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IL VASO DI HAGHIA TRIADA

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ora sicuri che non era questa una mera invenzione
poetica. Così nemmeno le denominazioni hasta trifida
oppure TQifisXég o tqióìvv%ov óóqv, colle quali vedesi
talvolta designato il tridente, potranno dirsi frasi poe-
tiche senza significato (1).

Per tornare al nostro vaso, due particolari, che
abbiamo già notati nella costruzione delle armi quivi
espresse, rendono tuttavia queste finora uniche tra le
consimili che ci restano, o in natura o in figura, del
mondo antico. Il primo riguarda il modo come sono
fissate i tre aculei, che evidentemente, come abbiamo
già detto, sono fabbricati a parte e poi riuniti in-
sieme per mezzo di legature; non sono cioè, come
di solito, attaccati e fusi in un solo getto colla loro
base e colla gorbia in cui s'innestava l'asta. Il tridente
pertanto risulta dal loro collegamento secondo un si-
stema primitivo (2) analogo a quello, che tuttora usano
nella costruzione delle fiocine certi selvaggi dell'Africa
e dell'Australia (3). Chi sa quanti di quegli spuntoni di
ferro o di bronzo, che si sono trovati nelle tombe
d'Etruria e di altre parti e che comunemente passano
per spiedi, non sono invece altro che punte di forche,
ormai non più riconoscibili in seguito alla decompo-
sizione dell'asta lignea e dei legami!

L'altra singolarità sta nell' altro istrumento che
si vede immanicato in cima all' asta in modo da risul-
tarne un'arma duplice che ricorda in qualche modo
le alabarde di tempi abbastanza vicini a noi. Come
sistema d'immanicatura, può esso rammentarci anche
altri esempi ben più lontani da noi per tempo e per
spazio, i quali ci presentano delle lame relativamente
lunghe e fissate, come qui, ad angolo retto in cima al-
l'asta (4) ; ma l'analogia non va oltre ciò, poiché qui

(') Valer. FI. Argon, I, 641; Anthol. Planud. 215,5; Ly-
kophr, Alex. 392.

(2) Cfr. sopra p. 89, nota 1.

(3) Nel Museo Preistorico-Etnografico di Roma sono esposte
parecchie fiocine della Nuova Guinea (Costa sud-est, Rigo) e
della Nuova Ebridi, formate da un'asta nella cui estremità son
legati in un mazzo quattro lunghi ed aguzzi pungiglioni di-
vergenti, press'a poco come nelle figure di H. Triada, eccetto
che quelli si trovano non in un piano solo, come qui pare, ma
attorno alla cima dell'asta.

(4) Vedi p. es. l'alabarda di bronzo cinese presso John
Evans, L'Age du bronze, p. 284, fig. 330; e inoltre i così detti
« Schwertstilbe » di bronzo preistorici, frequenti nella Germania
settentrionale e Scandinavia, che, anteriori alle vere spade, ser-
vivano a colpire il nemico più da lontano che col pugnale :
ibid. p. 283, fig. 329 ; e Montelius, o. e, p. 29 fig. 69-73 e p. 83,
fig. 216.

diversa è la forma dell'arma, nè è sicuro che sia fatta
d'una lama. Abbiamo infatti già notato in principio la
difficoltà di decidere se trattisi di un'ascia, o di una
falce od anche di un piccone. Caratteristica ne è la
punta incurvata a becco rivolta in basso. Tale becco
si trova talvolta anche nelle scuri, come p. es. in alcune
di pietra rinvenute aTroja('), ma qui il profilo non
può essere di scuri, mancandovi la penna espansa.
Vi sono, è vero, alcuni casi, per es. in certe doppie
accette delle Amazoni (2), in cui esiste un simile becco
adunco, ma questo sta proprio nella metà opposta alla
penna tagliente, sì da formare, come sembra, un'accetta
ed un' ascia unite insieme. Più adatta pel nostro caso
sarebbe appunto un' ascia rappresentata di profilo, e
più specialmente un' ascia del tipo detto dai Greci
rvxog o dell'altro non dissimile, che i Romani dicevano
dolabra e che era anche adoperata in guerra special-
mente contro le fortificazioni (3) ; ciò che potrebbe bene
accordarsi con uno degli usi già ricordati del tridente.
La stessa cosa potrebbe dirsi del piccone. Ma bisogna
tener conto anche dell' altra possibilità, cioè che qui
siano figurate delle falci. Abbiamo bensì detto che le
falci da mietere non si maneggiano altrimenti che per
mezzo di un corto manico, al quale s'innestano per
mezzo di una spina e non viceversa per mezzo di un
foro tubulare, come forse è qui ; tuttavia si dànno real-
mente delle falci immanicate in questa seconda ma-
niera. Non ne conosco esempi del mondo greco-orien-
tale ; ricordo però alcune falci molto antiche di bronzo

(') V. Schliemann, Bios, p. 488, n. 620; Gotze presso
DOrpfeld, Troja uni Ilion, I, cap. IV, p. 374 sg., figg. 320-326
(dalli al V strato). Cfr. le accette d'Ungheria presso Montelius,
o. e, p. 12, fig. 19, p. 100, fig. 262 ecc.

(2) Vedi p. es., le pitture di vasi in Millin, Tombeaux de Ca-
llosa, tav. IX ; Millingen, Vases, tav. XXXVII. Cfr. lo strumento
non molto dissimile di bronzo trovato ad Olimpia (01., Bronzen,
tav. XXVI; n. 528, p. 7. « Streithammer ? »). La scure di una
Amazone di Selinunte (Benndorf, tav. VII; Helbig, Rom. Epos2
p. 352, fig. 139) ha una scure-piccone in cui la punta della
scure è incurvata tanto da fare un semicerchio completo e chiuso.

(3) Cfr. Bliimner, Technologie und Terminologie d. Gew.
u. K. II, p. 203 sgg., fig. 38-10; Daremberg et Saglio, Diction. s.
v. «ascia» e «dolabra». In un bassorilievo della Colonna
Traiana (fig. 2487 di quest'ultimo articolo) si vedono soldati
che colla punta della dolabra abbattono le mura d' una città.
Cfr. Tacit., Ann. Ili, 46 : « Miles correptis securibus et dolabris,
ut si murum perrumperet, caedere tegmina et corpora; quidam
trudibus aut furcis inertem molem prosternerò » ; v. anche
/list. Ili, 27. Vedi poi, per il néXexvg, lo axtnaqvov e Và^ivrj
omerici, Helbig, o. c. p. Ili sgg., e p. 341 sg.; pel tvxog da guerra
v. Erodoto nella seguente p. 106, nota 3.
 
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