Delle Istorie
i-8
avesse cSgione di temere, e il Duca d’Atene gli
potesse con più autorità difendere, prima per Con-
servatore, e dipoi per Capitano delle lor genti dy
arme io elessero. I Grandi, i quali per le cagioni
dettc disopra vivevano mal ccntenti, e avendo molti
di, loro conoscenza con Gualtieri, quando altre vol-
te in noine di Carlo Duca di Calavria aveva gover-
nato Firenze, pensarono che foffe venuto tempo di
potere con la rovina delia città ipegnere l’ incendio
ìoro, giudicando non aver altro modo a domarquel
popolo che gli aveva afflitti, che ridursi sotto un
Principe, il quale conosciuta la virtù dcIP una par-
te c i’ insolenza deli’ altra, frcnasse l’una, e s aitra
remuncrasse : a che aggiugnevano la speranza dei
bene che ne porgevano i meriti loro, quando pcr
ìoro opera egii acquissasse ii Principato. Furono
pertanto in scgreto più volte seco, e io per-
suasero a pigiiar la Signoria dci tutto, offeren-
dogli quelli aiuti pctevano maggiori. Al!a auto-
rit-A e conforti di costoro s’sggiunse quella d’alcune
famiglie popolane, le quali furono Peruzzi, Accia-
iuoli, Antellesi, e Buonaccorsi, i quali gras ati di
debiti., non potendo dei loro, desideravano di quel
d’ altri ai Joro debiti soddisfare, e con la servitù
deliapatria, dalla scrvitù de’ loro creditori liberarsi.
Queste pcrsuasioni accesero 1’ ambizioso animo del
Duca dimaggior desiderio del dominare, eperdarli
rlputazione di sever.o c giusto, c per quelta via ac-
crescersi 2;razia nelsa plebe, quelii che avevano am-
ministrata la gueira di Lucca perseguitava, e a
Messer Giovnn de’ Me.dici, Naddo Ruccellai, e
Guglichno Altoviti tolse la vita, e molti in esilio,
c moi«
i-8
avesse cSgione di temere, e il Duca d’Atene gli
potesse con più autorità difendere, prima per Con-
servatore, e dipoi per Capitano delle lor genti dy
arme io elessero. I Grandi, i quali per le cagioni
dettc disopra vivevano mal ccntenti, e avendo molti
di, loro conoscenza con Gualtieri, quando altre vol-
te in noine di Carlo Duca di Calavria aveva gover-
nato Firenze, pensarono che foffe venuto tempo di
potere con la rovina delia città ipegnere l’ incendio
ìoro, giudicando non aver altro modo a domarquel
popolo che gli aveva afflitti, che ridursi sotto un
Principe, il quale conosciuta la virtù dcIP una par-
te c i’ insolenza deli’ altra, frcnasse l’una, e s aitra
remuncrasse : a che aggiugnevano la speranza dei
bene che ne porgevano i meriti loro, quando pcr
ìoro opera egii acquissasse ii Principato. Furono
pertanto in scgreto più volte seco, e io per-
suasero a pigiiar la Signoria dci tutto, offeren-
dogli quelli aiuti pctevano maggiori. Al!a auto-
rit-A e conforti di costoro s’sggiunse quella d’alcune
famiglie popolane, le quali furono Peruzzi, Accia-
iuoli, Antellesi, e Buonaccorsi, i quali gras ati di
debiti., non potendo dei loro, desideravano di quel
d’ altri ai Joro debiti soddisfare, e con la servitù
deliapatria, dalla scrvitù de’ loro creditori liberarsi.
Queste pcrsuasioni accesero 1’ ambizioso animo del
Duca dimaggior desiderio del dominare, eperdarli
rlputazione di sever.o c giusto, c per quelta via ac-
crescersi 2;razia nelsa plebe, quelii che avevano am-
ministrata la gueira di Lucca perseguitava, e a
Messer Giovnn de’ Me.dici, Naddo Ruccellai, e
Guglichno Altoviti tolse la vita, e molti in esilio,
c moi«