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D'Amelio, Pasquale
Nuovi scavi di Pompei: casa dei Vettii ; appendice al dipinti murali — Neapel, 1899

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https://doi.org/10.11588/diglit.9337#0005
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IP O JVL 3P 3EC I

CASA DEI VETTII

INTRODUZIONE

bna delle composizioni pittoriche più frequenti in Pompei è quella che rappre-
' senta Bacco ed Arianna nell'isola di Nasso. Il dio, seguito da satiri e da me-
nadi, s'imbatte nella bella figliuola di Minosse, la quale dorme distesa al suolo
sopra un letto di fiori , ignara o forse resa solo presaga del perfido abbandono
di Teseo da tristi sogni. Un giovine satiro si affretta a sollevare pian piano un
lembo del manto, che la ricopre ; e il dio resta preso di ammirazione per quelle
forme divine, che non d'un tratto, ma quasi successivamente si svelano al suo
cupido sguardo, facendolo passare di meraviglia in meraviglia. Al suo ridestarsi,
Arianna non è più mortale fanciulla, ma partecipa insieme col dio ad una nuova
vita, clic non conosce tramonto.

11 mito di Arianna simboleggia la storia di Pompei. Addormentatasi sotto il
grave ammanto di cenere e di lapillo, la bella città campana, dopo un lungo ab-
bandono , trova anch' essa il suo nume tutelare nel genio del Re Carlo III.0 che
la richiama a vita immortale. E' un secolo e mezzo che la zappa dello scavatore
si riscalda nel rimuovere il denso velo ; è un secolo e mezzo che il pensiero umano
si sforza a rianimare questa bella , morta per asfissia nel pieno fiore della sua
giovinezza. Ma nessun lavoro, per quanto faticoso, nessuno sforzo, per quanto
intenso, fu mai coronato da premio maggiore. Pompei, novella Arianna, contrac-
cambia il dono della risurrezione ottenuta, con lo svelarci tutti i segreti della sua
vita inlima, tutte le sue forme artistiche. E il popolo italiano, Bacco novello, e
i visitatori di tutto il mondo, tiaso infinito, guardano stupiti le meraviglie, che
il lento, ma coscienzioso lavoro dello scavatore va discovrendo,

Una delle più mirabili scoperte recenti è senza dubbio la bellissima casa dei
Vettii, disterrata dalla fine dell'agosto 1894 a quasi tutto il 1895, e con la quale
ben poche altre case pompejane possono entrare in gara così per la splendida de-
corazione, ond'è ornala, come pel modo lodevolissimo, con cui la Direzione degli
scavi si è studiata di conservarne e, sino ad un certo punto, d'integrarne i pre-
gevoli avanzi. Quel gajo peristilio, con le sue antiche aiuole, con le sue statuette,
con le sue vasche; quel portichetto, ricostruito secondo le antiche tracce; quelle
stanze, di cui par fatta ieri la decorazione; quella piccola cucina col suo focolare,
sul quale poggiano ancora la graticola di ferro e la caldaja di bronzo, fanno la
impressione che gl'inquilini della casa siano tutti usciti per assistere ad una pub-
blica solennità , e che torneranno a momenti. Solo il genio di Goethe o di uno
Schiller saprebbe vestire di ossa e di carne quelle larve, cui la visita di quella
casa suscita nella fantasia dell'artista e dello studioso. Rimanendo a contemplare
tutto quell'insieme artistico, così gelosamente custodito, non si può non trovar
vera l'affermazione del Goethe, il quale disse che di tutte le sciagure piombate
sul mondo nessuna arrecò maggior diletto spirituale alla posterità! A un siffatto
diletto non poteva esser chiusa 1'anima artistica del Commendatore Pasquale D'A-
melio, il benemerito editore delle pareti pompejane ; e però, affrontando un di-
spendio non lieve, offre qui una illustrazione completa della casa dei Vettii, per-
chè dagli occhi del viaggiatore, rimpatriato, non svanisca la dolco visione avuta
sotto il bel cielo del mezzogiorno d'Italia, fra le magiche rovine di Pompei.

