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cam arina

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che ho raccolto non panni vi si debbano ravvisare i
Siculi del primo periodo, quali noi li conosciamo dalle
numerose necropoli e dalla caratteristica variopinta
ceramica. Era dessa una popolazione alquanto più an-
tica e diversa dai Siculi, per quanto affine nel ceppo
etnico fondamentale? Forse Sicani? Oppure eran ve-
ramente poveri Siculi migranti, delle classi più umili,
ed attesa la loro vita randagia, muniti di piccola e
scarsa ceramica acroma? Sono problemi ai quali una
risposta sarebbe prematura ed incerta, attesa la te-
nuità delle scoperte e la mancanza dei sepolcri.

La ceramica è rappresentata da due soli vasetti
(fig. 3), di rozza fattura ed impasto, cioè un bicchie-
retto semiovolare a. mm. 37, ed una cucchiaia oblonga
1. mm. 90, con foro nel breve manico.

La suppellettile litica novera una bella ascia ovo-
lare basaltica intatta (mm. 75 X 50), un coltello di
selce completo (1. mm. 80), un raschiatojo siliceo
(1. mm. 45), una minuscola freccia ovolare a base
convessa 1. mm. 23, e numerosi frammenti di lame,
nonché scheggie di lavorazione.

Ma anche un'altra località del suburbio camari-
nese, non guari discosta dalla prima, e precisamente
sull'opposto lato occidentale del bosco di Passo Ma-
rinaro, mi ha offerto tracce di popolazione preellenica ;
lungo la spiaggia cioè, fra l'alta collina della città e
Punta Braccetto, io raccolsi a diecine selci con tracce
di sicura lavorazione, scheggie di rifiuto ecc., tra cui
quattordici pezzi che presentano più spiccati caratteri,
perchè riferibili a lame e raschiatoi.

Codesti, per quanto esigui frammenti sporadici,
sono documento certo, che anche nell'età pregreca sulle
ridenti spiaggie camarinesi, dove anche nei mesi in-
vernali sorride tepida la primavera, si agitava e viveva
una scarsa popolazione, forse di pastori migranti, le
cui sedi fisse, od i centri abitati, donde, in determi-
nate stagioni si staccava, vanno ricercati sulle forti
alture montane retrostanti della regione modicana e
ragusana, così ricca di necropoli sicule.

Statuetta di Palestrita in riposo.

Nel gennaio 1899 il signor barone Paolo Impel-
lizzeri La Bocca di Bagusa Inferiore donava al Museo
una scoltura, scoperta poco tempo prima, smontando
una maceria a Camerana. È una statuetta in calcare

bianco a grana fina e compatta, sulla cui epidermide
passò devastatrice l'ala dei secoli, corrodendola ed
aprendovi una quantità di porosità, mentre non meno
fatale gli fu la mano villana dell'uomo, che la deca-
pitò e mutilò in varie guise (fig. 4).

Pur non essendo un'opera d'arte di primo ordine,
essa è meritevole di qualche esame e per la man-
canza assoluta di scolture camarinesi, e per la grande
deficenza di opere consimili in tutte le città greche
dell'isola, in fine, e sopratutto, perchè dovuta certa-
mente ad un modesto artista locale, essendo locale (non
propriamente camarinese, ma della regione siracusana)
la pietra onde è tratta.

La statuetta in calcare fine e compatto, alta
cm. 53, ma colla superficie erosa e porosa, rappre-
senta un robusto efebo, nudo, seduto sopra una scranna
rettangolare, a doppie traverse, ma priva di dorsale e
bracciuoli ; il torso è inclinato un po' in avanti, in atto
di abbandono e di tensione al tempo stesso; la gamba
d. era evidentemente poggiata attraverso la sin., che è
verticale e poggiata al suolo col piede di piatto. Disgra-
ziatamente le condizioni della statua sono assai
tristi, così da rendere problematica la determinazione
del tipo plastico, ed incerta la scuola e l'indirizzo a
cui s'inspirò l'artista. Manca la testa, l'avambraccio
d. e tutto il braccio sin.; le gambe sono troncate a
metà delle coscie, ma rimane di ambedue l'impronta
e l'attacco lungo il prospetto della scranna.

L'esecuzione anatomica s'intravvede buona, mal-
grado le erosioni e le mutilazioni ; il largo modellato
del dorso muscoloso, i fianchi ed il torace ampli de-
notano un corpo di robusto efebo, che alla sana forza
della gioventù aggiunge la vigoria derivante dagli eser-
cizi della palestra.

Ma quale era l'azione della figura? La lieve obli-
quazione del torace d. induce a credere che la gamba d.
fosse alquanto sollevata, ed incrociando di traverso
colla sin. venisse sorretta dalla mano d. o da ambo
le mani intrecciate. Se questa interpretazione, come
io penso, è giusta, dovremmo tosto escludere il mo-
tivo che a tutta prima si affaccia alla nostra mente,
quello cioè dello Spinario; cominciando dal bronzo
capitolino, si prendano pure in attento esame tutti gli
altri tipi affini e derivati ('), ma la direzione del

(') Collignon, Sculpture grecque, I, p. 417; Reinach, Ré-
 
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