i44 DELLA PERFETTA
confervnt ab omn 'i vitio remotum, Vìtia in fermone^ quomtnus Latinus
fit, duo pojsunt ejfe, Soloecifmns, & Barbarifmus. In quarto luogo
nè pur fu in quel secolo purgata i’Ortografia (a). Si scrivevano con
somma confusion le parole, senza le necefìarie lettere, o pur con al-
tre non necefìsarie, in maniera che, quaior si leggono i Manuscritti
di quelia eta, bisogna confefìare, che le Itaìiane Scritture erano al-
iora moito iontane in queila parte dalia ior perfezione. II medesi-
mo ancora avvenne aile Latine, prima che Gicerone, e gii airri suoi
contemporanei (b) dessero ioro l’uitima mano. Aggiungasi finalmen-
te, che ie Lingue han bisogno di iunghisfimo tempo per conseguire
la ior
(a) In qnatto luogo nè pur su Ìn quel fecolo purgata P Ortograsia. ] L’ Ortografia era
bella e buona, e accomodata àll’uso di que’tempi. Non ci erano accenti, nè apofirosi ,
i quali, benchè imbarazzi della scrittura, son però imbarazzi, che disbarazzano, e dan-
no luce e difiinzione. Ma non per quesio chi scriveva, non si lasciava intendere. La
parola troncata dalla vocale finale mangiata dalla iniziale vocale della voce seguente, s’
incorporava con quella, e saceva tutt’ una voce: imitando in cib la serrata pronunzia,
come appunto si vede, nelle Inscrizioni Greche, nelie quali all’uso antico non cosi sot-
tile e accurato, come il moderno, ma pure, non so come, più semplice, e più magni-
fico, non compariscono nè apofirofi, nè spiriti, nè accenti : de 1 quali non vi abbisogna-
va nel tempo che sioriva la Lingua, e pronunzia Greca; essendo poi venuti i Gramati-
ci a ritrovare quc’segni, per perpetuare e mantenere la vera pronunzia, che con tntta la
loro diiigenza non è riuscito. Io non ci ho dubbio , chc sia preferibiie l’uso degli apo-
ìtrosi al non uso: poichè a chi non intende molto, nè molto è esercitato, pub generare
dclie tcnebre, e delle confusioni. II Cavalier Patino, insigne Antiquario, in una Gre-
ca Inscrizione, ove si leggeva AlLIN, in vece di tradurre Per quae, , traduise D;o,
cioè Dione nome proprioj e di questi sbagli ne potrei contare moltissimi; siccome quegli
nati dali’attaccarsi nelle Lapide più parole insieme, senza fare spazio dall’una all’altra;
come in uno Epigramma Greco, che si legge dictro al dottissimo Libro di Monsignor
Ottavio Falconieri delle Inscrizioni Atletiche Farnesiane, ^EIOBOFIOE, che erano
due, cioè Tùsi, Boeihe, se n’ è fatta una sola nelia Traduzione ( chiunque quello Epi-
gramma si traducefì’e ) e detto Seioboethe, come se folse Seioboeto, e non Boetho il pro-
prio nome di quello Scultore d’Immaginette d’argento, lodato da Plinio. Ii non usare
adunque apostrosi, mancare degli accenti, attaccare più parole insieme, fon quelle cose ,
chc fanno pigliare in grandissima parte gii sbagli a chi non è molto avvertito nel ma-
neggiare i Manoscritti tanto Greci, che Toscani. Ma non si può condannare queU’uso,
eoi quale sono scritti tanti preziosi avanzi della Antichità, e dal quale noi possiamo
trarre giuste e difficilissime conietture. E si dee avcr grado agli antichi di quella loro
semplicità, la quale i moderni col distendere e segnare le voci in un modo, o in un
ahro, vengono a infruscare. Comunque sia, 1’ Ortografia non ha che fare colla Lingua .
Anzi quando le Lingue si parlavano e scrivevano bene, non ci era quella sottigliezza e
diltinzione di Ortografia, che è nata, dopo che elle i'ono scadute, e tralignate dal pri-
mier lufiro. Gli accenti, e i punti sono fiati in ttitte Lingue moderni; e inventati dat s
Gramatici per lo schiarimento degli Autori. Lontano era allora adunque I’ Italico Idio-
ma dalla perfezione dell’ Ortografia : lo voglio concedere. Lontano dalla perfezione dcl-
la Lingua: nego.
