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Bulletin du Musée National de Varsovie — 37.1996

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Nr. 1-2
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Miziołek, Jerzy: Meleagro, Diana e Atteone su un cassone fiorentino nel Museo Nazionale di Varsavia
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https://doi.org/10.11588/diglit.18945#0049
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“...sul gocciolante capo impone corna di cervo
longevo, accresce il tratto del collo, modella
a punta l’estremità delle orecchie, muta le
mani in piedi, le braccia in lunghe zampe e
riveste il corpo di chiazzato vello...”

Braccato dai propri cani, dopo un lungo inseguimento ne viene dilaniato.
Testimoni dell’agonia di Atteone-cervo sono i compagni di caccia ignari, al pari
dei cani, della sua metamorfosi. In conclusione il poeta soggiunge (ìbidem,
253-255):

“Il commento al fatto soggiace a incertezze:
alcuni ritengono la dea più crudele del giusto;
altri la lodano e la chiamano degna della sua
verginità austera. ”

Come le due precedenti scene dello stesso cassone, anche la terza è
praticamente delimitata dai massicci rocciosi disposti tutt’intorno. A differenza
di quanto avviene nell ’Ovide moralisé (fig. 13) e in molte altre rappresentazioni
seriori, Atteone denota una mutazione solo parziale, limitata al capo. Ormai
riverso in terra, con le braccia incrociate in una posa innaturale, assalito da tre
cani, è circondato da quattro personaggi maschili: uno lo trattiene per le corna,
un secondo lo colpisce alla testa (o semplicemente lo contiene) con un bastone.
Degli altri due che si precipitano su di lui da dietro le rocce, solo uno è armato
di randello sollevato nell’atto di colpire. Assistono al drammatico evento anche
altri due personaggi con bastoni o picche in spalla, raffigurati a sinistra. Il più
avanzato si volta verso il compagno nello stesso tempo additando Atteone-cervo.
Si tratta, forse, di altri compagni del figlio di Aristeo. La morte di Atteone non
illustra fedelmente il testo di Ovidio, ma probabilmente le Metamorfosi non
furono la sola fonte letteraria mutuata nell’ideazione del dipinto. La visione degli
antichi compagni che si avventano su Atteone insieme ai cani potrebbe rivelarsi
unica nell’arte rinascimentale. Esiste, invero, la fonte letteraria degli Integumenta
Ovidii di Giovanni di Garlandia del XIII secolo, diffusa in Italia incluso Firenze
sia nel tardo medioevo sia in epoca rinascimentale, che recita:

“Atteone tremante di paura fu ucciso dai suoi
famigli durante la caccia e dato ai cani”76 *

e non si può escludere che la scena varsaviana della morte di Atteone differisca
dalle altre proprio in virtù di questa fonte. In larga misura la sua composizione

76 Giovanni di Garlandia, 1933, p. 48. Della conoscenza dell’opera di Giovanni di Garlandia

a Firenze tratta Ghisalberti, ibidem, pp. 9-12. Si veda anche Born, 1934, pp. 372 sg.

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