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NAPOLI NOBILISSIMA
Alla fabbrica della chiesa e del convento contribuì in
buona parte la famiglia reale Angioina, e nei Registri del-
l'Archivio di Stato dall'anno 1319 al 1341 sono notati
molti pagamenti ed oblazioni fatte dalla regina Maria di
Ungheria, dal re Roberto, da Giovanna I e dal re Andrea
suo marito; nel registro Angioino del 1343 (fol. 86 t.)
è ordinato il pagamento di una somma data da Andrea in
occasione di un suo pellegrinaggio alla chiesa (equitavit
in ecclesia S. Petri de Mayella).
Già subito dopo il suo compimento ebbero sepoltura
nella chiesa personaggi illustri e famiglie nobili napoletane.
Oltre la tomba del fondatore Giovanni Pipino, che esiste
ancora e della quale parleremo più innanzi, l'Engenio, che
scriveva nel 1626, riporta molti altri sepolcri del sec. XIV,
che ora più non esistono: cioè quello di Giovanni de
Diano, maestro razionale della regia Curia (t 1328), di
Agostino Malasorte Dottore di Decreti (1329), di Rinaldo
e Guglielmo Rota morti nello stesso anno (1335), di
Maestro Decilodedi e dei figli Petrillo e Masello (1337),
di Pietro Moccia, ciambellano e famigliare di Andrea d'Un-
gheria (1338), di Francesca Blasio di Capua, moglie di
Gualtierotto de Ferro di Vetrachiano (1348), di Pietro de
Galganis Arcivescovo di Cosenza (1362), di Massimo de
Valerianis de Piperno (1366), di Ferruccio Monteforte,
notaio della regia Curia (1382), di Giovanni di Penna
medico (1388), di Riccardo Rota, milite (1392) (D.
Nei principii del secolo XV questo monistero era con-
siderato come uno dei principali dell'ordine Celestino, e
qui gli altri monisteri delle provincie mettevano in sicuro
ciò che avean di prezioso, per salvarlo dalle guerre e dai
saccheggi, che in quel tempo erano abituali per la lunga
contesa civile fra il secondo ramo angioino ed i Durazze-
schi. Ma nel giorno 15 agosto 1407 un fulmine colpì la
chiesa e suscitò un grave incendio, che produsse serii
danni al monistero ed alla chiesa, e distrusse gemme,
drappi, libri, suppellettili ed oggetti preziosi non solo di
proprietà di S. Pietro a Maiella, ma di altre chiese e
conventi dell'ordine, quivi radunati e conservati: a ripa-
rarne i danni i frati dovettero vendere un loro fondo ru-
stico posto a Ponticelli, per cinque oncie di carlini d'ar-
gento.
Nel 1489 Alfonso d'Aragona duca di Calabria, primo-
genito di re Ferrante I, volendo edificare un palazzo (che
fu detto la Duchesca) (2) vicino al castello di Capuana e
proprio dove era il monistero della Maddalena, comprò
l'altro monastero di S. Caterina a Formello (3), appartenente
(1) Engenio, Napoli sacra, p. 77.
(2) Su questo palazzo, v. la monografia di A. Colombo, in Arch.
Stor. Nap., IX, 563.
(3) Sul monastero di S. Caterina a Formello, v. gli articoli di G.
Ceci in questa rivista, an. X.
all'ordine Celestino, per darlo alle monache della Madda-
lena, con istrumento del 28 novembre di detto anno per
notar Cesare Malfitano, nel quale si stabilì che il moni-
stero di S. Caterina a Formello si sarebbe, da quel giorno,
chiamato della Maddalena, e che i frati andrebbero a S. Pie-
tro a Maiella con tutte le loro robe e possedimenti (com-
prese le campane della chiesa) per fondersi in tutto con
quel convento. Da questa unione risultò una maggiore
agiatezza per S. Pietro a Maiella, perchè i due monasteri
erano piuttosto poveri di rendita.
