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Tasso, Torquato
La Gerusalemme liberata — Venedig, 1745

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https://doi.org/10.11588/diglit.5052#0468
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C Ji N T 0

XLII.
Ma già tolte le mense, ella che vede
Tutte le viste in se fìsTe ed intente:
E eh' a' segni ben noti ornai s'avvede,
Che sparso è il suo velen per ogni mente :
Sorge, e si volge al Re dalla sua sede
Con atto insieme altero e riverente :
E quanto può magnanima e feroce
Cerca parer nel volto, e nella voce.
XLIII.
O Re supremo, dice, anch'io ne vegno
Per la fe, per la patria ad impiegarme.
Donna son' io} ma regal donna : indegno
Già di Reina il guerreggiar non parme.
Usi ogn' arte regal chi vuole il regno :
Dansi all'istessa man lo seettro, e l'arme.
Saprà la mia (né torpe al ferro, o langue)
Ferire, e trar delle ferite il sangue.
XLIV.
Nè creder che sìa quello il di primiero,
Ch'a ciò nobil m'invoglia alta vaghezza y
Che 'n prò di nostra legge , e del tuo impero
Son'io già prima a militar avvezza.
Ben rammentar dei tu s'io dico il vero ;
Che d'alcun'opra nostra hai pur contezza:
E sai, che molti de' maggior campioni,
Che dispieghin la Croce, io fei prigioni.
XLV.
Da me presi ed avvinti, e da me furo
In magnifico dono a te mandati :
Ed ancor si sranano in fondo oseuro
Di perpetua prigion per te guardati :
E saretti ora tu via più sicuro
Di terminar vincendo i tuoi gran piati ;
Se non che'l fier Rinaldo, il qual uccise
I miei guerrieri, in libertà gli mise.
 
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