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Bulletin du Musée National de Varsovie — 37.1996

DOI issue:
Nr. 1-2
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Miziołek, Jerzy: Meleagro, Diana e Atteone su un cassone fiorentino nel Museo Nazionale di Varsavia
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https://doi.org/10.11588/diglit.18945#0024
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La problematica del dipinto di Varsavia, complessa tanto nell’iconografia, nel
contenuto ideale, nelle fonti letterarie e formali, quanto nella datazione,
richiede un esame ben più approfondito di quelli tentati finora. Un lavoro
possibile oggi in virtù dei contributi citati, di altri studi che hanno dato conto
di rappresentazioni coeve prima ignote, analoghe o somiglianti per contenuto
e forma, infine di numerosi studi di storia della letteratura e della cultura del
tardo Medioevo e del primo Rinascimento.

La Caccia al cinghiale di Calidone

La fronte del nostro cassone, 34 x 128 cm, è suddivisa chiaramente in tre scene
principali raffiguranti rispettivamente la Caccia al cinghiale di Calidone (fig. 3),
il Bagno di Diana e delle sue compagne sotto lo sguardo di Atteone (fig. 15) e,
infine, la Morte di Atteone (fig. 22). La scena mediana, come già osservato dagli
studiosi, costituisce il centro non solo compositivo, ma anche ideale dell’intero
dipinto. Tutte e tre le scene sono ambientate al limitare di una selva o macchia,
su un terreno roccioso, costellato di caratteristici alberelli a basso fusto, fioriti
o coperti di frutti. A sovrastare le tre scene principali, in secondo piano, due
costruzioni (o capanni) dal tetto spiovente e una moltitudine di personaggi: (da
sinistra a destra) un pescatore con la lenza e, di fronte a lui, una fiera difficilmente
identificabile; un falconiere; un cacciatore armato d’arco, altri due armati di
lancia; un monaco assorto in meditazione; una donna accanto a un misterioso
animale all’interno di un clipeo e altre due figure di cui una tiene al guinzaglio
un cane e, sulla spalla destra, dei volatili abbattuti, l’altra in procinto di
introdursi in una delle due costruzioni.

La prima scena principale da sinistra raffigura la Caccia al cinghiale di
Calidone. Il mito poteva essere noto all’autore del dipinto oppure, più
verosimilmente, a chi ne concepì i contenuti12. Quella più probabile, le
Metamorfosi di Ovidio, era conosciuta oltre che in originale e, perlomeno, nelle
due traduzioni trecentesche di Arrigo Simintendi da Prato e Giovanni de’
Bonsignori da Città di Castello, anche in versioni allegoriche e moralizzate13.

tiranno sui cassoni del primo Rinascimento”, Prospettiva, in corso di stampa; idem, “La storia di
Achille su due cassoni fiorentini dell’ultimo Trecento”, Mitteilungen des Kunsthistoriseben Institutes
in Florenz, in corso di stampa; si veda inoltre idem, “Europa and the winged Mercury on two cassone
panels from the Czartoryski Collection”, journal of the Warburg and Courtauld Institutes, LVI, 1993,
pp. 63-74; idem, “The story of Lucretia on an early-Renaissance cassone at the National Museum
in Warsaw”, in questo Bulletin, XXXV, 1994, pp. 31-52, particolarmente le pp. 42 e sgg.

9 M. Laciotte, ““Un chasse” du Quattrocento florentin”, Revue de l’art, 40/41, 1978, n. 14.

10 RF. Watson, The Garden of Love in Tuscan art of the early Renaissance, Philadelphia 1979, p. 158.

11 P. Simons, Lesbian (In) visibility in Italian Renaissance culture: Diana and other cases of donne
con donne, in: Gay and lesbian studies in art history, ed, by W. Davis, Haworth 1994, p. 98 dove
viene datato 1420ca. Ringrazio l’autrice per le fotocopie dell’articolo.

12 M. Baxandal, (Painting and experience in fifteenth-century Italy, Oxford 1986, p. 3) sottolinea
che: “In the fifteenth century painting was still too important to be left to the painters”.

13 Arrigo Simintendi, Le Metamorfosi d’Ovidio (L’Ovidio maggiore) 1333-1334, a cura di C. Basi
e C. Guasti, 3 voli, Prato 1846-1850; Giovanni de’ Bonsignori, Ovidio Metamorphoseos vulgare
(1375-1377), Venezia 1522; cfr. B. Guthmiiller, Ovidio Metamorphoseos vulgare, Boppard am Rhein

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