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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 24.1921

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Fasc. 4
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Lavagnino, Emilio: S. Pietro a Toscanella
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https://doi.org/10.11588/diglit.17341#0248
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KM ÌLIO LA V AGNINO

spirituali quel vigore che Sembrava scomparso
dopo l'età romana, che un qualche gruppo di
maestri comacini, numerosissimi in (pici periodo
in Viterbo, restaurò e forse ingrandì la basilica.
La data precisa di questi restauri ci vien data dalla
iscrizione che si legge sul ciborio:

f RICCARDUS PRAESOL TUSCANUS CENT'JMCELI ICUS

ATQUE BUÌDANUS
t SIT RICCARDUS PARADISI SEDE PARATUS
f EGO PETRUS PRESBITI'R HOC OPUS FIERI IUSSI
j ANNO AB INCARNATIONE DOMINI MILLESIMO

NON AG ESIMO TFRTIO

E sotto in un canto:

f PETRUS P. B. R. BLEDAN

j RAINERIUS P. B. R. URBIVETAN.

Questo ciborio di San Pietro è composto di
quattro archi a tutto sesto, sostenuti da quattro
colonne di marmo bianco con capitelli simili fra
loro e di stile composito; gli archi, per mezzo di
una cimasa molto semplice, sorreggono una coper-
tura a piramide quadrangolare, e lungo la cimasa
si legge la iscrizione che ho riportato qui sopra.
L'altare è semplicissimo, costruito in tufo e mat"
toni: la mensa è formata da una gran lastra di
marmo bianco che doveva far parte del pavimento
di una qualche antica costruzione romana.

Anche le ultime due arcate delle navate, come
ho già avuto occasione di dire, sono opera della
fine dell'xi secolo, ma tre soli furono i capitelli
fatti in quel periodo per sorreggere questa nuova
parte della basilica, poiché i restauratori adatta-
rono a sostegno del primo arco di sinistra un ca-
pitello corinzio di buona fattura romana; i tre
nuovi capitelli, se si pensa all'epoca in cui vennero
fatti, li dobbiamo giudicare ben proporzionati
alla colonna ed all'arco che sostengono, e pur
avendo un aspetto completamente proprio, che
fa pensare alle pesanti celate, agli elmi aguzzi
ed alle armature dei guerrieri di quell'epoca, pre-
sentano una certa tendenza al capitello corinzio.

Le mensole squadrate che, nella costruzione
dell'VI II secolo interrompevano il giro degli
archi della navata, vennero ripetute anche nelle
due arcate dell'xi secolo, ma il forte dente squa-
drato delle mensole primitive si sminuzza nelle
nuove e si frastaglia in profili di cornicione, in
chiocciole, in punte, e con il frastagliarsi del marmo
e quindi delle ombre, scompare quel carattere di
severità conferito all'arco dal taglio netto delle
mensole più antiche.

La facciata di San Pietro, che nell'antica co-
struzione doveva essere molto semplice, venne
nel xni secolo rinnovata, ingrandita, sovracca-
ricata di ornamenti. Probabilmente un umbro

fece la decorazione intorno alle bifore e alla rosa,
e aprì la sottostante galleria. Dell'antica chiesa
rimasero solo i capitellini della porta centrale,
il resto fu tutto rifatto e nella sua linea generale
risultò quale lo vediamo ancora oggi, ingioiellato
però più tardi forse da un Cosmato.

Una galleria snella, leggera, che con le sue belle
forme prelude all'altra simile di Santa Maria Mag-
giore, ugualmente in Toscanella, divide il corpo
centrale della facciata in due parti distinte, una
inferiore, in cui si apie la porta, e l'altra superiore,
ora occupata in gran parte dal rosone.

Non credo sia possibile ricostruire esattamente
quale doveva essere la porta di San Pietro a To-
scanella nella sua riedificazione del xm secolo,
certo però che i sei capitellini, su cui oggi poggia
il libero giro dell'arco, e che appartengono alla
chiesa dell'vin secolo, furono adoperati anche
nel xni dal marmoraro che fece la porta, della
(piale possiamo ancora oggi osservare la parte più
importante, cioè il fregio coronato dalla punta di
diamante che un marmoraro umbro o forse un
Cosmato restauratore mantenne al suo posto.

Questo fregio è diviso in ventinove tondini,
di questi i primi tredici, a cominciare da destra,
rappresentano l'anno seduto con la chiave e lo
scettro ed i dodici mesi caratterizzati ciascuno dal-
l'opera umana ad esso corrispondente. Le teste
delle figurette sono enormi, i menti a cono rove-
sciato, i piccoli corpi tozzi a tubo, le gambe brevi
con i piedi divaricati e le braccia eccessivamente
lunghe e piegate ad angolo retto. Queste figurine
che fanno pensare ai disegni dei bambini, sono così
rozze ed imprecise che in molti dei tondi non si
può riconoscere l'opera umana rappresentatavi.

Nei tondi alla sommità dell'arco quattro aquile,
evidente ricordo classico, inarcano le ali.

Nei dodici tondini sulla sinistra riconosciamo
quelli che dovrebbero rappresentare i segni dello
zodiaco, posti in corrispondenza ai mesi dell'anno.
Ma se per le opere dell'uomo era difficile ricono-
scere il significato delle varie figurazioni, per questi
segni dello zodiaco la cosa diviene addirittura
impossibile, poiché, mentre alcuni segni come
quello dei pesci, del sagittario, del montone, sono
facilmente riconoscibili, negli altri tondi vediamo
rappresentati una serie di animali senza nessun
ordine apparente e comprensibile.

All'estremità della galleria due grifi con le ali
inarcate piantano gli artigli in due mostricciattoli
personificazione del demonio. Subito sopra alla
galleria, un bel cornicione è sorretto da ventiquat-
tro mensole recanti ognuna scolpita una faccia
d'uomo o di animale o di mostri».

Sempre nel corpo centrale della facciata si os-
servano due figure di tori sporgenti, che poggiano
 
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