Più fortunata delle altre belle e maggiori case di Pompei, le quali oggi por-
tano indicazioni arbitrarie , la nostra casa è passata alla posterità col nome dei
suoi antichi abitanti. Due suggelli in bronzo, rinvenuti nell'atrio e dei quali l'uno
ha la leggenda A (uli) Vetti Restituii e 1' altro porta il nome A (uli) Vetti Con-
vivacs, come pure un anello di bronzo, che nel castone ha le sigle A (uli) V (etti)
C (onvivaes), ci autorizzano a ritenere che la casa, al tempo della catastrofe al-
meno fosse abitata da una famiglia di Velili, nota da numerosi programmi elet-
torali ed appartenente al ricco ceto della colonia.

L'androne b (fauces) è preceduto dal piccolo vestibolo a {vesiibulum), nel quale si
entra dalla strada, montando due scalini di lava. Nelle grandi case di Pompei non suole
mancare il vestibolo, che privo affatto di chiusura rimaneva aperto ai passanti: qui di buon
mattino i clienti aspettavano che il togato si levasse di letto.

Qualche passante dovè tracciare, con un chiodo o altro istrumento, sulla parete a si-
nistra di chi entra in questo vestibolo, poco al di sopra dello zoccolo rosso, l'annunzio di
una donna greca a nome Eulychis, dimorante forse nelle vicinanze, la quale al vilissimo
prezzo di due assi dispensava i suoi favori.

In fondo al vestibolo si trovava la porta d' entrata, la quale è da supporre che si aprisse
solo per introdurre persone di riguardo, mentre una porticina di disimpegno, che aprivasi a
dritta di chi entrava nel vestibolo, introduceva le persone di famiglia e i servi.

La decorazione dell'androne ~b (fauces) h a fondo nero, scompartito in riquadrature,
di cui ciascuna contiene nel mezzo un quadretto rettangolare a fondo rosso, con rappre-
sentanze di animali: notevole è il quadretto con gli attributi di Mercurio, cioè il montone,
un vaso e, sotto la tavola, sul suolo, la testuggine. In questa medesima casa incontreremo
di nuovo altrove gli attributi del dio del commercio , i quali associati al sacrifizio alla
Fortuna, che vedesi dipinto sopra una delle pareti dell'atrio, fanno a buon diritto argo-
mentare che i Vettii esercitassero qualche commercio o industria, al cui fortunato sviluppo
dovevano la loro non comune agiatezza. Ma, se furono solleciti d'invocare sulla loro
azienda la protezione di Mercurio e della Fortuna, non trascurarono, d' altra parte, di
scongiurare qualunque fascino o malefico influsso , facendo dipingere, in questo stesso
androne sullo stipite destro del vano d'ingresso all'atrio, una assai caratteristica imma-
gine di Priapo.

Montando uno scalino di lava, si entra nell'atrio c {atrium), che ha pianta regolare,
ed è relativamente ampio. Era tuscanico {atrium tuscanicum), vale a dire che il tetto
era costituito di quattro falde o ali, internamente inclinate, ed aveva perciò nel mezzo
un lanternino {compluvium), pel quale entravano l'aria, la luce e le piovane, che si
raccoglievano in un bacino rettangolare e poco profondo, cavato nel mezzo del pavimento
(impluvium). L'impluvio della nostra casa era rivestito di lastre marmoree, con orlo
esterno rilevato, e conteneva assai probabilmente una fontanina.

Il pavimento dell'atrio, come quello dell'androne ù, è una specie di battuto, disseminato
di pezzetti di marmo bianco disposti in linee parallele. Della bellissima decorazione delle
pareti si parlerà nella illustrazione della tav. Vili.

