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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 27.1921

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Orsi, Paolo: Megara Hyblaea: 1917-1921; villaggio neolitico e tempio greco arcaico, e di taluni singolarissimi vasi di Paternò
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https://doi.org/10.11588/diglit.12551#0062
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StE&VRA hyblaea

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zioni per garentire le fondazioni gli studiosi della tecto-
nica templare greca potrebbero addurre più di un
esempio. Ma la cosa mi tornava a priori poco proba-
bile, trattandosi di un tempio molto arcaico. A sgom-
bero ultimato di questo tratto della fossa non cadde più
dubbio di sorta, che non si trattasse di due poderosi
muri di rivestimento, destinati a lasciare libero lo spa-
zio intermedio, cioè il fosso propriamente detto, che
qui risultò di una largh. di m. tre. H disegno fedelissimo
è abbastanza eloquente per chiarire tutto quanto nella
prima fase dello scavo appariva oscuro ed incerto. Nella
p.ti : terp ta fra i due muri e formata di terra
r; i i irregolari, abbondava il
material* I titineUese (ceramiche, ossa animali, con-
chiglie eduli, ossidiane e selci), nè v'era • penetrato il
più piccolo avanzo paleogreco dello strato superiore.
Era quindi una massa omogenea e vergine di circa
m. 2,70 di alt., comprendente materiale puramente
neolitico. Se fossero stati i paleogreci ad erigere quei
muri di paramento, sarebbe stata inevitabile qualche
penetrazione di elementi greci, qualche anche parziale
inquinamento del banco neolitico. Ma poiché sono in
grado di affermare nel modo più assoluto, che nulla
di tutto ciò venne avvertito, mi balenò l'idea, divenuta
in seguito mia ferma convinzione, che noi aves-
simo poste le mani sul fossato di cinta
di un villaggio neolitico, fossato in buona
parte ed a gran fatica aperto nell'alluvione e nella
roccia vergini, e rivestito poi nelle guance irregolari di
una maceria. H precedente del villaggio di Stentinello
fu quello che mi guidò nell'adottare tale interpretazione,
che io ritengo ormai superiore a c ,:alsiasi dubbio.

A chiarimento della sezione fig. 2 aggiungo ora qual-
che osservazione sull'indole dell'opera di escavazione
e sulla struttura del muro di rivestimento. Il fondo del
fosso per una alt. oscillante intorno a m. 1,20 era stato
aperto di viva forza nel crostone roccioso a grandi
sfaldature, che forma la tavolatura della terrazza me-
garese. Una parte del materiale ricavato da questa
opera lenta e penosa, condotta sènza il sussidio di stra-
nienti metallici, venne impiegato nella costruzione delle
due murate di rivestimento, supplendo poi con massi
erratici a grandi sfaldature, raccolti nella campagna.
Questi muri sono il più antico documento della tectonica
dell'isola, a prescindere forse dai Scsi e dall'aggere del
villaggio di Mursia in Pantelleria, che tutto fa ritenere

essi pure neolitici. Il muro è meglio conservato e più
perspicuo dal lato di sud, e la cresta da ambo i lati si
allarga alquanto in una massicciata, che sospettai
costruita dai Greci per garentire la peristasi celiare,
ma che in fin dei conti ritengo essa pure di getto neo-
litico. Le murature sono formate di pietre brute, di bloc-
chetti e di sfaldature raccolte nell'aperta campagna,
e commesse con una certa diligenza. In altri termini
esse sono delle macerie quali si costruirebbero (e si
costruiscono) anche oggi da un operaio, privo di mazza
e mazzuolo, suppliti in antico da ciottoli fluviali di
roccie dure, che i neolitici di Megara erano in grado
di raccogliere nel prossimo letto del Cantera, che lambe
la terrazza megarese.

Assicurata così la esistenza di un grande fosso ar-
tificiale che muniva il villaggio, è evidente come in un
primo tempo, che dovette avere una durata assai lunga,
esso rimase vuoto ai fini della difesa, pei quali appunto
era stato aperto. Ma in seguito, e per un lento processo,
esso si venne trasformando in un immondezzaio dei
rifiuti di ogni genere del villaggio, al punto che se ne
colmò per quasi 3/4 della sua profondità. Questa con-
statazione è stata fatta almeno qui, in questo settore di
esso, esplorato per una lungh. di almeno 4 m., e può dar
luogo a varie spiegazioni. 0 che nell'ultimo tempo della
vita del villaggio era cessato il bisogno di una difesa
così accentuata, o che questa erasi modificata, sosti-
tuendo alla cavità un aggere in alzata, emergente dal
piano : ovvero in fine, che per un ampliamento del
villaggio il fosso era passato in disuso. Certo è che nel
sito di questa prima grande trincea di scavo, esso ap-
pare ricolmo sin quasi alla sua bocca antica di mate-
riale di scarico tutto neolitico.

Entro questo tratto del suolo venne ributtato un
po' di tutto ; masse di ceneri dei focolari, picchiettate
di carboncelli, sedimentate in letti orizzontali, inclinati
ed obliqui ; ossa animali, rifiuti dei pasti e della cucina,
talvolta parzialmente concotti o spaccati per il lungo ;
scopature ed immondizie delle case (da non intendersi,
naturalmente, nel senso moderno della parola, ma con
un significato infinitamente più lato), tra le quali s'infil-
travano e si sperdevano talvolta oggetti ancora buoni,
come lame litiche e di ossidiana, intatte o quasi ; jn
fine masse di ceramica e questa ridotta per lo più in pic-
coli pezzi, veramente inservibili. Questi banchi forma-
tisi con scarichi successivi costituivano talvolta degli
 
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