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463

LE PIETRE FUNERARIE FELSINEE

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contemporaneità a questa tomba, forse un tempo anche
essa sormontata da un cippo analogo e probabilmente
perduto, in occasione del seppellimento posteriore te-
stificato da un cratere assai tardo {Atti e Memorie,
1908, p. 57, n. 2). Premesso questo, credo opportuno
ascrivere il semplice cippo n. 5 al secolo V già ini-
ziato, al massimo, di due decennii.

Nelle pietre funerarie felsinee la forma di cippo
sferico sarebbe la più vetusta. Delle pochissime tombe
databili per un corredo funerario piuttosto ampio o
caratteristico e provvisto di pietre, le più recenti non
hanno come segnacolo il cippo. Di più, la forma di
questi cippi, comuni ad altri centri dell'Etruria e
quasi esclusivi a Marzabotto, di fronte alle altre
forme di stele caratteristiche solo di Pelsina, è, credo,
una prova della loro anteriorità come segno funerario.

Altre quattro tombe approssimativamente databili
hanno offerto come pietra funeraria il cippo sferico
su base non più rotonda, ma quadrangolare. Tutte e
quattro le tombe sono posteriori a quella del Giar-
dino Margherita, di cui testé ho fatto menzione; ma
d'altro lato non sono da annoverare tra le più re-
centi felsinee. Ecco le tombe nel loro ordine crono-
logico basato sull'aspetto più o meno antico delle sup-
pellettili :

1. Tomba del cippo n. 193 (Certosa): vi sono due
kelebai, una a ligure nere della decadenza, l'altra a
figure rosse di stile severo ; certo sono contemporanee,
forse del 480-470. Età posteriore, ma non di molto,
palesano la coppa o kantharos adorno a losanghe (1),
e lo skyphos con civetta, vasi assai più dozzinali. Età
più antica paleserebbero le laminette di osso, che si
schierano accanto a quelle numerose raccolte e studiate
dal Pollak (2); tuttavia le figure di queste laminette pa-
lesano un profondo tralignamento di fronte ai noti
esemplari di Corneto e di Ruvo.

Il cippo può dunque essere di non molto anteriore
alla metà del sec. V.

(') Vasi simili sono usciti anche da Camarilla (Mon. dei
Lincei, XIV, p. 912 e seg., fig. 112 e 113). Ivi a p. 943 l'Orsi
manifesta il dubbio della pertinenza di questi vasi alla Cam-
pania piuttosto che all'Attica; per gli esemplari di Bologna e
di Este (Mon. dei Lincei, X, p. 60 e seg.), dobbiamo ascri-
verli a fabbriche attiche.

(a) Archaische Elfenleinreliefs (Romisrhe Mitteilunyen,
1906, pp. 314-330).

2. Tomba del cippo n. 157 (Certosa, fig. 5) : due
frammenti di tazza di stile severo, ma di negligente
disegno; cratere a calice del periodo polignoteo. Il
cippo può essere di poco posteriore al precedente.

3. Tomba del cippo n. 6 (Giardino Margherita,
fig. 4): il magnifico cratere è all'incirca della metà
del secolo V. Posteriori sono le tazze: di esse, la mag-
giore palesa grande comunanza con quella di Codio
(Pellegrini, Catalogo dei vasi Palagi ed Università,
n. 273), la cui esecuzione ritengo debba essere posta
circa il 440 a. Cr. ('). Il cippo può adunque appar-
tenere già agli ultimi decennii del sec. V.

4. Tomba del cippo n. 165 (Certosa, fig. 5): il cra-
tere a campana può essere di poco posteriore alla tazza
di Codro; il candelabro con la figura di arciere è
certo più tardo del candelabro della tomba prece-
dente. Ascrivo il cippo agli ultimi decennii del se-
colo V.

Passando ora alle stele figurate, vediamo che poche
assai sono quelle databili con la base del corredo fu-
nebre. Per la stele n. 181 (fig. 44) v' è un indizio cro-
nologico in una kylix a figure rosse del bel periodo dei
maestri di tazze (stile di Duride?); potremmo perciò
ritenere eseguita detta stele prima del 450.

Forse in età un po' seriore fu scalpellata la stele
n. 192, miseramente frammentata; questo deduco dai
tre avanzi di fittili villanoviani e dalla kelebe col
ventre tutto adorno a losanghe rosse e nere e con due
figurine nere sul collo.

La kelebe con l'apoteosi di Eracle (Mon. dell'In-
stituto, XI, tav. XIX), che si può ascrivere al de-
cennio 470-460, fu rinvenuta nello strato inferiore di
tre tombe sovrapposte; è però incerto se alla tomba
di questa kelebe appartenesse la piccola stele con
figura di guerriero, n. 104 (tìg. 73). Ma ritengo, come
si vedrà meglio in seguito, che questa stele appar-
tenesse ad una delle tombe superiori.

Agli anni susseguenti il 450 si potrebbe ascrivere
la stele n. 183 (fìgg. 20 e 21), per la pelike rinvenuta
nella tomba, pelike sincrona alle opere di Ermonatte.

Agli ultimi decennii del sec. V rimonterebbero il
n. 61 (fig. 26 : cratere a figure rosse della metà del

(l) Rdmische Mitteilungen, 1906, p. 124. Cfr. pel disegno
anche una tazza del Museo Kircheriano (Mon. dei Lincei, XIV,
p. 303 e seg., ffg. 12 e 13).
 
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