Nell'atrio erano collocate due casse forti n. 1 e 2: della cassa n. 1 si vedono avanzi della
parte anteriore e inferiore, coi piedi; dell'altra n. 2 i soli piedi. Poggiavano ambedue sopra
sodi di muratura, ai quali erano stabilmente assicurate con un robusto pernio di ferro.
L' ossatura n' era di legno, come si rileva dalle tracce non dubbie, rimaste sul superstite ri-
vestimento esterno di ferro, che era fermato sul legno per mezzo di un gran numero di bor-
chie di bronzo, distribuite in modo da formare una decorazione a disegno geometrico. Solo
nel lato anteriore si conservano tracce di una ornamentazione più ricca, consistente in una
fascia di rabeschi di bronzo sovrapposti a rilievo alla lamina di ferro.

L'androne b è situato fra i cubicoli d, e, che per essere decorati in maniera assai tra-
scurata appartennero forse a persone di servizio; 1' uno certamente dovette essere occupato
dal servo atriense. Nel cubicolo e si notano due quadretti con le rappresentanze di Arianna
abbandonata da Teseo (parete sinistra) e di Ero e Leandro (parete diritta), come pure un
vivajo di pesci nella parte supcriore delle pareti.

Sul lato meridionale dell'atrio si trova dapprima la stanza f {oecus), la quale probabil-
mente potè essere anche adibita per sala da pranzo (triclinium). La decorazione a fondo
bianco n' è ricca, ma ben distribuita e per nulla affastellata. In ciascuna delle riquadrature
centrali delle pareti era un dipinto; però oggi non se ne conservano che due soli, essendo
stato il terzo (quello sulla parete orientale) distrutto da un foro fatto dagli scavatori poste-
riori. Dei due dipinti che avanzano, l'uno rappresenta Ciparisso che sta per essere trasfor-
mato in cipresso; l'altro ritrae la lotta di Amore e Pane alla presenza di Bacco e di Arianna;
soggetto bellissimo, che dalla poesia e dall' arte alessandrina passò nella pittura murale
campana, come quello che concreta un' idea morale altissima, cioè la superiorità del sen-
timento sulla forza bruta. Nelle riquadrature laterali delle pareti erano quadretti circo-
lari a fondo rosso-cinabro, dei quali ora rimangono quattro; il primo, a cominciare dalla
parete est, rappresenta un Amorino con gli attributi di Mercurio. E a cavallo di un mon-
tone, e col capo coverto dal petaso tiene nella dritta il caduceo e la borsa , mentre con
la sinistra si afferra alle corna dell' ariete. Nel secondo vedesi un Amorino seduto sopra

li

Line des peintures que l'on rencontre le plus fréquemment à Pompei est celle qui
lf? représente Bacchus et Ariane dans l'île de Naxos. Le dieu suivi de salyres
et de ménades, rencontre l'adorable fille de Minos; elle dort étendue sur un
lit de fleurs, ignorant ou devinant peut-être par de funestes présages le per-
fide abandon de Thésée. Un jeune satyre soulève doucement le voile qui la re-
couvre; le dieu demeure saisi d'admiration devant ces formes divines qui se dé-
couvrent peu à peu à son regard avide. A son réveil, Ariane n' est plus une
mortelle; elle jouit avec le dieu d'une nouvelle existence qui sera éternelle. La
fable d'Ariane est en quelque sorte le symbole de l'histoire de Pompéi. Cette
superbe ville de la Campanie, après s' être endormie sous un épais manteau de
cendres et de pierres, retrouva elle aussi son dieu tutélaire dans le roi Charles III
qui la rappela à une vie immortelle. Depuis un siècle et demi, le pic de 1' ou-
vrier cherche à la dégager de son lourd manteau de cendres. Depuis un siècle
et demi la pensée humaine s'efforce de redonner la vie à cette beauté morte
d'asphyxie dans la fleur de la jeunesse. Aussi aucun travail, fût-il le plus pénible,
aucun effort, fût-il le plus intense n'a-t-il été couronné d'un plus beau succès.
Pompéi, une nouvelle Ariane, nous révèle en échange de sa résurrection, tous
les secrets de sa vie intime, nous dévoile toutes ses formes artistiques. Et le
peuple italien, nouveau Bacchus, et le monde entier, thiase infini regardent éton-
nés ces merveilles qu' un travail lent mais consciencieux met à jour. Une des
plus récentes et des plus admirables excavations est la maison des Vettii avec
laquelle bien peu de maisons pompéiennes peuvent rivaliser par les splendides
décorations qui 1' embellissent. Les travaux d'exhumation ont duré depuis la fin
du mois d'Août de 1894 jusqu'à la fin de l'année 1895, et c'est avec un soin
inoui que la Direction des fouilles a cherché à préserver et à reconstituer jusqu'à
un certain point ces restes précieux.

