RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
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trovi le sette opere della Misericordia di rara dipintura del novello Ca-
ravaggio; vi è ancora bellissima Tavola della Redenzione dei Cattivi,
opera di Bernardino il Siciliano. Sonovi altre dipinture di conto, e in
ispecieltà del Santafè, nostro Napoletano, e ne sono in diverse parti della
città dell'altre molto di gran conto, e ve ne furon presso ch'infinite
di sommo e incomparabil pregio, ma da forastieri imbolate. E men-
tre queste cose scriviamo, si dipinge la gran Cappella del Tesoro den-
tro il Duomo da Domenico Zampieri Bolognese.
E per tal cagione farem brieve racconto d'alcune più degne scul-
ture che sono in Napoli. In S. Giovanni a Carbonara è la famosa
cappella dei Marchesi di Vico, ove sono statue d'eterna memoria, e
fra l'altre nell'Altare quelle di S. Gio. Battista, di S. Sebastiano, di
S. Marco, di S. Luca e di S. Giorgio, opere di quel Piedro da Prata
Spagnuolo. Sonovi le statue di S. Pietro, di S. Paolo, di S. Andrea e
di S. Iacopo Apostolo, e altre molte d'incomparabile pregio, opere di
Giovanni da Nola, e -di Girolamo Santacroce, e d'Annibale Caccavello,
tutti e tre parimenti Napoletani. In Monte Uliveto sono molte e
pregiatissime statue, sicome la Natività di Nostro Signore nella cap-
pella dei Duchi di Amalfi. Evvi il sepolcro con la statua di Maria di
Raona, figliuola del Re Ferrante I, e di sopra la Risurrezione del Si-
gnore con la statua della Vergine, e altre molte di squisita scultura,
opera di Antonio Rosellino Fiorentino. E nella cappella della famiglia
del Pezzo è la statua di Nostra Signora con altre cose di gran conto,
opera di Girolamo Santacroce Napoletano, fatta a gara di quella di Gio-
vanni da Nola nella cappella dei Ligorii. Ed in quella dei Conti di
Terranuova, ora dei Marchesi di S. Mango, è l'Imagine della Vergine
Annunziata con altre figure, di quel Benedetto da Maiano Fiorentino.
Quivi è la statua di S. Antonio di Padova di quel Girolamo Auria
Napoletano. In S. Iacopo degli Spagnuoli è il sepolcro di D. Pietro
Toledo, di basso, o mezzo, rilievo, ma d'alto e sovrano pregio, opera
di Giovanni da Nola. Nella Chiesa di S. Maria detta a Cappella del
Coro sono quelle tre dignissime statue della Vergine, di S. Giovanni
Battista e di S. Benedetto, opera del Santacroce Napoletano. Nella
piazza della Selleria è la celebratissima Fontana, opera del già detto
nostro Giovanni da Nola, non altrimenti ch'il Sepolcro della Gaudina
in S. Chiara, e quel S. Sebastiano in S. Pietro a Maiella, e quel Putto
di creta su la Ruota de' Gittatelli ovvero Espositi presso al tempio
dell'Annunziata, e sovr'ogni altra cosa risplende il costui valore in
quella statua di Nostra Signora nella Chiesa di S. Maria delle Grazie
su il Monte. In S. Severino, nel sepolcro del giovinetto Andrea Bo-
nifacio, e nel sepolcro de' Cicari sono molte statue di tutto e mezzo
rilievo di somma lode, opera di quel Pietro da Prata, Spagnuolo. Nella
chiesa dello Spirito Santo, è la Croce col Cristo di tutto rilievo e di
tutta eccellenza, di quel Gio. Angelo Naccherino Fiorentino. Nella cap-
pella dell'Angelo sotto il palagio del Monte di Manso, è il vivo Capo
di metallo del poeta Gio. Battista Marino Napoletano di rara maestria,
opera di Bartolomeo Viscontini Milanese. Sonovi le Sirene di bianchi
marmi, opera di Gio. Marco Vitale Napoletano, di cui è il nobilissimo
sepolcro di Carlo Spinello, con dignissime statue in S. Domenico. In
S. Aniello sono le famose statue di S. Dorotea e di S. Girolamo, quella
di Giovanni da Nola e questa del Santacroce Napoletano. In S. Dome-
nico nella Cappella degli Arcelli è la statua della Vergine con l'al-
tre due, opera del Nola. Nel Tempio dell'Annunziata è la Statua di
S. Paolo col mistero della passion di Cristo dello stesso Nola. Evvi
quel S. Giovanni Evangelista, opera di Gio. Domenico Auria Napole-
tano, e quel S. Andrea di Annibale Caccavello, anch'egli Napoletano.
