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NORA. COLONIA FENICIA IN SARDEGNA

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rivelò assai povera di vasi attici. È poi cosa singolare
c',e, tranne una piccola lekythos appartenente alla
tomba IX, del così detto tipo di Locri (con ingubbia-
t,lra gialletta sul ventre, malissimo conservata, e re-

Fio. 30.

°ante tracce di soli meandri neri), e tranne qualche
lignificante frammento che alla vernice splendida
nyela la sua origine attica, tutti gli altri vasi greci

c«i qui parliamo furono trovati in una medesima
to«iba (XXXI) che pare abbia conservato quasi integro
11 suo corredo del V secolo.

Noteremo anzitutto un bell'alabastron, appartenente
anch'esso al così detto tipo di Locri, con le spalle

ornate a scacchi ed il corpo graziosamente rabescato
di palmette (fig. 30). Esso è affatto simile, meno le
proporzioni più svelte e graziose, all' alabastron tro-
vato nella tomba di Chiusi detta la Boncia (') in-
sieme con due balsainari fenici di vetro variegato e
con bronzi etruschi di stilo arcaico.

Segue poi una serie di vasi neoattici figurati. Una
oinochoo col tipo non comune del satiro nobile, tutto
ravvolto nell'liimation, che sta di fronte ad una me-
nade poggiata al tirso: il disegno è trascurato (fig. 31 a).
Una lekythos panciuta, di diseguo più accurato, con
scena di gineceo: donna seduta con le mani avanzate
in atto di raccogliere duo pomi gialli o forse di farli
saltare sulle palme, di fronte ad altra donna in piedi
che reca una cassetta, sulla quale vedesi altro pomo
simile (fig. 31 b). Altra lekythos dello stesso tipo, ma
più piccola, con la rappresentanza di una donna stante,
a braccia aperte, davanti ad un kalathos (fig. 31 c).
Tre lekythoi minuscolo dello stesso tipo, ciascuna con
figura trascurata di una donna stante o gradiente (fig. 32 ;
i particolari non abbisognano d'interpretazione). Sei
lekythoi minuscole del tipo attico funerario, una man-
cante del bocchino, con figura trascurata di efebo in
corsa, altre con semplici ornati eseguiti alla lesta
(fig. 33). Frammenti di una oinochoe mezzana di bel
disegno e splendida vernice, con figura di efebo in
atto di saltare; altri frammenti di vaso simile con
parte di una figura di efebo gradiente a gran passi.

L'inventario della tomba XXXI, sul quale dob-
biamo fondarci, ha da una parte un piccolo numero
di oggetti arcaici che si devono far risalire almeno
al VI secolo, cioè 3 statuette muliebri di terracotta
col disco al petto (delle quali 2 rappresentate da fram-
menti), una testina di terracotta e tre balsamari di
vetro; dall'altra parte i vasi attici sopra detti e al-
cuni altri pochi campani tutti verniciati di nero, sup-
pellettile che appartiene alla seconda metà del V se-
colo. Pare dunque che in queir ipogeo un nuovo
defunto, di cui il corredo deve essersi quasi tutto
conservato, sia andato verso tal epoca a sostituire
l'antico padrone, depostovi qualche centinaio d'anni
prima, e del cui corredo qualche avanzo rimase na-

(') Not. d. Scavi 1882, p. 51. Riporterei un po' indietro
la data della tomba chiusina, la cui suppellettile è esposta nel
R. Museo Archeologico di Firenze.
 
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