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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 13.1903

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Pellegrini, Giuseppe: Tombe greche arcaiche: e tomba greco-sannitica a tholos della necropoli di Cuma
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https://doi.org/10.11588/diglit.9310#0152
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TOMBE GRECHE ARCAICHE ECC.

288

un semplice dado o cubo di tufo, munito di un la-
strone per coperchio, ed incavato in modo da poter
contenere un ossuario per lo più emisferico e di bronzo,
talvolta di argento, ma in questo caso rinchiuso quasi
sempre dentro un altro recipiente di bronzo ('). Anche
qui talvolta l'ossuario, oltre che dal coperchio del
dado di tufo, è protetto da uno scudo di bronzo come
quello fig. 24 (■) ; e le ceneri del cadavere cremato
sono avvolte in un pannolino (3). La scarsa suppellet-
tile, se tale si può chiamare, consistente quasi esclu-
sivamente in resti di oggetti ornamentali di metallo
prezioso raccolti fra gli avanzi del rogo, si trova dentro
1' ossuario con le ceneri stesse del morto. Stoviglie e
altri oggetti di terracotta, i cui avanzi furono abban-
donati nei relativi ustrini, vi mancano completamente,
come fu notato tante volte anche per le tombe a cre-
mazione della Grecia propria (4).

Veniamo ora ad esaminare più da vicino la tomba
Artiaco, e vediamo se e che cosa essa offra di partico-
lare in confronto di quelle specificamente greche.

La promiscuità del rito della cremazione e di
quello dell' inumazione in una stessa necropoli, non
ha nulla che possa sorprendere e trova il suo diretto
riscontro in un uso praticato generalmente dai Greci
almeno dall' epoca omerica in poi (5). Se non che
l'inumazione, come è noto, prevale sempre di gran lunga
sulla cremazione (6). In Sicilia, dove il confronto con

(*) In un caso notato dallo Stevens (scavo 14 aprile 1886)
l'ossuario consisteva in una cista a cordoni. Da tombe di questa
specie provengono gli ossuari d'argento che ho ricordato di sopra
p. 240.

(2) Scavi Stevens 26 maggio 1886; 28 ottobre e 16 no-
vembre 1890. Cf. anche sopra p. 246.

(3) V. Duhn, in Riv. di st. aut., I, 3, p. 55, n. 12.

(4) Cf. a questo riguardo le osservazioni di Bruckner e Per-
nice sulle tombe del Dipylon, Ath. Mitth., 1893, p. 186.

(5) Hermann, Lehrb. d. Privatali., pp. 373-75; Miiller Ivans,
Griech. Privatali., p. 462*; Rohde, Psyche, p. 208, n. 4; Da-
remberg-Saglio, Diction. art. funus, II, p. 1377, ecc. ecc.

(6) Cito per es. le necropoli di Myrina (Pottier-Reinach,
Nécr. de M., p. 73), Aegae (B. G. H. 1891, p. 216), Samo (Boehlau,
Aus ion. u. ital. Nekr., p. 13), Olbia e Panticapeo (Gompte
Rendu passim), Tanagra (Haussouillier, Quomodo ecc., p. 76),
Eretria (Skprift. Ùqx-, 1886, p. 39), Eleusi ('Eqpiftu. c'iqx., 1889,
p. 186 e 1898), V urva (Ath. Mitth. 1890, p. 318 sgg.; Atkr. t<Q%.,
1890, p. 105), Velanidesa (JeXr. uqx., 1890, p. 16). In Atene,
nella parte più arcaica del sepolcreto del Dipylon, si ebbe un
solo caso di cremazione sopra diciannove d'inumazione (Arch.
Anz., 1892, p. 20; Ath. Mitth., 1893, p. 150. V. anche sopra,
p. 241). Questa proporzione cambia sensibilmente nel sec. VI,
ma l'inumazione resta sempre -al di sopra (Ath. Mitth., 1893,
pp. 150 e 157).

Cuma è, naturalmente, più istruttivo, sembra avve-
rarsi il principio che quanto più la necropoli è antica
tanto maggiore è la prevalenza della inumazione. Così
per esempio nella zona più arcaica della necropoli di
Siracusa, attribuibile alla fine del sec. Vili a. Cr.,
la proporzione fra combusti e inumati si trovò essere
appena del 7/ioo ('), mentre in quella di Megara Hy-
blaea, spettante in media al sec. VI, salì fino al 25/,00 (-).
A Cuma pare sia avvenuto lo stesso fatto. Lo Ste-
vens, ripetendo evidentemente quello che aveva detto
in genere per la Magna Grecia il De Jorio (3), cre-
deva poter fissare la detta quota al 10/i0o(4); ma io
ritengo, in base ad osservazioni mie particolari, che nel
periodo arcaico essa non doveva superare quella offer-
taci dalla necropoli siracusana.

Anche l'uso di chiudere le ossa del cadavere cre-
mato in un ossuario di bronzo o d'altro metallo e
calarlo poscia in un sepolcro a cubo, ovvero anche a
cilindro di pietra, è perfettamente greco, frequente
sopratutto « nella cerchia dell'arte calcidese e paleo-
ionica » (5). Oltre gli esempi caratteristici ricordati nei
canti omerici (6), molti casi se ne ebbero a riscontrare
nelle necropoli della Grecia e della Sicilia (7). Da
Cuma, dove quest' uso fu evidentemente importato dai
calcidesi stessi al loro arrivo in Italia, si estese poscia
nelle altre città della Campania, dove, a quanto
pare, si trova sopra tutto applicato in epoche poste-
riori, come a Suessula (8), a Capua (!)), a Nola (10) ecc.

(1) Notizie 1895, p. 110.

(2) Mon. aut., I, p. 774.

(3) De Jorio A., Metodo per rinverire i sepolcri, p. 5.

(4) V, Duhn. in Riv. di st. ant., I, 3, p. 55, n. 12.

(5) Duhn, Róm. Mitth-, 1877, p.236. Per la Ionia cf. anche
Orsi, Mon. ant-, I, p. 773.

(6j Cf. ad esempio, per tutti, II. XXIV, vv. 792 sgg.

(7) Per es. in tutta l'Eubea, specie a Calcide e Tanagra
(Duhn, Ann. Ist-, 1880, p. 347 e 1883, p. 187 ; Ath. Mitth. 1893,
p. 161; Haussouillier, Quomodo ecc., p. 67), in Atene al Di-
pylon (Ath. Mitth., 1893, p. 160), al Pireo (Duhn, Ann. Ist.,
1883, p. 187), a Delo (Rhenaia: Ross, Arch. Aufs., I, p. 62), ecc.
In Sicilia casi analoghi si osservarono a Siracusa (Notizie 1895,
p. 112), a Megara Hyblaea (Mon. ant, I, pp. 749 e 771), a Gela
(Notizie 1895, p. 112 e p. 135), ecc.

(8) Róm. Mitth., 1887, p. 247.

(9) Bull. Ist., 1876, p. 172, nota 1 e 1878, p. 28.

(,0) A Cuma stessa il sistema di sepoltura è adoperato per
tutto il periodo dei vasi attici a figure nere e figure rosse (ke-
lebai servite da ossuari) e perdura fino almeno a tutto il sec. IV,
epoca a cui, per gli oggetti rinvenutivi (tra l'altro uno specchio
graffito con il manico desinente in testa d'ariete) appartiene il
notevole sepolcro scoperto dallo Stevens nel fondo detto della
Calandrella e da lui pubblicato in Notizie 1883, tav. IV, I.
 
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