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Bulletin du Musée National de Varsovie — 37.1996

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Nr. 1-2
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Miziołek, Jerzy: Meleagro, Diana e Atteone su un cassone fiorentino nel Museo Nazionale di Varsavia
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https://doi.org/10.11588/diglit.18945#0044
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18. Leopardo, particolare del
cassone nel Museo Nazionale di
Varsavia

catena e, sopra, una muta di cani che azzannano un cinghiale (fig. 21). Si può
dunque presumere che in Italia i leopardi fossero impiegati nella caccia66. Ancor
più notevole è il fatto che il leopardo, generalmente nella stessa posa del nostro,
ma sotto forma di motivo reiterato in diversi ordini, adorna i frontali di
numerosi cassoni fiorentini a pastiglia dorata del primo Rinascimento, ad
esempio quelli conservati a Villa I Tatti, al Museo Bar dini di Firenze e al Castello
di Monselice67. La popolarità dell’animale o, comunque, del motivo del leopardo
accovacciato, è attestata dalle fonti d’archivio raccolte dallo Schiapparelli, in cui
sono variamente citati ‘leopardi orati’ o ‘leopardi rilevati’68. In qualche caso il
motivo adorna anche il vestiario maschile, come su un cassone con scena nuziale
del Victoria and Albert Museum di Londra, datato intorno al 1430 (fig. 20)69 e

66 Fossi Todorow, 1970, tav. 9. Infatti numerose illustrazioni dell’epoca mostrano leopardi
(gattopardi) nell’atto di aggredire diversi animali; si veda Watson, 1979, fig. 75; Tresidder, 1981,
fig. 33 e p. 485, n. 26 dove vengono menzionate le cacce quattrocentesche con pardi (leopardi) o con
panthere, cui partecipano “gentilhomini e dame a cavallo”.

67 L. Vertova, “I Tatti”, Antichità Viva, Vili , 6, 1969, figg. 55 e 57; N. Barbantini, Il castello di
Monselice, Venezia 1940, fig. 227 con estesa didascalia.

68 Schiaparelli, op.cit. I, 1983, pp. 259 sg.

69 Schubring, 1923, no. 56, tav. 9; Schiaparelli, 1983, I, fig. 161.

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