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GROMA

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maehinula; e questi pezzi abbiamo visto in ogni rin-
contro identificarsi con i corrispondentipezzi della machi-
nula del rilievo d'Ivrea, Non mi resta altro da dire se
non una parola sul peso complessivo dello strumento, e
sui pezzi in cui esso si scomponeva quando veniva
trasportato in campagna. Premesso che tutti i pezzi
originali in ferro e bronzo studiati pesano complessi-
vamente kg. 12,150 ('), col legno supplito, che si cal-
cola in circa kg. 3,000, lo strumento intero pesava
circa kg. 15,000; ma era scomponibile, a parte i
ntlera (kg. 1,680), in tre pezzi: ferramentum
[kg. 7,000 (?)], umbUieus soli [kg. 1,500(?)] e groma
[kg. 4,810].

* *

Potrei a questo punto, cedendo ad una seduzione che
ha vinto parecchi dei fisici avanti passati a rassegna,
azzardarmi in qualche saggio di applicazione, sia ripi-
gliando in esame qualche antico problema di pratica
geometria già studiato, e ricostruito con buoni o scarsi
risultati, sia cercando d'illuminare qualcuno dei tanti
passi oscuri dei gromatici con la scorta dell'istrumento
autentico restituitoci dagli scavi di Pompei. Me ne
astengo, essendo tale materia estranea all'oggetto pre-
cipuo di questo mio studio : esprimo però l'augurio che
altri, al seguito dei benemeriti editori tedeschi dei
Gromatici reteres, possa di proposito affrontare l'impresa,
qui soltanto in qualche punto sfiorata e nel testo e nelle
note, di dichiarare qualcuno di quelli che non rare volte
sono appunti informi che i gromatici affidarono allo
scritto, e che guasti e danneggiamenti e mutilazioni
ulteriori subirono nella tradizione manoscritta.

Quello che vale la pena di essere esposto, come cosa
davvero nuova, è qualche breve considerazione circa
i rapporti che intercedono tra il ferramentum e Vumbi-
licus soli, o meglio tra la cuspide del ferramentum (A-
a, b), saldamente confitta in terra, ed appiombata, e Yum-
bilicus soli del rostro (U), nell'atto che questo descrive
una circonferenza intorno all'asse: perchè, da una parte
si arriva a comprendere che cosa precisamente voglia
dire il gromatico Mpso col suo frequente precetto,
carente di ogni ulteriore determinazione metrica e to-
pografica, figes ferramentum ad lapidem, ovvero ad si-

(l) Con la descrizione di ogni pezzo si è soggiunto il relativo
peso.

gnum (J); e dall'altra parte si vedono proiettarsi in terra
dati metrici tanto precisamente coordinati alle varie
unità di misura antiche, che, mentre ci trascinano alla
ricostruzione del terminus o lapis, nelle sue piante e di-
mensioni più elementari e principali, ci convincono de-
finitivamente della mirabile armonia che presiedette
alla costruzione di ogni più piccola parte di questo stru-
mento topografico di precisione. Per amore di chiarezza,
ed anche per rispetto alle due ipotesi prospettateci da
Nipso, divido la trattazione di questa interessante
materia in due parti : ad lapidem ; ad signum.

1. Ad lapidem.

Dall'asse del ferramentum all'asse proiettato dal
centro della groma intercedono m. 0,234 (!), non suscet-
tibili di aumento o di diminuzione perchè il rostro
sporgente era rigido e non congegnato in guisa da po-
tersi allungare od accorciare. Da ciò consegue che in
quelle operazioni, per le quali era necessario piantare
l'istrumento accosto ai termini già esistenti, ad lapidem,
la qua.ntità di m. 0,234 fosse sufficiente a permettere
all'operatore di porre, con facilità secondo la parola
di Nipso (3), il centro della croce sul prolungamento
dell'asse verticale del termine, almeno nelle foggie
di quest'ultimo di uso più ovvio e di proporzioni
relativamente più comuni (4). L'esattezza di siffatta

f1) Gr. vet. 285, 14 ; 286, 19 ; 287, 3 ; 287, 25.

(2) Vedi avanti, a p . 40 e alla flg. 10.

(3) Gr. vet, 286, 19 ; 287, 3 e 26.

(4) Da un'attenta lettura dei Gr. vet., fatta col limitato
intento di raccogliere solo le notizie più interessanti ed attinenti
al presente studio, ricavo, per ciò che riguarda il « termine »,
la seguente documentazione :

A - a). Termini lapidei, e loro principali conformazioni
esteriori.

Frequentissima ricorre nei Gr. vet. la menzione dei termini
cilindrici, largamente adoperati nelle più antiche divisioni di terre
e nelle linee principali delle limitazioni relative : sono detti rotondi
228,9 ; 240, 2 ; 255, 18 ; 257, 27 ; 259, 24 ; 406, 22 ; in efjigiem co-
lumnae 228, 9 ; 259, 24. Tali sono i Gracchani 242, 8 ; Divi Juli
242, 11; Augustei, 240, 20; 242, 12; 341, 1; 348, 2 e 6;
401, 1; G. Caesaris 242, 15. Meno largamente citati sono i
termini quadrati 206, 6; Neroniani, Vespasiani et Traiam; 243, 3,
348, 10 ; in tetragonon, in efjigiem tituli 228, 8 ; quadrifinii 250, 3 ;
tra i quali forse sono da annoverare pure i Ti. Claudiani in
modum arcellae 275, 5. Scarsamente esemplificati sono i termini
a sezione triangolare, trigonii 228, 8 ; 241,10, e quelli laminari,
 
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