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Pistolesi, Erasmo; Guerra, Camillo [Ill.]
Il Vaticano (Band 6) — Rom, 1829

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https://doi.org/10.11588/diglit.8397#0121
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78 IL VATICANO

l'alfabetica scrittura. Se per istabilire questa verità fossero necessarie delle mag-
giori prove, non mi sarebbe diffìcile di trovarne nelle origini greche, ed in certe
asiatiche storie. I Greci trasportarono queste ultime nel loro paese, o forse Jurono
loro portate, e le confusero colle propie ogni volta, che i nomi asiatici ed i nomi
greci presentavano loro i più leggieri rapporti. Quindi eravi una Niobe tebana,
figliuola di Pelope e di Taigete, oppure di Foraneo e di Laodice: ella fu sposa
di Zeto, o d'Anfione, o d'Alalcomene, fondatore di citta nella Beozia: dessa
fu madre d'Ismeno, fiume della Beozia: d'Argo, che fondò Argo: d'Amicla,
che fondò Amicla nella Laconia : di Genna che fondò la citta di Genova nella
Liguria. I Greci mischiarono la favola tebana colla favola meonia; lutti quei fi-
gli di due madri vennero confusi insieme: Pelope il greco , padre dell'una, fu
il figlio di Tantalo méonìo; padre dell'altra. In siffatta confusione di favole evi-
dentemente geografiche non avvi che la geografia la quale possa esservi di gui-
da; e dove io non mi sia ingannato nelle spiegazioni che ho date , e nei principii
che ho posti, questa chiave servirà a spiegare una buona parte delle greche favole.

Non è concorde, dice Winckelmann, intorno all'autore della famosa Niobe,
e delle figure che l'accompagnano presentemente riunite in una sala della galleria
di Firenze, altre volte nel giardino Medici a Roma. Alcuni l'attribuiscono a Sco-
pa, altri a Prassitele; un epigramma greco la crede di quest'ultimo statuario. Se la
Niobe che si è conservata è quella stessa di cui parla Plinio, sembra che la pro-
babilità penda a favore di Scopa , il quale ha vissuto moltissimo tempo prima di
Prassi tele. Ciò che avvi di certo si è, che la semplicità del panneggiamento della fi-
glia di Niobe, è un'induzione a favore d'un tempo anteriore. Ma ove si bramasse
suppone che quest' opera sia una copia della statua di Scopa , attesoché Roma ci
offre la ripetizione di molte figure dei figliuoli di Niobe, si avrà avuto cura di
esattamente imitare Io stile dell' originale ; e in quel caso, la mia opinione può
essere ammessa quanto nel primo. Sappiamo d' altronde che anticamente vedeasi
in Roma una statua di Niobe del'a stessa grandezza, e probabilmente nell' at-
titudine medesima, come l'apprendiamo dal gesso di una testa , il marmo della
quale si è presentemente perduto. Quella testa porta il carattere di uno stile po-
steriore , applicabile ai tempi di Prassitele. Le ossa dell'occhio ed i sopraccigli che
nella Niobe di marmo sono eseguiti con uno sporto tagliente, nell' ultima testa
vi sono con una sensibile rotondezza, come in quella del Meleagro di Belvede-
re , strattagemma che dà maggior grazia, e del quale eia inventore Prassitele. I
capelli sono essi pure d'un'esecuzione più accurata, di modochò potrebbe essere
che questa testa di Niobe fosse il frammento d'un lavoro di Prassitele, del quale
parlasi nel greco epigramma. Questo gruppo dovrebb' essere composto indipenden-
temente di Niobe e d'Anfione, sposo di lei, di sette figli e di sette figliuole; ma
da ambo i lati egli è mancante di figure. Evvi grande apparenza, clic le due fa-
 
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