Il duca di Calabria pagò ai frati 2000 ducati in com-
penso di S. Caterina, e questo danaro fu impiegato por-
zione nella compra di due fondi arbustati messi in Por-
chiano, presso Napoli, e parte nell'ampliamento del mo-
nistero e della chiesa di S. Pietro a Maiella. In questa
occasione la navata della chiesa fu allungata nella parte
anteriore, aggiungendovi quattro cappelle, due a destra e
due a sinistra dell'attuale porta ed occupando il posto della
corte, che, come ho detto, stava davanti alla primitiva
chiesa. Probabilmente allora dovette esser rifatta tutta la
navata principale, se così può giudicarsi dalla identica con-
dizione degli archi acuti e dei pilastri che li sostengono,
come dalla identità della pietra adoperata, che è il tufo
nero di Nocera. Così la chiesa ebbe nove cappelle, come
ora si vede, cinque in cornu epistolae e quattro in cornu
evangelii, mancandone da questa parte una, occupata dalla
porta minore sotto il campanile. A questa rifazione della
chiesa che ebbe termine nel 1,58 dovette contribuire in
gran parte Colanello Imparato Arrendatore della Dogana
di Napoli; e così possono accordarsi i documenti pubbli-
cati dal Filangieri (p. 267) riguardanti il contratto dei
frati coi muratori Baldassarre Tagliaferro e Paolo Coda
di Cava, con la notizia pubblicata dall'Engenio (p. 74)
che l'Imparato avesse rifatta la chiesa in quell'anno 1508.
In questa chiesa fu seppellito nel 1517 Francesco Elio
Marchese, erudito e letterato in grande stima ai suoi tempi,
ed autore di un libro delle Nobili famiglie Napoletane, pub-
blicato poi da Carlo Borrelli nel 1653. Una lastra di mar-
mo con l'iscrizione che lo ricordava, era messa sul pavi-
mento, ma fu tolta quando questo fu rifatto, e così ne
scomparve ogni memoria.
La grande porta d'ingresso fu fatta nel 1600 dalla prin-
cipessa di Conca, moglie di Matteo di Capua, grande am-
miraglio del Regno e figlia di Don Pietro de Zunica conte
di Miranda « per voto fattone a S. Pietro Celestino ac-
« ciocché alla luce l'havesse fatto partorire l'unico suo
« figliuolo maschio che portava nel ventre » (0. Sulla porta
c'è lo stemma dei Capua e dei Zunica sormontato dal-
l'uccello di paradiso col motto Negligit ima, che era l'im-
(1) De Lellis, ms. in bibl. Brancacciana.
NAPOLI NOBILISSIMA
Alla fabbrica della chiesa e del convento contribuì in
buona parte la famiglia reale Angioina, e nei Registri del-
l'Archivio di Stato dall'anno 1319 al 1341 sono notati
molti pagamenti ed oblazioni fatte dalla regina Maria di
Ungheria, dal re Roberto, da Giovanna I e dal re Andrea
suo marito; nel registro Angioino del 1343 (fol. 86 t.)
è ordinato il pagamento di una somma data da Andrea in
occasione di un suo pellegrinaggio alla chiesa (equitavit
in ecclesia S. Petri de Mayella).
Già subito dopo il suo compimento ebbero sepoltura
nella chiesa personaggi illustri e famiglie nobili napoletane.
Oltre la tomba del fondatore Giovanni Pipino, che esiste
ancora e della quale parleremo più innanzi, l'Engenio, che
scriveva nel 1626, riporta molti altri sepolcri del sec. XIV,
che ora più non esistono: cioè quello di Giovanni de
Diano, maestro razionale della regia Curia (t 1328), di
Agostino Malasorte Dottore di Decreti (1329), di Rinaldo
e Guglielmo Rota morti nello stesso anno (1335), di
Maestro Decilodedi e dei figli Petrillo e Masello (1337),
di Pietro Moccia, ciambellano e famigliare di Andrea d'Un-
gheria (1338), di Francesca Blasio di Capua, moglie di
Gualtierotto de Ferro di Vetrachiano (1348), di Pietro de
Galganis Arcivescovo di Cosenza (1362), di Massimo de
Valerianis de Piperno (1366), di Ferruccio Monteforte,
notaio della regia Curia (1382), di Giovanni di Penna
medico (1388), di Riccardo Rota, milite (1392) (D.
