie illustrazioni, le quali scrissi non come uomo di
lettere , ma come artista con la guida bensì degli eruditi scrittori ; senza però
presumere di farmi lodare per eleganza e squisito modo di dire.
FRONTESPIZIO
TAV OLA I.
Questa scena rappresenta un trionfo lungo la via che in tali solennità si tenea
da’ Romani. Partendo il trionfatore dalla valle Vaticana, s’incaminava dalla porta
trionfale al campo Marzio , pel circo Flaminio, pel circo Massimo , per la via
Sacra dinanzi al Colosseo ed al foro Romano, e finalmente per l’arco di Settimio
Severo. Dei trionfi parla a lungo il Panvinio Ludls Circensibus et de Triumphis).
Erano primi i trombettieri ed i tori destinati al sacrificio , coronati di fiori.
Quindi le spoglie dei nemici portate da giovani soldati o sopra carri, e le imma-
gini delle prese città e delle conquistate provincie. Appresso venivano i rè o capitani
prigionieri carichi di catene di ferro, d’oro o d’argento, colla testa rasa in segno
di schiavitù , accompagnati da suonatori e da uffiziali dell esercito. L’ultimo era
un buffone che encomiando i Romani insultava i vinti . Finalmente colui che
trionfava coronato un tempo di alloro, quindi di corona d’oro, e vestito di por-
pora ornato di palme e di oro, veniva preceduto dal Senato e dalle sue truppe
sopra di un magnifico carro tirato da quattro cavalli messi di fronte. Teneva colla
destra un ramo di alloro, e colla sinistra uno scettro di avorio avente all’estre-
mità una piccola aquila. E poiché l’uomo da tali pompe anziché animarsi a glorie
maggiori, può di leggieri farsi vincere di superbia, un pubblico uffiziale gli veniva
dappresso ripetendo: Sovvengati che sei uomo , e pensa allo avvenire. Giunto al Campi-
doglio il trionfatore offeriva un sagrificio a Giove, e teneva un sontuoso banchetto,
indi era condotto al suo palazzo.
In questa via, come si vede, sono figurati emblemi di trionfi, are e cande-
labri accesi, le mura della città , e più da lungi il monte Mario.