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Maffei, Scipione; Vallarsi, Jacopo [Oth.]; Berno, Pierantonio [Oth.]
Verona Illustrata (Parte Terza): Contiene La Notizia Delle Cose In Questa Citta' Piu' Osservabili — In Verona: Per Jacopo Vallarsi, e Pierantonio Berno, 1732

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Capo sesto: Pitture. Notizia si premette de'Pittori Veronesi
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https://doi.org/10.11588/diglit.62319#0077
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tura, e dell’arti del disegno per migliorar-
ti ■ A Giotto si dà quello vanto comune-
mente, a lui venendo attribuito l’avere sban-
dita la goffa maniera Greca de' baffi fecali, e
l'aver rìfufcitata la moderna, e buona arte del-
la Pittara\ onde suo merito si decanta , F
aver fatto sirada a quella perfezione ammi-
rabile, per cui l’Italia nella prima metà del
decimosedo secole giunte poi ad uguagliare
in quell’arti la gloria dell’ antica Grecia .
Afferma Filippo Baldinucci nelle sue No-
tizie non poterli dubitare senza nota di teme-
rità, che primi a ritrovare il nuovo e mi-
glior modo del djpignere, non fòssero Cima-
bue, e Giotto- e più volte esaggera l’esser
per opera loro risorta a nuova vita l' eflinta
nobil' arte della Pittura. Ma per verità non
do, de nè pur quello li debba concedere così
a man salva. E da conliderar prima, come
fu in ogni tempo chi lì dislinse nel disegno
fra gli altri. Del terzo secole Cristiano ,
quando Parti erano già in decadenza , un
Medaglione di Gallo,e di Volusiano hapu-
blicato il Senator Bonarroti, ch’egli, otti-
mo giudice in tal materia, affermò non ce-
der punto perdisegnoeccellente,e pergran-
diosa maniera a qualunque lavoro Greco del-
le buone età. Opere de’ secoli di mezo in
pietra, e in metallo cuslodisco tra le mie
miscee, che hanno qualche merito anche
per la fattura. Diploma di Carlo Grasso
dell’anno 883 ossèrvai già nell’ Archivio di
S. Maria in organo, quale ha l’effigie in ce-
ra di maniera sì lodevole, cheli credereb-
be de’buoni tempi, e intorno KAROLVS
IMPERATOR, Tede di buon modo ho
anche ritrovate in più Diplomi di Berenga-
rio primo, che perdo più tenne in Verona
la sede. Arca di, marmo è a Nogara, di cui
si parlerà ove della scoltura, istoriata a bas-
so rilevo nel 1179, che fa ben conoscere,
quanto ragionevolmente operava taluno qui
nel disegno anche avanti il 1 zoo. Non la (cerò
d’avvertire, che in Firenze stessa eslèrsipri-
ma di Giotto incominciato a ingentilir tal’
arte, è slato per alcuni creduto. Lessi già in
opera a penna di Giovanni Cinelli contrail
Baldinucci, come b Angelo della Nunzia-
ta nella Chieda de’Servi siadi maniera asfai
migliore di quella di Giotto, e come fu
fatto nel .1252 da pittore per nome Barto-
lomeo . Venendo alle cose nostre , pittura
abbiamo oggi giorno a sreseo conservatissi-
ma con quantità di figure , e con lumi d’
arte uguali per certo, sc non superiori alli
dati da Cimabue , e da Giotto , qual pit-
tura non pertanto essere ad essi alquanto an-
terior di tempo, ragioni persuadon fortissi-
rne. Vedesi quella nella Chiesa di S. Fermo
grande su l’arco della porta,ed è mirabile,
Fèr, llltffr. Parte IH.

come per essere antica sìa siata trapassata
senza osservazione, e senza pur nominarla
da quelli, che di tutte le pitture delle Chie-
de buone b cattive hanno fatto ultimamen-
te catalogo, Rappresenta la crocifission del
Signore con gran concordo di gente; e dell’
esler lavorata prima che Cimabue, e Giot-
to siorissero, fa sicura fede il vederli il Cro-
cisissò con suppedaneo, e con quattro chio-
di; poiché Cimabue , e Margaritone duo
coetaneo ladeiarono quell’antico modo , e
per più graziola attitudine fopraposerol’un
piede all’ altro, e gli fecero confìtti da un
chiodo dolo: leggali di ciò il Senator Bonar-
roti nella bell’ opera dopra i Vetri Cimiteria-
li . Fu sèguita dopo essi quella maniera da
tutti, talché per argomento certo dell’ es-
sere un Crocifillo posleriore a tempi di Ci-
mabue, fuol prenderli da tutti gli eruditi
l'essere espresso con tre chiodi soli ,e coppie-
di un dòpra 1’ altro. La parte inferiore di
quella Chieda, ov’è la pittura, fu fabrica-
ta dòpra l’antica , ora sotterranea, l’anno
1065, come notò il Mofcardo. Fu data a’
Padri di S. Francesco l’anno 1261, ed alza-
ta poi, ed ampliata nel principio del deci-
moquarto secole, ma con avanzare dalla
su perior parte, e senza toccar l’inferiore .
Non fi può in quella pittura fospettar di pen-
nello Greco, come ad ogn’ intendente si fa
palese . Ben dissimular non voglio, come
del pennello di Giotto sospettai da prima ;
poiché avendo lui in tempo di Cangrande
lavorato in Padova, e dipinta una Capella
nella nuova Chiesa del Santo, venne poi a
Verona, dove dipinse in Palazzo, e scrive
il Vasari, ch’egli lavorò ancora ne' Frati dì
S\ Francefco una tavola. Ma primieramente
q nella non è tavola ; in secondo luogo non è ne'
Frati y che viene à lignificar nel < onvento;e
per terzo non ci sarebbe rimalo ignoto il nome
dell’autore, se lossie slato Giotto, uomo di
tanto grido, e sòpra ogni piccola coda del
quale si fece poi da per tutto tanta osserva-
zione. Inoltre l’uso de i quattro chiodi,
abbandonato da tutti gli altri dopo Cima-
bue, per esser poco grazioso nella pittura,
fu tanto più rifiutato da Giotto , che riu-
scì il più insigne de’duci discepoli, e che mi-
gliorò in ogni parte, non che rellasse addie-
tro almaeslro. Aggiungaci gli Angeli in
aria da i lati,ed altre particolaritàdell’ uso
antico. Anteriore fu dunque a Cimabue,
ed a Giotto quella pittura , e che non per
tanto l8 opere loro potessie sfidar con franchez-
za, leggendo il Cinelli m’ assicurai, per 1°
esarae da lui fatto de’Ior lavori,e mene as-
sicura l’osservazione fatta da più prosèssori
dopra le reliquie, che ne rimangono, e che
non paiono corri (pendere alle gran lòdi, che
K a Giot-
 
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