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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0126
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C tx/ N T 0

L.
Ma che giovava, oimè, che del periglio
Vicino ornai fosse presago il core j
S'irresoluta in ritrovar consiglio
La mia tenera età rendea il timore?
Prender fuggendo volontario esiglio,
E ignuda uscir del patrio regno fuore
Grave era sì, eh' io sea minore (lima
Di chiuder gli occhi , ove gli apersi in prima
LI.
Temea, lassa, la morte , e non avea
( Chi 1 crederia ? ) poi di fuggirla ardire ;
E seoprir la mia tema anco temea ,
Per non affrettar 1' ore al mio morire.
Cosi inquieta e torbida traea
La vita in un continovo martire $
Qual uom eh' aspetti, che sui collo ignudo
Ad or ad or gli caggia il ferro crudo.
tu.
In tal mio fiato, o fosse amica sorte ,
O eh'a peggio mi serbi il mio dettino,
Un de' minifiri della regia corte,
Che '1 Re mio padre s'allevò bambino,
Mi seoperse che '1 tempo alla mia morte
Dal Tiranno preseritto, era vicino ;
E ch'egli a quel crudele avea promesso
Di porgermi il velen quel giorno stesso.
lui.
E mi soggiunse poi, ch'alia mia vita
Sol fuggendo allungar poteva il corso j
E poich' altronde io non sperava aita,
Pronto osfrì se medesmo al mio soccorso;
E confortando mi rendè sì ardita,
Che del timor non mi ritenne il morso^
Sicch'io non disponessi all'aer cieco,
La patria e '1 zio fuggendo, andarne seco B
 
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