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Belvedere: Monatsschrift für Sammler und Kunstfreunde — Band 7.1925

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Tinti, Mario: Un romantico del Cinquecento
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https://doi.org/10.11588/diglit.69286#0205

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MARIO TINTI
L'illustre biografo dei pittori »eccellenti«, capintesta dell'accademismo e aulicismo Medicei,
vero critico ufficiale dell'epoca, loda bensi il Pontormo per le sue qualita formali e decorative
piü aderenti alla convenzione fiorentina; lo segue, anche, e lo ammira,nel suo limpido e pene-
trante naturalismo; ma allorche il pittore, frugandosi le viscere, ne trae i nuovi accenti del suo
singolarissimo talento e spicca ilvolo per le regioni chimeriche del romanticismo,Vasari, come
un bravo psichiatra dei nostri tempi, lo dichiara anormale e lo mette in contumacia.
» Guastando e rifacendo oggi quello ehe aveva fatto ieri — sono ancora parole del Vasari —
si travagliava di maniera il cervello, ehe era una compassione; ma tuttavia andava sempre
facendo nuovi trovati, con onor suo e bellezza dell'opera .. . .«. Fu cosi ehe dette vita a
quei due portenti di semplicitä e di schiettezza ehe sono le due lunette di Poggio a Cajano,
le quali precorrono di tre secoli 1'accezione del piü libero naturalismo.
Allorche il duca Alessandro de' Medici lo chiamd a dipingere le logge della sua villa di
Careggi; ben conoscendolo, ordind gli si dasse la compagnia di qualche altro artista, ehe
con la sua conversazione lo tenesse allegro, e distraendolo dalle sue fantasticherie e impe-
dendogli di stillarsi il cervello lo inducesse a lavorare e far presto. E a Castello la madre
di Cosimo I, Maria Salviati, adirata per i suoi indugi, dovette minacciarlo di fargli disfare
i ponti di accesso al lavoro, per deciderlo a distaccarsi dai dipinti ehe da anni conduceva
in cotest'altra villa medicea. 11 suo spasimo creativo culmind negli affreschi dell'abside
di San Lorenzo. Vi pend intorno circa undici anni. » Alcune volle andando per lavorare,
si mise cosi profondamente a pensare quello ehe volesse fare, ehe se ne parti senza aver
fatto altro in tutto il giorno, ehe stare in pensiero«. Raffiguravano il »Diluvio universale«,
la »Risurrezione della Carne«, ed altre storie del Vecchio e del Nuovo Testamento.
Quando finalmente l'opera, in cui l'artista si era proposto di condensare tutta la poten-
zialitä della sua arte, venne scoperta, non fu compresa; dispiacque appieno; venne
acerbamente biasimata e derisa. Al Vasari, ehe vi scorse anzitutto la piü completa
trasgressione di ogni regola, proporzione e ordine di prospettiva, essa dette tuttavia un
indefinito senso di turbamento e di malinconia. . . .
Jacopo, che nel macerante lavoro aveva teso tutto l'arco delle sue forze e del suo spirito,
ambasciato da tanto insuccesso, di li a poco mori.
L'opera dispiacque anche in tempi successivi, tanto che nel 1738 fu coperta a calce.
Ma la descrizione che il Vasari ce ne fa, sebbene accompagnata dai segni ben chiari della
sua disapprovazione, e sopratutto i disegni e gli schizzi che di essa ci rimangono, ci fanno
intravvedere di quanta originalitä di spirito e potenza di emozione dovesse essere animato
questo estremo conato della dramatica Pontormesca. Non esito a ritenere che insieme
all'affresco del Parmigianino per il »catino« della »Steccata« di Parma (mai eseguito,
com'e noto, ma di cui ci rimane un eloquente schizzo) e ad alcune opere del Greco,
sia uno dei piü geniali segni precorritori di un ritorno romantico.

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