Nell'antico palagio di Diomede Carafa conte di Maddaloni sono de-
gne statue, e ve ne furon dell'altre molte, fra le quali il capo d'Ot-
tavio Imp. di selce, opera di singolare e meraviglioso artificio. Nella
villa di Mergellina presso la Città è il sepolcro del nostro Sannazaro,
ove risplende non men la di lui statua, opera del Santacroce Napole-
tano, che quella d'Apollo e di Minerva, opera di quel Gio. Angelo
Fiorentino. [In marg.: Altri vogliono che tutto sia opera di F. Gio.
Angelo Casale Fiorentino]. Sono in Napoli dell'altre cose di conto,
e ve ne furono quasi innumerabili che hora non appaiono.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Commissione Municipale pei monumenti.
Tornata del 22 dicembre 1898:
Si rimanda alla Commissione Provinciale pei Monumenti lo studio
della proposta di circondare con inferriata la gradinata della chiesa dei
Gerolomini, che è monumento nazionale.
Si deplora che non si sia trovato ancora il marmo di copertura
della tomba di S. Candida nel soccorpo di S. Pietro ad Aram e si
ordinano ricerche più accurate affinchè non vada disperso.
Si dispone lo studio di un progetto per la ricomposizione delle
fontane del Pendino e delle Sirene in modo da esser in grado di fare
su di ciò una proposta concreta al Sindaco.
Un quadro di Marco del Pino a Gragnano.
L'egregio sig. dott. G. Cosenza, ispettore dei monumenti, ci scrive:
« Il Filangieri di Candida, nel suo recente studio su Marco del
Pino (a. VII, fase. XI), fa cenno di un quadro di detto autore esi-
stente nella Chiesa del Corpo di Cristo in Gragnano, e già altra volta
(a. IV, fase. VI) menzionato da un assiduo, che chiedeva alla Napoli
nobilissima di occuparsi della pitture di pregio conservate nelle chiese
di detta città. Essendomi recato per un'ispezione, or son pochi giorni,
a Gragnano, ebbi agio di osservare il dipinto in parola, che trovasi
nella g.a cappella a sinistra della su menzionata chiesa. Rappresenta,
su tavola di circa m. 4 x 2,50, la Trasfigurazione di Cristo. L'intero
campo della rappresentazione è come diviso in due parti distinte: in
basso quasi a metà altezza della tavola, una rupe con i tre apostoli a
grandezza naturale e paesaggio in lontananza; in alto, in un nimbo
ovale di luce, la figura di Cristo in bianca veste con ai lati i due pro-
feti Mosè ed Elia; più in alto il busto dell'Eterno Padre uscente dalle
nuvole, con in mano spiegata la scritta: hic est filius meus dilectus
IN QUO MIHI BENE COMPLACUI IPSUM.
«Il quadro, appartenente alla categoria dei dipinti dalle tinte
chiare, benché contenga figure di corretto disegno, manca di rilievo;
e specie nella figura dell'apostolo di mezzo, che è la più in evidenza,
si osserva un certo che di sforzato e di esagerato, che molto nuoce
all'effetto. Invano si cercherebbe poi nelle figure in alto, e special-
mente in quella del Cristo informata più all'idea della maestà che a
quella della plastica bellezza, la morbidezza di corpi librantisi in aria,
che tanto spiccata appare nel capolavoro di Raffaello. Molto scialbe
inoltre, fors'anco per l'azione del tempo, si presentano le tinte, par-
ticolarmente nello sfondo e nella parte superiore del quadro, nel cui
complesso si cerca invano quel contrasto che forse fu nell'intendi-
mento dell'autore, ma che riuscì invece ad una certa disuguaglianza
nella distribuzione delle parti e ad una certa apparente disparità, che
rompe il necessario coordinamento fra l'azione umana e la divina, in
modo che la parte sottostante pare esca dell'insieme, avendo gli apo-
stoli improntati i volti più al sentimento della paura che a quello
della maraviglia.
