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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 17.1914

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Fasc. 5-6
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Fiocco, Giuseppe: L'Esposizione d'arte Veneziana al Burlington Fine Arts Club di Londra
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https://doi.org/10.11588/diglit.24141#0418
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384

GIUSEPPE FIOCCO

Salomè recante nel bacile la testa del Battista (n. 8, racc. Benson), che non è se non una
ripetizione quasi senza varianti e quasi altrettanto bella del capolavoro della Pinacoteca Doria
a Roma, degno di chiudere il periodo più schiettamente giorgionesco di Tiziano.

Con il ritratto di Laura Dianti del 1523 c. (n. 31, racc. di Sir F. Cook) e con quello
severo di Giacomo Doria (n. 20) inviato da Lady Wernher, che ci conduce sino a dopo la
metà del XVI secolo e con un Salvator Mundi (n. 36) del conte di Darnley, che ricorda quelli
di Vicenza e di Pietroburgo e il ritratto di Lavinia (?) (n. 29) del conte Spencer, queste due
opere terminate non senza l’aiuto della scuola, vediamo il Vecellio padrone assoluto di tutta
la sua prodigiosa tecnica, equilibrato e sicuro creare con facilità magnifica opere che sono
quasi tutte dei capolavori.

Trascurando le pitture di scuola, che per quanto abbastanza diligenti come la Sacra Con-
versazione (n. 54), inviata dal Museo di Glasgow, il Matrimonio di Santa Caterina (n. 42) di
Sir F. Cook o la Figlia di Erodiade di Sir George Holford (n. 12) attribuita al Pordenone;
un pasticcio derivato da opere tizianesche, quali la Salomè Doria e la Maitresse du Titien
del Louvre non sono che l’eco affievolita di una grande voce, ricorderò qualche quadro di
artisti secondari ma piacevoli, come dello Schiavone un ritratto (n. 46) inviato da Sir G. Hol-
ford e la storia di Lara (n. 11) di Herbert Cook, in cui il pittore, pur seguendo da presso
Bonifacio, pare andare a ritroso e ritrovare la freschezza di Giorgione.

I pittori trevisani sono rappresentati da una Sacra Famiglia tizianesca del marchese di
Bath (n. 22) e da una Madonna col Bambino della raccolta Benson (n. 26): assai graziosa e
anch’essa più prossima allo spirito e alla gentilezza di Giorgione che a Tiziano, ma che non
ha la caratteristica durezza d’impasto e di segno per esser data, come fa dubitativamente il
Berenson, al Caprioli, il quale è rappresentato da un’opera genuina e firmata (1528): un ritratto
d’uomo (n. 35) del Bowes Museum di Barvard Castle, che non è davvero gran cosa.

Ricorderò per ultimo, perchè facilmente identificabili, un quadretto che spetta a questa
Esposizione solo perchè è battezzato come opera di scuola veneziana intorno al 1540, mentre
è invece ad evidenza di Lelio Orsi da Novellara; un Narciso che sta presso a una fonte dalle
modanature barocche, quadretto facilmente identificabile, oltre che per certa grazia parmigia-
ninesca del nudo efebo, per il colore tutto cereo e grasso cosi particolare della scuola di Parma
(u. 37, inviato da Sir Kenneth Muir-Mackenzie).

Nel ritratto di signora vista di fronte e appoggiata a un parapetto, che portala scritta:
«Joannes Bellinus F. » (n. 44), opera inviata da Lord Somers, si ravvisa invece facilmente un
raro esemplare di quell’Alessandro Oliverio bergamasco, che anche qui mescola al suo debole
fare, prossimo a quello di Gerolamo da Santacroce, un qualche discreto accento palmesco, e
ben starebbe accanto alle altre due di questo raro maestro, esistenti nella National Gallery
of Ireland a Dublino.

Nè va dimenticata la piccola ma scelta raccolta di disegni del Pordenone, del Lotto, del
Carpaccio e di Tiziano, tutti esposti per liberalità del signor Henry Oppenheimer.

Mi sia infine permesso terminare queste poche note con riconoscenza per chi mi fu largo
di notizie e di cortesie ed è di queste esposizioni dell’antica arte italiana animatore sapiente
e amoroso: il dott. Tancred Borenius.

Giuseppe Fiocco.
 
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