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401

VL VIALE MANZONI CN ROMA

462

di tenere il capo coperto a usanza delle spose era
inoltre una regola presso le zitelle cristiane (1), alle
quali doveva essere titolo di vanto l'apparire in pub-
blico in tenuta di spose, per aver contratto il mistico
sposalizio col Signore. Si tratta, dunque, anche in
questo caso, di una scena di vita vissuta, anzi di un
episodio saliente e storico per la gens Aurdia, con la
partecipazione di tutti i suoi componenti. 11 carat-
tere storico di taluni personaggi fra il pubblico degli
uditori, porta di conseguenza che anche all'oratore
o docente al centro del gruppo, sia da riconoscere
un contenuto storico. Ma nessuna identificazione
storica è oggi possibile, per assoluta mancanza di
quegli indizi che ci guidarono al riconoscimento dei
fratelli Aureli. Ci dovremo, quindi, limitare a ricono-
scere nel docente uno di quegli apostoli ferventi di
cristianesimo, che sotto gli ultimi imperatori del 11
secolo (da Commodo a Settimio Severo) si diffusero
largamente facendo proseliti in Roma e per tutte, si
può dire, le provincie del vastissimo impero (*).

Tutto quanto segue a destra della lunetta serve,
crediamo, a rafforzare notevolmente la nostra inter-
pretazione. Il giardino, rappresentato da questa parte,
ha fin qui sempre costituito uno scoglio gravissimo
per gli esegeti, visto che si deve assolutamente esclu-
dere l'identificazione del giardino con il Paradiso Ter-
restre, od altra rappresentazione del genere. La parte
destra del quadro è, infatti, troppo strettamente e ma-
terialmente collegata con l'altra parte, perchè vi sia
lecito di riscontrare una separazione netta, come si
richiederebbe tra un mondo ideale, fittizio, e il mondo
realmente vissuto, preso a oggetto di rappresentazione
nel quadro precedente. Non bisogna dimenticare, ma
occorre mettere in prima linea la presenza dei quattro
■ personaggi, tre uomini e una donna, al centro o quasi
del giardino (3). Sono questi i personaggi principali

i1) Id., d]). cit., p. 85.

(2) L'impero di Commodo rappresenta un periodo di pace
per i Cristiani. Vedi in proposito A. Manaresi, VImpero romano
e il Cristianesimo (Torino, 1914), p. 218 segg.

(3) Codesti personaggi, indispensabili alla retta interpreta-
zione del quadro, furono chiaramente veduti e fedelmente ri-
prodotti nel loro complesso, soltanto nell'acquarello bellissimo
del Ferretti a tav. XI. Nessuna riproduzione fotomeccanica
può dare, un'altrettanto fedele riproduzione del dipinto origi-
nale, macchiato e malamente conservato in questo punto. Le
descrizioni, quindi, nonché le interpretazioni da altri sinora
offerte del quadro, sono ricavate, per quanto et consta, prescin-
dendo da clementi in parte rimasti sconosciuti.

del quadro, poiché i due palliati alla periferia del recinto,
rispettivamente prossimi ai due ingressi, a sinistra, ed
in basso, sono semplicemente delle comparse e rispon-
dono all'unico ufficio di individuare meglio le vie di
comunicazione tra l'interno e l'esterno del recinto.

È facile ora identificare la donna ammantata con
l'altra simile del precedente episodio, e riconoscere
in essa l'Aurelia Prima. Anche gli uomini prossimi
alla donna nel secondo episodio, presentano affinità
notevoli con i compagni della donna nell'episodio
precedente. In ambedue i quadri appare il medesimo
personaggio barbato, in pallio.

Anche nel secondo quadro, perciò, saranno da iden-
tificare, oltre Aurelia Prima, i fratelli di questa, One-
simo, Paprio e Felicissimo.

L'azione che questi personaggi svolgono è nulla, o
consiste in semplici gesti di saluto, e il giardino, vero
hortus conclusila, è ormai quello che richiede esclusiva-
mente il nostro esame.

Come tutti gli elementi costitutivi della composi-
zione pittorica della lunetta non solo risultano rigoro-
samente ispirati alla vita realmente vissuta, ma anche
inerenti a cose e a persone che ci è, non di rado, pos-
sibile identificare, così crediamo che anche l'ambiente
del secondo episodio riproduca un mondo non già fit-
tizio, ma vero e imitato dal vero in molti suoi parti-
colari. Si tratta di un giardino, un hortùs suburbanus
situato a distanza non grande dalla città. Una via
pubblica importante, muovendo e sviluppandosi non
in linea retta, da una delle porte turrite della città,
sembra essere la via di comunicazione tra la città
ed il giardino, senza peraltro terminare alla porta d'in-
gresso del giardino stesso. Anche questo è poi chiuso
da un muro di cinta turrito. Adii perciò si dovrà pen-
sare ad un recinto fortificato : la frequenza delle porte
lungo il muro di cinta e l'ambiente racchiusovi dentro,
un semplice giardino borghese, escludono in maniera
assoluta l'idea della fortezza. Le torri all'intorno non
possono avere perciò alcuna reale funzione difensiva,
ma una semplice funzione decorativa. Così non è in-
frequente il caso di torri di vedetta ornamentali lungo
muri di cinta di moderni parchi e giardini signorili (*).

(l) Sui giardini romani ved. G. Lugli, Giardini e ville in
Roma aìitica (Estr. dal Dizionario Epigrafico di antichità ro-
mane di E. De Ruggiero, s. v. Hortcs). Id.. / Qiardxnidi Iioma
imperiale, iu Boll. Aasoc. Boat, di Archeologia, J.918, p. 'H\ segg.
 
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