A la vue du gai péristyle avec ses antiques plates-bandes, ses statuettes et
ses bassins, du joli portique, des pièces dont la fraîche décoration semble dater
de hier, de la petite cuisine avec son foyer sur lequel ont voit encore le gril en
fer et le chaudron en bronze, nous avons 1" impression que les habitants de la
maison viennent de sortir pour assister à quelque solennité publique et qu' ils
vont revenir d'un moment à l'autre. Il faudrait le génie d'un Goethe ou d'un
Schiller pour faire revivre les fantômes que la vue de cette maison suscite dans
l'imagination de l'artiste et du savant. Goethe disait bien vrai en affirmant que
la destruction de Pompéi était le désastre qui avait procuré le plus de jouissances
intellectuelles à la postérité. L'esprit artiste do Monsieur le Commandeur Pasquale
d'Amelio, l'éditeur émérite des peintures murales pompéiennes devait être frappé
par cette grâce et cette beauté; et c'est grâce à de généreux sacrifices d'argent
qu'il peut offrir aujourd'hui une illustration complète de la maison des Vettii.
Ce sera un souvenir qui empêchera le voyageur, de retour dans sa patrie, d'ou-
blier la douce vision entrevue sous le beau ciel d'Italie, parmi les ruines splen-
dides de Pompéi. Presque toutes les grandes et belles maisons de Pompéi n' ont
eu que des appellations arbitraires. Celle dont nous venons de parler, plus heu-
reuse que les autres a passé à la postérité sous le nom de ses anciens habitants.
Deux cachets en bronze, retrouvés dans l'atrium l'un desquels porte l'inscription
A (uli) Vetti Restituti, et 1' autre le nom A (uli) Vetti Convivaes ainsi qu' un
anneau en bronze, dans l'encaissement duquel on voit les sigles A (uli) V (etti)
C (onvivaes), nous autorisent à croire que la maison devait être habitée, du
moins au temps de la catastrophe, par une famille des Vettii, connue par de
nombreux programmes d'élections et faisant partie de la noblesse de la colonie.

L' andron (*) b (fauces) est précédé par le petit vestibule a {vesiibulum) dans lequel
on entre après avoir monté deux escaliers en lave. Le vestibule ne manque presque ja-
mais dans les gran les maisons de Pompéi; dépourvu de clôture, il restait ouvert aux pas-
sants; c'est ici que les clients du matia attendaient que 1' homme de robe se fût levé.

Quelque passant traça, sans doute avec un clou ou autre instrument, sur la paroi à
gauche de celui qui entre dans ce vestibule, un peu au dessus de la plinthe rou^e, l'an-
nonce d'une femme grecque appelée Eutychis, qui demeurait peut-être près de là, et
dispensait ses faveurs pour le vil prix de deux as.

Au fond du vestibule on trouvait la porte d'entrée, qui, on doit le supposer, ne
s' ouvrait que pour introduire des personnages de distinction, pendant qu' une petite porte
de service, qui s' ouvrait à la droite de celui qui entrait dans le vestibule, donnait accès
aux membres de la famille et aux domestiques.

