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STUDIATA SPECIALMENTE IN ESTE

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vilara (fig. 36) offre una decorazione analoga alla
tazza di Verucchio: lungo la costa del ventre e
nel manico. Si tratta « di tanti cerchiolini elittici,
riempiti di materia giallastra con puntino di terra nel
mezzo », materia che si riconobbe essere pasta vitrea
gialla rassodata nella cottura (')• Non si può non

Fig. 36. — Da Brizio, op. cit. nella pros. col., nota J.

iscorgere in questo vasello un segno della efficacia
esercitata dalle industrie dell'età di Villanova sulla
civiltà propria della regione picena.

Tornando ai fittili borchiati del gruppo cispadano,
ima novità per rispetto ai tipi del gruppo etrusco, ci
offro il pendaglio di Solino a sezione di campana.

Sono note le controversie dibattute dagli archeo-
logi intorno all' uso del detto oggetto (2). Noi l'ab-
biamo chiamato pendaglio; ma, se anche non fosse
tale, è fuor di dubbio eh' esso fu fatto a imitazione
di quegli arnesi di bronzo fusi a sezione di campana,
usciti in copia ragguardevole dallo necropoli bolognesi
del tipo di Villanova e che da pendagli servirono
sicuramente (3).

Ma, oltre a quegli arnesi fusi, ricordò già il Pigo-
rini « i pendagli di lamina di bronzo, di forma tra-
Pezoide o triangolare » comunissimi « nella prima
età del ferro di vari altri luoghi dell'Italia » (4).
Ne abbiamo veduto un buon numero appartenente

('J Brizio, La necropoli di Novilara nei Mon. aut., V
(!895), col. 119-120; fig. 11.

(2) Vedine la bibliografia sopra, col.

(3) Cfr. Pigorini, Bull, ài paletn., XVI (1890), p. 73.

(■*) Ibid., p. 73-74. Su cotesti pendagli veggansi le notizie
bibliografiche, che ne ho dato nelle Notìzie degli scavi, 1888,
P- 23, nota I.

alla collana della tomba estense n. 22 di Villa Ben-
venuti qui pubblicata (tav. I fig. 32).

Ora, pare a me che, se si ammette che il penda-
glio fittile di Solino abbia veramente relazione con
questi ultimi pendagli di lamina, cui il Pigorini ha
accennato, si trova anche la ragione perchè le borchie
di bronzo furono ad essa applicate : per imitare, cioè,
i bitorzoli sbalzati, onde i pendagli di lamina sono
spesso adorni. La quale ragione sarebbe la medesima,
che già ponemmo come principalissima e fondamentale
per spiegar l'introduzione delle borchie metalliche
ne' vasi di terracotta. Non bisogna ad ogni modo di-
menticare che, come per certi tipi di vasi, così per
certi arnesi, quali sono cotesti pendagli e le fusaiuole
fittili, non si può pretendere sempre di ritrovare la
stessa ragione dell'uso delle borchie metalliche. Quando
questo si diffuse nelle ceramiche, s' adoperò anche qual-
che volta, l'abbiamo già detto, come mero elemento de-
corativo in vasi od altri oggetti fittili, di cui non si
può dimostrare la provenienza da esemplari metallici.
Non vogliamo adunque asseverare con piena certezza
che le borchie dell' oggetto fittile di Solino siano poste
a contraffare i bitorzoli delle laminette di bronzo, po-
tendosi riguardarlo semplicemente quali ornati generici
nello stesso modo de' graffiti, che compaiono sullo stesso
oggetto e formano tutto in giro alle borchie un mean-
dro intrecciato.

Il vaso fittile, che unico si trasse da un sepolcro
della Certosa, come ho detto sopra, non ha che far
nulla con quelli usciti da sepolcreti arcaici. E un
vasetto, di cui troveremo esemplari identici per argilla,
per tecnica, per forma, per ornati in tombe atestiue
del terzo periodo, e che fu importato senza dubbio,
come si accorse' già il Brizio, da Este a Bologna, dove
nel tempo, in cui fioriva la civiltà etnisca della Cer-
tosa, 1' antica decorazione a borchie di bronzo era per-
fettamente caduta in disuso.

Le indagini instituite sul secondo gruppo di vasi
imbullettati, spettanti tutti, lasciando stare quello
della Certosa che sta da sè, alla prima età del ferro,
al periodo di Villanova, ci condussero a riguardare
esso gruppo siccome filiazione del primo : a ritenero che
la ornamentazione de' vasi fittili con le borchie di
bronzo, originaria dell' Italia centrale, abbia di là mi-
grato nella regione transappennina: il quah passaggio
è il più naturale e il più facile a spiegarsi, una volta
 
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