Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Bulletin du Musée National de Varsovie — 37.1996

DOI Heft:
Nr. 1-2
DOI Artikel:
Miziołek, Jerzy: Meleagro, Diana e Atteone su un cassone fiorentino nel Museo Nazionale di Varsavia
DOI Seite / Zitierlink: 
https://doi.org/10.11588/diglit.18945#0039
Überblick
loading ...
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
“Si percossero il petto con urla repentine e si
disposero intorno a Diana, a coprirla con
i propri corpi. La dea, rossa di vergogna e
d’ira attinse ciò che aveva, l’acqua; la gettò
su quel volto virile, cospargendone con
vendicativi fiotti i capelli; e queste parole
aggiunse, presaghe di futura rovina:
racconta or pure di avermi vista priva di
vesti; purché tu lo possa raccontare” (III,

179-194).

La scena raffigurata sul cassone di Varsavia non è ambientata in una specie
di antro, come nell 'Ovide moralisé en verse (fig. 13), ma alla luce del sole, né
Diana è irrorata dalle anfore delle sue ninfe, come avviene invece in
un’illustrazione del Codice Panciatichi 63 del 1370 circa (fig. 16) conservato
presso la Biblioteca Nazionale di Firenze e contenente la versione italiana delle
Metamorfosi, opera di Arrigo Simintendi50. Diana e le sue nove ninfe (tutte, al
pari della dea, con il capo circonfuso di luce), stanno in piedi in un lavacro di
pietra quasi circolare contornato di rocce appuntite e alberi a basso fusto. Sul
volto di tutte si coglie un moto di verecondia, manifestata anche dal gesto di
coprirsi il seno con le mani. Hanno infatti visto giungere da destra Atteone con
un farsetto rosso, l’espressione del viso turbata e la mano destra sollevata in
cenno di saluto o di venerazione51. Diana è di certo la bagnante dall’espressione
corrucciata e i capelli raccolti neìVintrecciatolo (acconciatura che molto ricorda
quella della donna seduta con falcone della prima scena) che, lo sguardo
puntato su Atteone, sta attingendo l’acqua che spruzzerà sul volto dell’intruso.
Nei boschetti sottostanti al lavacro si scorge un coniglio (o una lepre), mentre
su uno spunto di roccia in primo piano a sinistra giace, assopito, un cerbiatto,
di dimensioni ridotte, ma già provvisto di corna. In questo caso le analogie più
significative andranno cercate nel già menzionato desco da parto del Fine Arts
Museums di San Francisco (fig. 14)52: lo stesso lavacro tondo; un gruppo quasi
altrettanto numeroso di fanciulle nude (undici); Atteone posizionato dalla

50 A.M. Francini Ciaranfi, “Appunti su antichi disegni fiorentini per le “Metamorfosi” di Ovidio”,
in: Scritti di Storia dell’arte in onore di Ugo Procacci, I, Milano 1977, pp. 177-182, fig. 166;
Degenhart e Schmitt, 1980, II, 3, Kat. 710, tav. 178: Vedere i classici. L’illustrazione libraria dei testi
antichi dall’età romana a tardo medioevo, Roma 1996, pp. 249-251 e fig. 169. Un interesante, anche
se modestissima rappresentatione del mito di Atteone si trova nel manoscritto patavino di Berchorio
dell’ultimo Trecento, ora custodito a Bergamo (Biblioteca Civica, Cassaf 3.4, fol. 32 v), si veda Codici
e incunaboli miniati della Biblioteca Civica di Bergamo, a cura di M. L. Gatti Perer, Bergamo 1989,
cat. no. 122, p. 288. Del manoscritto tratta anche C. Lord, Illustrated manuscripts of Berchorius
before the age of printing, in: Rezeption der “Metamorphosen”, 1995, pp. 1-11.

51 Di questo gesto tratta R. Brilliant, Gesture and rank in Roman art. The use of gesture to denote
status in Roman sculpture and coinage. New Haven 1963, pp. 23-25.

52 Cfr. n. 30.

33
 
Annotationen