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trovi le sette opere della Misericordia di rara dipintura del novello Ca-
ravaggio; vi è ancora bellissima Tavola della Redenzione dei Cattivi,
opera di Bernardino il Siciliano. Sonovi altre dipinture di conto, e in
ispecieltà del Santafè, nostro Napoletano, e ne sono in diverse parti della
città dell'altre molto di gran conto, e ve ne furon presso ch'infinite
di sommo e incomparabil pregio, ma da forastieri imbolate. E men-
tre queste cose scriviamo, si dipinge la gran Cappella del Tesoro den-
tro il Duomo da Domenico Zampieri Bolognese.
E per tal cagione farem brieve racconto d'alcune più degne scul-
ture che sono in Napoli. In S. Giovanni a Carbonara è la famosa
cappella dei Marchesi di Vico, ove sono statue d'eterna memoria, e
fra l'altre nell'Altare quelle di S. Gio. Battista, di S. Sebastiano, di
S. Marco, di S. Luca e di S. Giorgio, opere di quel Piedro da Prata
Spagnuolo. Sonovi le statue di S. Pietro, di S. Paolo, di S. Andrea e
di S. Iacopo Apostolo, e altre molte d'incomparabile pregio, opere di
Giovanni da Nola, e -di Girolamo Santacroce, e d'Annibale Caccavello,
tutti e tre parimenti Napoletani. In Monte Uliveto sono molte e
pregiatissime statue, sicome la Natività di Nostro Signore nella cap-
pella dei Duchi di Amalfi. Evvi il sepolcro con la statua di Maria di
Raona, figliuola del Re Ferrante I, e di sopra la Risurrezione del Si-
gnore con la statua della Vergine, e altre molte di squisita scultura,
opera di Antonio Rosellino Fiorentino. E nella cappella della famiglia
del Pezzo è la statua di Nostra Signora con altre cose di gran conto,
opera di Girolamo Santacroce Napoletano, fatta a gara di quella di Gio-
vanni da Nola nella cappella dei Ligorii. Ed in quella dei Conti di
Terranuova, ora dei Marchesi di S. Mango, è l'Imagine della Vergine
Annunziata con altre figure, di quel Benedetto da Maiano Fiorentino.
Quivi è la statua di S. Antonio di Padova di quel Girolamo Auria
Napoletano. In S. Iacopo degli Spagnuoli è il sepolcro di D. Pietro
Toledo, di basso, o mezzo, rilievo, ma d'alto e sovrano pregio, opera
di Giovanni da Nola. Nella Chiesa di S. Maria detta a Cappella del
Coro sono quelle tre dignissime statue della Vergine, di S. Giovanni
Battista e di S. Benedetto, opera del Santacroce Napoletano. Nella
piazza della Selleria è la celebratissima Fontana, opera del già detto
nostro Giovanni da Nola, non altrimenti ch'il Sepolcro della Gaudina
in S. Chiara, e quel S. Sebastiano in S. Pietro a Maiella, e quel Putto
di creta su la Ruota de' Gittatelli ovvero Espositi presso al tempio
dell'Annunziata, e sovr'ogni altra cosa risplende il costui valore in
quella statua di Nostra Signora nella Chiesa di S. Maria delle Grazie
su il Monte. In S. Severino, nel sepolcro del giovinetto Andrea Bo-
nifacio, e nel sepolcro de' Cicari sono molte statue di tutto e mezzo
rilievo di somma lode, opera di quel Pietro da Prata, Spagnuolo. Nella
chiesa dello Spirito Santo, è la Croce col Cristo di tutto rilievo e di
tutta eccellenza, di quel Gio. Angelo Naccherino Fiorentino. Nella cap-
pella dell'Angelo sotto il palagio del Monte di Manso, è il vivo Capo
di metallo del poeta Gio. Battista Marino Napoletano di rara maestria,
opera di Bartolomeo Viscontini Milanese. Sonovi le Sirene di bianchi
marmi, opera di Gio. Marco Vitale Napoletano, di cui è il nobilissimo
sepolcro di Carlo Spinello, con dignissime statue in S. Domenico. In
S. Aniello sono le famose statue di S. Dorotea e di S. Girolamo, quella
di Giovanni da Nola e questa del Santacroce Napoletano. In S. Dome-
nico nella Cappella degli Arcelli è la statua della Vergine con l'al-
tre due, opera del Nola. Nel Tempio dell'Annunziata è la Statua di
S. Paolo col mistero della passion di Cristo dello stesso Nola. Evvi
quel S. Giovanni Evangelista, opera di Gio. Domenico Auria Napole-
tano, e quel S. Andrea di Annibale Caccavello, anch'egli Napoletano.