Nei principii del secolo XV questo monistero era con-
siderato come uno dei principali dell'ordine Celestino, e
qui gli altri monisteri delle provincie mettevano in sicuro
ciò che avean di prezioso, per salvarlo dalle guerre e dai
saccheggi, che in quel tempo erano abituali per la lunga
contesa civile fra il secondo ramo angioino ed i Durazze-
schi. Ma nel giorno 15 agosto 1407 un fulmine colpì la
chiesa e suscitò un grave incendio, che produsse serii
danni al monistero ed alla chiesa, e distrusse gemme,
drappi, libri, suppellettili ed oggetti preziosi non solo di
proprietà di S. Pietro a Maiella, ma di altre chiese e
conventi dell'ordine, quivi radunati e conservati: a ripa-
rarne i danni i frati dovettero vendere un loro fondo ru-
stico posto a Ponticelli, per cinque oncie di carlini d'ar-
gento.
Nel 1489 Alfonso d'Aragona duca di Calabria, primo-
genito di re Ferrante I, volendo edificare un palazzo (che
fu detto la Duchesca) (2) vicino al castello di Capuana e
proprio dove era il monistero della Maddalena, comprò
l'altro monastero di S. Caterina a Formello (3), appartenente
(1) Engenio, Napoli sacra, p. 77.
(2) Su questo palazzo, v. la monografia di A. Colombo, in Arch.
Stor. Nap., IX, 563.
(3) Sul monastero di S. Caterina a Formello, v. gli articoli di G.
Ceci in questa rivista, an. X.
all'ordine Celestino, per darlo alle monache della Madda-
lena, con istrumento del 28 novembre di detto anno per
notar Cesare Malfitano, nel quale si stabilì che il moni-
stero di S. Caterina a Formello si sarebbe, da quel giorno,
chiamato della Maddalena, e che i frati andrebbero a S. Pie-
tro a Maiella con tutte le loro robe e possedimenti (com-
prese le campane della chiesa) per fondersi in tutto con
quel convento. Da questa unione risultò una maggiore
agiatezza per S. Pietro a Maiella, perchè i due monasteri
erano piuttosto poveri di rendita.
Il duca di Calabria pagò ai frati 2000 ducati in com-
penso di S. Caterina, e questo danaro fu impiegato por-
zione nella compra di due fondi arbustati messi in Por-
chiano, presso Napoli, e parte nell'ampliamento del mo-
nistero e della chiesa di S. Pietro a Maiella. In questa
occasione la navata della chiesa fu allungata nella parte
anteriore, aggiungendovi quattro cappelle, due a destra e
due a sinistra dell'attuale porta ed occupando il posto della
corte, che, come ho detto, stava davanti alla primitiva
chiesa. Probabilmente allora dovette esser rifatta tutta la
navata principale, se così può giudicarsi dalla identica con-
dizione degli archi acuti e dei pilastri che li sostengono,
come dalla identità della pietra adoperata, che è il tufo
nero di Nocera. Così la chiesa ebbe nove cappelle, come
ora si vede, cinque in cornu epistolae e quattro in cornu
evangelii, mancandone da questa parte una, occupata dalla
porta minore sotto il campanile. A questa rifazione della
chiesa che ebbe termine nel 1,58 dovette contribuire in
gran parte Colanello Imparato Arrendatore della Dogana
di Napoli; e così possono accordarsi i documenti pubbli-
cati dal Filangieri (p. 267) riguardanti il contratto dei
frati coi muratori Baldassarre Tagliaferro e Paolo Coda
di Cava, con la notizia pubblicata dall'Engenio (p. 74)
che l'Imparato avesse rifatta la chiesa in quell'anno 1508.
In questa chiesa fu seppellito nel 1517 Francesco Elio
Marchese, erudito e letterato in grande stima ai suoi tempi,
ed autore di un libro delle Nobili famiglie Napoletane, pub-
blicato poi da Carlo Borrelli nel 1653. Una lastra di mar-
mo con l'iscrizione che lo ricordava, era messa sul pavi-
mento, ma fu tolta quando questo fu rifatto, e così ne
scomparve ogni memoria.
La grande porta d'ingresso fu fatta nel 1600 dalla prin-
cipessa di Conca, moglie di Matteo di Capua, grande am-
miraglio del Regno e figlia di Don Pietro de Zunica conte
di Miranda « per voto fattone a S. Pietro Celestino ac-
« ciocché alla luce l'havesse fatto partorire l'unico suo
« figliuolo maschio che portava nel ventre » (0. Sulla porta
c'è lo stemma dei Capua e dei Zunica sormontato dal-
l'uccello di paradiso col motto Negligit ima, che era l'im-
(1) De Lellis, ms. in bibl. Brancacciana.