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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 11.1902

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Nr. 9
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Miola, Alfonso: Ricostruzioni e restauri
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https://doi.org/10.11588/diglit.71021#0147

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

UT

piazzetta fra S. Severino, il palazzo Carafa e S. Marcel-I
lino, vi chiedete ancora perchè la bella facciata di que-
st'ultima chiesa, anzi tutto l'esterno del vestibolo, opera
in pietra di piperno de' principii del '6oo non s'è cer-
cato d'isolarlo e restaurarlo. Scendendo per la nuova via,
il cui primo tratto prenderà il nome di Bartolommeo Ca-
passo, vedrete appresso la grandiosa facciata di S. Seve-
rino resa anche più importante per l'aggiustamento che
le si è creato dinanzi; vedrete, dico, proprio al di sotto
del grande Archivio di Stato, tal cosa da vergognarsene
non la vecchia Napoli che sparisce, ma la nuova che ri-
sorge. Là dove ognuno poteva ragionevolmente sperare
che si fosse alfine aperto all'Archivio un ingresso degno
di un tanto istituto, che cosa hanno fatto? Nel nuovo mi-
serabile muricciuolo di sostegno al giardino dell'Archivio
sono state aperte ben dieci, stavo per dire botteghe e cor-
reggo, covili o tane, proprio ciò che il nostro popolino
preferisce per la mitezza dei fitti; e sono naturalmente
questi di cui parlo fittati tutti. Ivi si esercitano mestieri
o vendite, e vi si abita, cioè, com'è facile figurarsi, ser-
vono da succursale alle abitazioni e nei meno puliti uffici
i marciapiedi della via, divenuti già privata pertinenza di
quella ora piccola colonia, ma destinata col tempo a un
grande avvenire. Andate ancora più innanzi per quella di-
scesa, che col nome di Arte della lana sbocca in via del
Duomo, e a cui si schiude di fronte un'altra via, e que-
sta dopo breve tratto si arresta senza sfondare l'informe
caseggiato, onde ci è tolta la vista del bel campanile di
S. Agostino nonché della vicina chiesa monumentale. Quelle
fabbriche sono la Zecca, proprietà non di privati, ma dello
Stato, e di qui gli ostacoli che forse ne impediranno per
sempre la demolizione.
Attraversando viuzze e chiassuoli, vi trovate in un vi-
colo d'una strettezza inconcepibile, donde si guarda giù
il Corso Umberto I, col quale per mezzo di scalini è messo
in comunicazione. Quel vicoletto, in disaccordo coi rego-
lamenti edilizi, non è stato allargato o forse si spera di
poterlo fare dal lato ov'è la Zecca: intanto se ne tollera
l'esistenza, e ciò è ben poco in confronto di questo, che
il campanile non solo apparisce in esso come sprofondato
in un pozzo, ma gli si appoggia sull'un dei lati fin oltre
alla metà dell'altezza non ,una qualche vecchia casupola,
di cui si farebbe presto a sbarazzarlo, ma costruzioni di
fresco elevate, che formano tutt'uno con un vasto, mas-
siccio e borioso palazzo fra i più in vista sul rettifilo. Ba-
stava costringere chi lo edificò a rinunziare a pochi me-
tri di suolo, per portare alla voluta larghezza il vicoletto
e poter scorgere in fondo a esso, stando sul Corso Um-
berto, l'intero fianco scoperto del disgraziato monumento,
sepolto ora senza speranza di risurrezione.
Quando simili cose sono possibili senza che ninno muova

un dito per impedirle, anzi passando esse, come credo, af-
fatto inosservate; quando si lascia cadere in distruzione
nascosto dietro una muraglia il meraviglioso arco di Ca-
stelnuovo; quando quel gioiello di arte del più puro ri-
sorgimento, che è Porta Capuana, resta come fu ridotto
in tempi di barbarie, e la fontana di Giovanni da Nola
si ebbe a confinare, per salvarla, fra i cespugli della Villa
comunale; quando per l'esterno di S. Giovanni a Carbo-
nara, di S. Chiara, di S. Caterina a Formello, della Sa-
pienza, della cappella del Pontano, di tante altre chiese,
di tanti palazzi e torri e porte monumentali, nulla o quasi
nulla si è saputo o potuto fare, è naturale che si dica
e creda tale anche all'esterno, giacché di antiche opere
d'arte non immediatamente visibili a ognuno ne racchiude
a dovizia, avrebbe dovuto l'opera del risanamento edilizio
procedere di consenso con quella di risanamento dei no-
stri pericolanti monumenti. Molto potevasi sotto un tal ri-
guardo ottenere, con non molta spesa e con effetti com-
pleti e duraturi se in tempo si fosse a ciò provveduto.
Isolare le chiese e e ogni altro antico edificio, il cui
esterno e pel disegno e pei materiali abbia una certa im-
portanza, porli tutti nelle condizioni di visibilità atte a ca-
varne il maggiore effetto estetico, era in primo luogo da
farsi e forse non sarà più possibile il farlo.
Nondimeno un progetto generale che si riferisse alla
sistemazione definitiva dei monumenti cittadini, massime
riguardo al loro isolamento, son d'avviso doversi a ogni
modo propugnare: il che non importerebbe che dal pro-
getto si avesse subito a passare all'esecuzione. Promosso
e appoggiato da singoli individui e da associazioni com-
petenti, approvato da chi ne ha l'autorità, resterebbe come
un piano regolatore donde a ninno, e in nessun tempo,
sarebbe lecito scostarsi.
La lotta per la salvezza dei monumenti napoletani è
d'una difficoltà scoraggiante; ma pure non bisogna ritrarsi
dal tentarla, e occorre soprattutto non darla vinta ai distrut-
tori odierni, fra i quali annovero come i più pericolosi
taluni che per voler salvare distruggono, non diversamente
dagli altri, anzi peggio.
Eccoci dunque nel tema dei restauri, i quali s'intrapren-
dono qui da noi assai di frequente, e massime nelle chiese;
ma con risultati tutt'altro che felici. Essi equivalgono il
più delle volte a una estrema irreparabile rovina per quanto
conserviamo ancora nelle chiese di pregiato e di raro. Che
amore e che senso d'arte e qual corredo di riflessioni, di
studii e di raffronti a fare, anzi talvolta a divinare un re-
stauro! Infiniti sono i casi che si presentano e imprevedi-
bili: ciò impedisce di dettar regole, ma non d'insistere su
qualche punto fondamentale. I principali mi paion questi
che pel restauro debba risanarsi l'oggetto deperito, conso-
 
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