Nell'antico palagio di Diomede Carafa conte di Maddaloni sono de-
gne statue, e ve ne furon dell'altre molte, fra le quali il capo d'Ot-
tavio Imp. di selce, opera di singolare e meraviglioso artificio. Nella
villa di Mergellina presso la Città è il sepolcro del nostro Sannazaro,
ove risplende non men la di lui statua, opera del Santacroce Napole-
tano, che quella d'Apollo e di Minerva, opera di quel Gio. Angelo
Fiorentino. [In marg.: Altri vogliono che tutto sia opera di F. Gio.
Angelo Casale Fiorentino]. Sono in Napoli dell'altre cose di conto,
e ve ne furono quasi innumerabili che hora non appaiono.
NOTIZIE ED OSSERVAZIONI
Commissione Municipale pei monumenti.
Tornata del 22 dicembre 1898:
Si rimanda alla Commissione Provinciale pei Monumenti lo studio
della proposta di circondare con inferriata la gradinata della chiesa dei
Gerolomini, che è monumento nazionale.
Si deplora che non si sia trovato ancora il marmo di copertura
della tomba di S. Candida nel soccorpo di S. Pietro ad Aram e si
ordinano ricerche più accurate affinchè non vada disperso.
Si dispone lo studio di un progetto per la ricomposizione delle
fontane del Pendino e delle Sirene in modo da esser in grado di fare
su di ciò una proposta concreta al Sindaco.
Un quadro di Marco del Pino a Gragnano.
L'egregio sig. dott. G. Cosenza, ispettore dei monumenti, ci scrive:
« Il Filangieri di Candida, nel suo recente studio su Marco del
Pino (a. VII, fase. XI), fa cenno di un quadro di detto autore esi-
stente nella Chiesa del Corpo di Cristo in Gragnano, e già altra volta
(a. IV, fase. VI) menzionato da un assiduo, che chiedeva alla Napoli
nobilissima di occuparsi della pitture di pregio conservate nelle chiese
di detta città. Essendomi recato per un'ispezione, or son pochi giorni,
a Gragnano, ebbi agio di osservare il dipinto in parola, che trovasi
nella g.a cappella a sinistra della su menzionata chiesa. Rappresenta,
su tavola di circa m. 4 x 2,50, la Trasfigurazione di Cristo. L'intero
campo della rappresentazione è come diviso in due parti distinte: in
basso quasi a metà altezza della tavola, una rupe con i tre apostoli a
grandezza naturale e paesaggio in lontananza; in alto, in un nimbo
ovale di luce, la figura di Cristo in bianca veste con ai lati i due pro-
feti Mosè ed Elia; più in alto il busto dell'Eterno Padre uscente dalle
nuvole, con in mano spiegata la scritta: hic est filius meus dilectus
IN QUO MIHI BENE COMPLACUI IPSUM.
«Il quadro, appartenente alla categoria dei dipinti dalle tinte
chiare, benché contenga figure di corretto disegno, manca di rilievo;
e specie nella figura dell'apostolo di mezzo, che è la più in evidenza,
si osserva un certo che di sforzato e di esagerato, che molto nuoce
all'effetto. Invano si cercherebbe poi nelle figure in alto, e special-
mente in quella del Cristo informata più all'idea della maestà che a
quella della plastica bellezza, la morbidezza di corpi librantisi in aria,
che tanto spiccata appare nel capolavoro di Raffaello. Molto scialbe
inoltre, fors'anco per l'azione del tempo, si presentano le tinte, par-
ticolarmente nello sfondo e nella parte superiore del quadro, nel cui
complesso si cerca invano quel contrasto che forse fu nell'intendi-
mento dell'autore, ma che riuscì invece ad una certa disuguaglianza
nella distribuzione delle parti e ad una certa apparente disparità, che
rompe il necessario coordinamento fra l'azione umana e la divina, in
modo che la parte sottostante pare esca dell'insieme, avendo gli apo-
stoli improntati i volti più al sentimento della paura che a quello
della maraviglia.