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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 4
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Salmi, Mario: Arte romanica fiorentina, [1]
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0299
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ARTE ROMANICA FIORENTINA

NEL periodo romanico in Toscana, ogni scuola di lapicidi ebbe le sue specifiche caratte-
ristiche dipendenti oltre che dalle naturali tendenze e dalle tradizioni artistiche locali, dal
materiale che gli artefici potevano più facilmente o esclusivamente lavorare. La storia di queste
maestranze non è stata ancora fatta perchè si compenetra con quella degli edifìzi che esse innal-
zarono od abbellirono nella città e nelle campagne quasi del tutto inesplorate; ma è possibile
tuttavia distinguere le varie maniere, che l’arte decorativa marmorea usò nei tre centri dove ebbe
massima fioritura: Pisa, Lucca e Firenze. A Pisa che ha il suo periodo migliore nella seconda
metà del secolo XII, facendo capo a Maestro Guglielmo autore del pulpito (1162) oggi nella
cattedrale di Cagliari, predomina l’ornato a tralci fortemente intrecciati e annodati con foglie
frappate, a grosse nervature, tormentate dai trafori del trapano come si traforava nei bassi
tempi romani. Tale maniera che, a parte piccole differenze, si estese nell’Italia meridionale,
è ben rappresentata a Pisa dai plutei presbiterali del duomo ora divisi fra il Camposanto e
il Battistero; e giunge da un lato fino a Volterra, dall’altro fino a Pistoia. E questa la corrente
maggiormente diffusa che si trova anche nel territorio lucchese, ad es., nella bella facciatina
di San Jacopo all’Altopascio, chiesa che all’interno conserva fra le altre ragguardevoli sculture
romaniche, una formella che appartenne forse agli antichi recinti del coro. E circondata da
una cornice a pampani di vite, similissima a quella che recinge l’architrave della porta di
Sant’Andrea a Pistoia e nell'interno il marmo ha disegni a stellette ed a tralci un tempo
ripieni di pasta vitrea (fig. 1). Ma alla lastra fu data poi destinazione diversa: vi si apri, forse
ai primi del sec. XV, uno sportello per utilizzarla come ciborio ed oggi si vede murata in una
cappella.

Lucca ascrive al miglior tempo della sua scuola (primi del sec. XIIl) la facciata della
Cattedrale, le logge della facciata di San Michele in Foro e le fronti di altre chiese minori:
larghe foglie di forma rotonda compongono i suoi lavori d'intaglio, a forte aggetto, come
rilevate e sbalzate sul metallo, tecnica vigorosa del tutto romanica, che si diffonde nel con-
tado dove sono da enumerarsi opere ragguardevoli.

Firenze, rimane fedele più d’ogni altra terra alle sobrie tradizioni classiche e il lavoro
d’intaglio si congiunge all 'opus sedile, cioè all’intarsio marmoreo di due colori: il bianco col
verde di Prato o col verde dell’ Impruneta.

Ora, è più facile seguire cronologicamente lo svolgimento dei motivi decorativi a traverso
le opere minori, quando queste ci rimangono, come pulpiti, fonti, altari, cancelli presbiterali, ecc.
che nelle maggiori opere come le chiese, che furono fatica di molti anni durante i quali si
avvicendarono intorno ad esse, maestranze diverse che produssero con diversa tecnica. Anzi,
analizzando nei monumenti minori i motivi usati, si potrà risalire con più sicura preparazione
a distinguere maniere di stile e quindi di tempo, nei monumenti maggiori.

L’arte romanica fiorentina conserva tuttora tanto materiale di studio che è bastevole per
tracciare questa evoluzione decorativa che è quanto mi propongo di far qui.

L'Arte. XVII, 34.
 
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