La décoration de 1' andron b (fauces) est sur fond noir, et partagé en compartiments,
dont chacun contient au milieu un petit tableau rectangulaire à fond rouge, représentant des
animaux; on remarque entre autres celui avec le3 attributs de Mercure, c'est-à-dire le mou-
ton, le vase , et sous la table, sur le pavé, la tortue. Nous retrouverons de nouveau dans
une autre partie de la maison les attributs du dieu du commerce , lesquels associés au
sacrifice à la Fortune , que l'on voit peint sur une des parois de l'atrium, nous donnent
droit de supposer que les Vettii exerçaient quelque commerce ou industrie, à l'heureux
développement desquels ils devaient leur aisance peu commune. Mais s'ils s'étaient
empressés d'invoquer sur leur maison la protection de Mercure et de la Fortune, ils ne
négligèrent pas, d'un autre côté, d'éloigner toute influence maléfique et de mauvais œil,
en faisant peindre dans ce même andron, sur le jambage droit de la porte d'entrée de
1' atrium, une figure de Priape très caractéristique.

En montant un escalier en lave, on entre dans l'atrium c, d'un plan régulier et
assez large relativement au reste de la maison. Il était toscanique {atrium tuscanicum)
c'est-à-dire que le toit était formé de quatre ailes, inclinées à l'intérieur, et avait par con-
séquent une baie au centre, {compluvium) par laquelle entraient l'air, la lumière et les eaux
pluviales, qui allaient se réunir dans un bassin rectangulaire peu profond, creusé au milieu
du pavement {impluvium). L'impluvium de notre maison était revêtu de dalles en mar-
bre, avec un bord extérieur relevé , et contenait très probablement une petite fontaine.

Le pavé de l'atrium , de même que celui de 1' andron b, est une espèce de macadam
parsemé de petits morceaux de marbre blanc, disposés en lignes parallèles. On parlera de
la splendide décoration des parois dans 1' illustration de la table VIII.

Dans l'atrium étaient placés deux coffres forts, N.° 1 et 2; on voit les restes de la
partie antérieure et inférieure du coffre fort n.° 1, avec les pieds; de 1' autre n.° 2 on ne
voit que les pieds. Tous les deux étaient placés sur des bases en maçonnerie, auxquelles
ils étaient solidement fixés par une agrafe en fer. Le chàssis était en bois , comme
on peut le voir des traces restées sur le chàssis extérieur en fer , qui était fixé sur le
bois par un grand nombre d'agrafes en bronze, distribuées de façon qu'elles forment une
décoration en dessein géométrique. Les traces d'une décoration plus riche, une espèce
de bande d'arabesques en bronze, superposées en relief sur la lame de fer, sont conser-
vées seulement sur le côté antérieur.

L' andron b est placé entre les cubiculums d et e, qui, étant décorés d'une façon
bien peu soignée, appartenaient peut-être aux domestiques. Un de ces deux cubiculum
était sans doute occupé par le portier (domestique de l'atrium). Dans le cubiculum e il faut
remarquer deux petits tableaux avec les figures d'Ariane abandonnée par Thésée (pa-
roi gauche), et de Héro et Léandre (paroi droite), ainsi qu' un vivier de poissons dans
la partie supérieure des parois.

Sur le côté méridional de 1' atrium on trouve d'abord la pièce f {œcus), qui proba-
blement put servir aussi pour salle à manger {Iriclinium). La décoration à fond blanc en
est riche, mais bien distribuée et sans confusion. Il y avait une peinture dans chacun des
compartiments situés au centre des parois; mais il n'en reste aujourd'hui que deux, car
la troisième (celle sur la paroi orientale) fut détruite par un trou fait lors des recherches
postérieures. Des deux peintures qui restent, l'une représente Cyparisse qui est sur le
point d'être transformé en cyprès; 1' autre montre la lutte entre Amour et le dieu Pan
à la présence de Bacchus et d'Ariane: très beau sujet, qui passa de la poésie et de 1' art
alexandrins dans la peinture murale de la Campanie, et qui concrète une idée morale très
élevée: la supériorité du sentiment sur la force brutale.

Dans les compartiments latéraux des parois il y avait des petits tableaux circulaires
à fond rouge cinabre; il n' en reste que quatre; le premier, en commençant par la paroi

(*) andron, sorte de péristyle intérieur sans colonnes.
 
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