(■b) Cicerone, e gli altri fuoi contemporaneì, non diedero l’ultima mano alla lingua
Latina. II coimo, e ’l fiocco, per così dire, della Lingua Greca, e Latina, fu rinchiu-
so ìli una fìefìa età. Quando si cominciò a lcrivere ornatamente in Volgare , la Lingua
non era infante; avea più d’un Secolo addosio; era già passata per più d’una trafila; s
era parlata, e riparlata di molto tempo. Dei refio ii Petrarca chiama lo Stile Volgare
di jrefco trovato, e recente, per rapporto alla Lingua Latina, ch’era verso di lui atisiU
chissima, e nella quale i Letterati aveano durato a scrivere sino al siio tempo.
confervnt ab omn 'i vitio remotum, Vìtia in fermone^ quomtnus Latinus
fit, duo pojsunt ejfe, Soloecifmns, & Barbarifmus. In quarto luogo
nè pur fu in quel secolo purgata i’Ortografia (a). Si scrivevano con
somma confusion le parole, senza le necefìarie lettere, o pur con al-
tre non necefìsarie, in maniera che, quaior si leggono i Manuscritti
di quelia eta, bisogna confefìare, che le Itaìiane Scritture erano al-
iora moito iontane in queila parte dalia ior perfezione. II medesi-
mo ancora avvenne aile Latine, prima che Gicerone, e gii airri suoi
contemporanei (b) dessero ioro l’uitima mano. Aggiungasi finalmen-
te, che ie Lingue han bisogno di iunghisfimo tempo per conseguire
la ior
(a) In qnatto luogo nè pur su Ìn quel fecolo purgata P Ortograsia. ] L’ Ortografia era
bella e buona, e accomodata àll’uso di que’tempi. Non ci erano accenti, nè apofirosi ,
i quali, benchè imbarazzi della scrittura, son però imbarazzi, che disbarazzano, e dan-
no luce e difiinzione. Ma non per quesio chi scriveva, non si lasciava intendere. La
parola troncata dalla vocale finale mangiata dalla iniziale vocale della voce seguente, s’
incorporava con quella, e saceva tutt’ una voce: imitando in cib la serrata pronunzia,
come appunto si vede, nelle Inscrizioni Greche, nelie quali all’uso antico non cosi sot-
tile e accurato, come il moderno, ma pure, non so come, più semplice, e più magni-
fico, non compariscono nè apofirofi, nè spiriti, nè accenti : de 1 quali non vi abbisogna-
va nel tempo che sioriva la Lingua, e pronunzia Greca; essendo poi venuti i Gramati-
ci a ritrovare quc’segni, per perpetuare e mantenere la vera pronunzia, che con tntta la
loro diiigenza non è riuscito. Io non ci ho dubbio , chc sia preferibiie l’uso degli apo-
ìtrosi al non uso: poichè a chi non intende molto, nè molto è esercitato, pub generare
dclie tcnebre, e delle confusioni. II Cavalier Patino, insigne Antiquario, in una Gre-
ca Inscrizione, ove si leggeva AlLIN, in vece di tradurre Per quae, , traduise D;o,
cioè Dione nome proprioj e di questi sbagli ne potrei contare moltissimi; siccome quegli
nati dali’attaccarsi nelle Lapide più parole insieme, senza fare spazio dall’una all’altra;
come in uno Epigramma Greco, che si legge dictro al dottissimo Libro di Monsignor
Ottavio Falconieri delle Inscrizioni Atletiche Farnesiane, ^EIOBOFIOE, che erano
due, cioè Tùsi, Boeihe, se n’ è fatta una sola nelia Traduzione ( chiunque quello Epi-
gramma si traducefì’e ) e detto Seioboethe, come se folse Seioboeto, e non Boetho il pro-
prio nome di quello Scultore d’Immaginette d’argento, lodato da Plinio. Ii non usare
adunque apostrosi, mancare degli accenti, attaccare più parole insieme, fon quelle cose ,
chc fanno pigliare in grandissima parte gii sbagli a chi non è molto avvertito nel ma-
neggiare i Manoscritti tanto Greci, che Toscani. Ma non si può condannare queU’uso,
eoi quale sono scritti tanti preziosi avanzi della Antichità, e dal quale noi possiamo
trarre giuste e difficilissime conietture. E si dee avcr grado agli antichi di quella loro
semplicità, la quale i moderni col distendere e segnare le voci in un modo, o in un
ahro, vengono a infruscare. Comunque sia, 1’ Ortografia non ha che fare colla Lingua .
Anzi quando le Lingue si parlavano e scrivevano bene, non ci era quella sottigliezza e
diltinzione di Ortografia, che è nata, dopo che elle i'ono scadute, e tralignate dal pri-
mier lufiro. Gli accenti, e i punti sono fiati in ttitte Lingue moderni; e inventati dat s
Gramatici per lo schiarimento degli Autori. Lontano era allora adunque I’ Italico Idio-
ma dalla perfezione dell’ Ortografia : lo voglio concedere. Lontano dalla perfezione dcl-
la Lingua: nego.
(■b) Cicerone, e gli altri fuoi contemporaneì, non diedero l’ultima mano alla lingua
Latina. II coimo, e ’l fiocco, per così dire, della Lingua Greca, e Latina, fu rinchiu-
so ìli una fìefìa età. Quando si cominciò a lcrivere ornatamente in Volgare , la Lingua
non era infante; avea più d’un Secolo addosio; era già passata per più d’una trafila; s
era parlata, e riparlata di molto tempo. Dei refio ii Petrarca chiama lo Stile Volgare
di jrefco trovato, e recente, per rapporto alla Lingua Latina, ch’era verso di lui atisiU
chissima, e nella quale i Letterati aveano durato a scrivere sino al siio tempo.