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8 Studii d'artisti nella Roma antica

lapio (il cui presente collocamento mi è ignoto) era stato visto e
descritto dal Winkelmann nel cortile del palazzo Verospi, insieme
con altre sculture trovate a sant'Agnese fuori le mura. Egli è evi-
dente che il simulacro era stato messo su nel capannone di « Pie-
tro Vassalletto e figlio » in occasione di qualche grande restauro
trecentesco alla chiesa Costantiniana, o alla vicina Kotonda - bat-
tistero-mausoleo della vedova di Annibaliano. Vi è un terzo
esempio di questa abitudine. Sulla destra dell'attuale ingresso
di santo Stefano Rotondo al Celio è collocata una cattedra mar-
morea, ove si vuol piamente credere che sedesse Gregorio il Grande
in occasione della recita di qualche omelia. La cattedra reca in-
ciso il nome del marmorario Johannes, al quale ha forse servito
di modello per qualche trono episcopale.

E qui giovi osservare che i classici scultori romani, ottenuto
un certo grado di fama, o forse anche, per motivo di personale
orgoglio, non solevano volgarizzare i loro studi mediante ré-
elwmés, mentre gli umili scarpellini incidevano parole altisonanti
sulle mostre delle loro botteghe. Così in una tabella, oggi con-
•servata nella galleria lapidaria vaticana, si legge : Diis manibus
titulos scribendos vel si quid opéris marmorarii opus fuerìt hic ha-
bes (qui si incidono lapidi sepolcrali, e si eseguisce qualunque
ordine per lavori da marmista). .

Ma uno degli studii più notevoli, la memoria del quale è giunta
sino a noi, è quello scoperto nell'area della villa Brancaccio in via
Merulana. Appartiene all'epoca dei Flavii, e formava una Colonia
speciale di artisti originarli dalla città di Aphrodisias di Caria.
Plinti muniti delle loro firme (Flavio Zenone, Flavio Criserote etc.)
sono stati ritrovati, non solo nei terreni Brancaccio alle Sette Sale,
ma anche in piazza Galileo, e alla porta Latina. Si può giudicare
dell'importanza di questi stabilimenti di riproduzione dal fatto
che questi Afrodisii avevano perfino un cappellano o àqxisqsvg,
salito alla dignità di vir perfectissimus.' Per ciò che spetta alla loro
abilità nel tradurre in marmo capolavori greci di bronzo, basti
 
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