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Visconti, Filippo Aurelio [Editor]; Guattani, Giuseppe Antonio [Editor]; Nibby, Antonio [Editor]
Il Mvseo Chiaramonti aggivnto al Pio-Clementino (Band 2): Con in fine le incisioni e le illustrazioni di due statue di bronzo recentemente acquistate — Rom, 1837

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https://doi.org/10.11588/diglit.3591#0061
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TAVOLA XIV.

3 5

cettui la estremità inferiore del corno di Amaltèa , qualche pezzo di dito, e
qualche tassello insignificantissimo delle pieghe, nel rimanente non solo è in-
tatta ) ma conserva tutto il nitore primitivo della superficie , in modo che si di-
rebbe uscita di fresco dallo studio dell'artista- E qui è da notarsi, che quan-
do venne scoperta, mancava della testa, la quale però non tardò a compari-
re i picciola distanza, e siccome il marmo è identico, il lavoro è eguale,
le proporzioni sono le medesime, che quelle della statua, ed il carattere è
appunto quello che gli antichi attribuirono alla Fortuna , composto di gioven-
tù di risolutezza, e di imperiosità , perciò reca maraviglia come alcuni abbia-
no' potuto asserire che essa non appartenga al tronco (4).

E questa immagine non ci offre già una rappresentazione della Tyche
di Omero (5), figlia dell'Oceano, ed una delle compagne di Proserpina, ma
sibbene di quella nata secondo gli Orfici dal sangue del mistico Eubuleo (6),
e che Pindaro appellò la più forte delle Parche (7) , la salvatrice figlia di
Giove Liberatore (8), quella che era arbitra suprema della vita e della mor-
te (9), della felicità e della miseria (io), delle ricchezze e della indigenza (n),
la signora del mare (n), che come nel liquido elemento diriggeva le navi
rapide (13)5 muoveva a suo modo sulla terra le guerre impetuose (14), e
regolava i dibattimenti del foro (15), la dea dell'agricoltura e della pastori-
zia , del commercio e della navigazione , identica perciò a Cerere e a Pane,

,'■'£■* a Leu-

FORTUNA

(4) Lo stesso. Nuova Descrizione eie* Monumenti ec- contenuti
nel\ Vaticano , e nel Campidoglio p. 89.

(5) inno a Cerere v. 4ao- ? passo ricordato da Pavisania lib. IV-

e. XXX.

Aswxtktffi 5 $«jvw ts, xca HXsfcTpvj , nat Iav3vj ,
Kai MsXroj, la^o ts , P'ssta ts , Kallippov ts ,
MyXsfiooig ts , Tv%n ts , wa Qxupsvj xaXyxwmg.
Noi tutte quasi lunghesso il bel prato
• I^eucippe , Feno , Elettra , e Jante, e Melile y

Jache, Rodia , Calliroe , e Melobosi ,
E TIGNE e Ociroe dal purpureo viso,

PINDEMONTE.

È da notarsi una leggiera svista, o licenza dell'insigne volgarizza-
tore, che pone Rodia in luogo di Roèa come porta il testo Pesta.

(6) Inno alla Fortuna che è il L.XXI. v* 3?

ug'yaXwvupv 9 %)8ovh)o§

Sulla natura, le funzioni, e la corrispondenza dell'orfico Eubuleo
veggasi Rolle Recherches sur le Culle de Bacchus Tom. I. p- 9>

e seg. 208. e seg.

(7) Framm. Inc. LXXV. ricordato da Pausania lib. VII. e. XXVI.
il quale dice di essere dello stesso parere di Pindaro in altre cose
di una tal ode, che or più non rimane, e particolarmente in
questa che Tyche o la Fortuna era una delle Parche , ed avea
maggior potenza delle sorelle : E74) #sv cuv nw&zpcu za zi alla nuùoixas
tvj w&vj xat Moipov ts sivai \xiav tvjv Tu/vjv, xai vmp zaq adsXyas zi tc%ouv,

(8) Nella ode XII. degli Olimpici così la invoca/
Ai<3ao[j.at noci Zvvog EXsuSspwu

Ifispot sujsuffSsys' a/A
yi noia 2wtsw« Tu^a.
Che il chiarissimo Borghi tradusse 3
Del sovran degli Dei
Autor di libertà , figlia sincera ,
Pon mente ai voti miei,
E tessi ognor felice

Destin qual suoli alla possente Imera,
Fortuna servatrice.
(9) Orfeo Inno LXXF. la chiama perciò Evofow , che mette in,
strada , vr/sp-sv/jv , che guida , e rvp.{kììuw,, sepolcrale.
(io) Lo stesso ivi.

(ti) Dione Crisostomo oraz. LXIII. e LXIV.
(«9) Orazio lib. I. ode XXXV. v. 6.
te dominam aequoris
Quicumque Bithyna lacessit
Carpalhium pelagus carina-
(i3) Pindaro Olimp. ode XII. v. 4. e seg,

Tw yxp sv jtovltì TtujSspvwvlaf %oai

Nasg

Fra *' sonanti perigli

Tu reina del mar sola governi

Gli animosi navigli.

borghi.
(14) Lo stesso ivi v. 5.

sv XBPa? TS lacp-ripoi noli\xoi.
che Orazio nella ode di sopra notata volta in questo modo :
Te Dacus asper , te profugi Scythae
Urbesque , gentesque , et Latium ferox ,
Jìegumque matres barbqrorum , et
purpurei metuunt tyranni:
Iniurioso né pede proruas
Stantem colùmnam ; neu populus frequens
Ad arma csssantes, ad arma
Concitet imperiumque frangat.
Quindi Dione Crisostomo nella orazione LXIII. dice, che la For-
tuna è la vittoria di coloro che guerreggiano; avn, jfcXs/wvrav pa

0X1 VOftJ.

fi'5) K«7opat fìc-Axyopoi. Pindaro 1. n.
Tu /a rapida guerra
E tu del Foro le conlese allenii
Arbitra sola in terra.

BORGHI.
 
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